Autore: Maurizio Vezzosi – 06/08/2024
E’ notizia di questi giorni quella relativa alla nomina di un ambasciatore a Damasco da parte del governo italiano dopo ben 12 anni di vuoto diplomatico. La nomina è stata preceduta da un comunicato firmato congiuntamente dal governo italiano e da quello di sei paesi membri dell’Unione Europea – quali Austria, Slovenia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Cipro e Grecia – in cui sostanzialmente si riconosce il fallimento della politica anti-Assad durata oltre un decennio.
Che questa nomina possa aprire la strada ad un’effettiva normalizzazione dei rapporti tra Roma e Damasco si può soltanto auspicarlo: oltre ad essere necessario in sé, un rapporto costruttivo con la Siria diventerebbe cruciale nel caso in cui le tensioni tra Beirut e Tel Aviv precipitassero in una nuova guerra aperta. Un rapporto necessario, quello tra Roma e Damasco, a prescindere dalle responsabilità e dagli errori di Bashar al Assad, trasformato – con innumerevoli e costanti omissis sulla situazione complessiva – nel capro espiatorio di tutta la crisi siriana. Nel quadro dell’attuale miglioramento delle difficili relazioni turco-siriane si potrebbe tra l’altro inserire un’iniziativa italiana di mediazione tra i due paesi volta ad individuare tutte quelle garanzie necessarie per Ankara, per Damasco e per la popolazione curda delle regioni di confine.
Se la distruzione di Gaza e l’annientamento della sua popolazione da parte del governo israeliano non hanno avuto alcuna conseguenza rilevante né sul piano diplomatico né su quello sanzionatorio, è opportuno ricordare la Siria sia soggetta a sanzioni da oltre dodici anni. La fine delle sanzioni di cui tutti i siriani hanno fatto le spese per oltre un decennio – anche durante la pandemia ed il terremoto del 2023 – dev’essere una priorità per il governo italiano: questo presupposto è indispensabile per creare le condizioni di un miglioramento complessivo della vita quotidiana dei siriani e permettere all’Italia di rilanciare quei rapporti culturali, economici e politici che fino al 2011 facevano di Roma un riferimento insostituibile per Damasco.
Maurizio Vezzosi, analista e reporter freelance. Collabora con RSI Televisione Svizzera, LA7, Rete4, L’Espresso, Limes, l’Atlante geopolitico di Treccani, il centro studi Quadrante Futuro, La Fionda ed altre testate. Ha raccontato il conflitto ucraino dai territori insorti contro il governo di Kiev documentando la situazione sulla linea del fronte. Nel 2016 ha documentato le ripercussioni della crisi siriana sui fragili equilibri del Libano. Si occupa della radicalizzazione islamica nello spazio postsovietico, in particolare nel Caucaso settentrionale, in Uzbekistan e in Kirghizistan. Nel quadro della transizione politica che interessa la Bielorussia, nel 2021 ha seguito da Minsk i lavori dell’Assemblea Nazionale. Tra la primavera e l’estate del 2021 ha documentato il contesto armeno post-bellico, seguendo da Erevan gli sviluppi pre e post elettorali. Nel 2022, dopo aver seguito dalla Bielorussia il referendum costituzionale, le trattative russo-ucraine, e sul campo l’assedio di Mariupol, ha proseguito documentare la nuova fase del conflitto ucraino. Nel 2023 ha continuato a documentare la situazione nelle aree di Lugansk, Donetsk, Zaporozhe e Kherson sotto controllo russo. Durante l’estate si è recato in Georgia approfondendo la situazione sociale e politica della repubblica caucasica. A settembre ha partecipato al’AJB DOC Film Festival (Al Jazeera Balkans) di Sarajevo e al festival Visioni dal Mondo di Milano con il documentario “Primavera a Mariupol” (Spring in Mariupol). È assegnista di ricerca presso l’Istituto di studi politici “S. Pio V”.