Autore: Giuseppe Romeo – 19/06/2023
Dimenticando Clausewitz
Il conflitto russo-ucraino. Una guerra senza vincitori
Raymond Aron, sociologo e politologo francese e attento contemporaneo della Guerra Fredda, scrisse che la politica internazionale si distingue da tutte le altre attività sociali perché si svolge “all’ombra della guerra”. In questo senso, qualunque possibilità di analizzare e comprendere un conflitto nelle sue diverse forme rappresenta quasi un vincolo per qualunque tentativo di comprensione che si pone come obiettivo di spiegare la rottura di un equilibrio geopolitico allorquando le regole e, soprattutto, gli interessi che ne hanno garantito la stabilità vengono meno. La verità paradigmatica che deriva da tale assunto, e che si può quasi desumere da una riflessione teleologica sulla storia dell’unanimità, come suggeriva in questi giorni un caro amico di lunga esperienza militare, è che il genere umano ha la pretesa di voler controllare gli eventi senza considerare, purtroppo, che le variabili e le combinazioni sono talmente tante che quasi sempre il gioco non riesce così come previsto, meglio, prefigurato. Una considerazione, questa, chiara a Clausewitz che avvertiva, nel paradigma della complessità e imprevedibilità che caratterizza la guerra come fenomeno oltre che politico, umano, che i piani militari che non prevedono l’imprevisto sono destinati al disastro. Infatti, purtroppo, è proprio la sicurezza di vincere, di poter avere ragione del prossimo per argomenti e risorse che muove gli uomini convinti di riuscire a piegare la storia alle proprie ambizioni e che rende le conseguenze terribili superando ogni immaginazione. D’altra parte, sempre il generale prussiano non finiva di sottolineare quanto lo stesso fine politico della guerra può produrre effetti totalmente diversi su popoli diversi e, anche, sullo stesso popolo, in epoche diverse.
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