Autore: Giuseppe Romeo – 22/10/2020
In tempi non molti lontani, quando Graham Allison nel suo Destined for War pubblicato nel 2017 formulò la sua teoria della Tucidide’s Trap forse vi erano ancora termini per considerare velleitaria la possibilità di un confronto tra Stati Uniti e Cina se non altro per le grandezze in gioco e per la possibilità che ognuna delle due potenze, al netto delle posizioni di Putin nel caso, potesse prevalere nella conferma della propria leadership globale. Che si tratti oggi della paura di “Sparta” per la corsa egemonica di “Atene” o di quella degli Stati Uniti sulla quale poggia il peso della possibile rielezione di Trump o la deriva verso un’incognita antiglobalista con interferenze neo-neocon, o post-globalista di Biden, di certo vi è che la Cina tenta il salto in avanti favorita da condizioni geopolitiche e geoeconomiche che l’Occidente in senso lato, ovvero l’Europa sommata alla prospettiva atlantica con una coda verso la Russia, gli hanno offerto negli anni. Non è certo semplice ancorare i destini del mondo alle sorti del Dragone. Tuttavia, in una versione ideale, credere che la Cina, già Impero celeste e poi luogo di sperimentazione di una società comunista alternativa all’internazionalismo sovietico con un proletariato prevalentemente contadino, rimanesse nel suo isolamento post-maoista sarebbe stata, come lo è stata, un’improvvida superficialità nella quale tutti gli analisti più accreditati sono caduti negli ultimi anni.
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