Autore: Taras Kozub – 12/07/2021
È probabile che sulla mappa religiosa dell’Ucraina possano comparire nuovi “punti caldi”. Solo che ora la linea di conflitto non correrà tra la “Chiesa Ortodossa dell’Ucraina”[1] coi nazionalisti radicali da una parte, e la “Chiesa Ortodossa Ucraina” (Patriarcato di Mosca ndr.)[2] dall’altra, ma tra la “Chiesa Cattolica Romana” (in Ucraina ndr.) e quei movimenti nazionalisti, che tra le righe potrebbero essere letti come “Chiesa Greco-Cattolica Ucraina”[3].
Questa è “una Chiesa polacca”
Secondo “Vesti”, i leaders delle cellule di Lviv di “Settore Destro” (trasl. Pravyj Sektor)[4], Taras Bobanich, e del “Corpo Nazionale” (trasl. Natsional’nyj Korpus), Stepan Vinyar, di recente hanno avuto contatti con il metropolita di Lviv di rito latino Mechislav Mokshitsky. De-facto, entrambi gli hanno posto un ultimatum con la richiesta di svolgere un lavoro di propaganda tra i parrocchiani cattolici, mediante il clero dell’arcidiocesi di Lviv a lui subordinato. L’obiettivo è creare un’immagine negativa della Chiesa Ortodossa Ucraina (Patriarcato di Mosca ndr.) nella regione. In caso di rifiuto, entrambi avrebbero minacciato Mokshitsky di bloccare le parrocchie cattoliche in tutto il Paese e, secondo la nostra fonte, anche di violenza fisica.
Mechislav Mokshitsky – Metropolita di Lviv
A livello ufficiale, la Chiesa Cattolica Romana non riconosce questo contatto: il segretario stampa dell’arcidiocesi di Lviv, padre Andriy Legovich, ha negato a “Vesti” il fatto stesso di tale conversazione: “Non abbiamo avuto incontri del genere”. Ma il contatto, in realtà, potrebbe aver avuto luogo considerando la ricca storia di rapporti tra la Chiesa Cattolica Romana (in Ucraina ndr.) sia con i nazionalisti radicali locali che con la Chiesa Greco-Cattolica Ucraina, che su questi ultimi ha una grande influenza.
“Mokshitsky ha avuto ripetute situazioni di conflitto sia con i nazionalisti radicali, sia con i rappresentanti della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina. In particolare, nel 2017 c’è stato un vistoso momento in cui la Chiesa Greco-Cattolica Ucraina ha organizzato una protesta contro le politiche di Mokshitsky arrivando persino a bruciare il suo ritratto. Mokshitsky, da parte sua, con regolarità si oppone ai nazionalisti ucraini: richiama al pentimento per il massacro di Volyn[5], sostiene il ritorno dei luoghi sacri cattolici alla Chiesa Cattolica Romana. Come riferito a “Vesti” dallo studioso di questioni religiose Aleksej Smirnov, per Mokshitsky questo conflitto non è né insolito, né qualcosa di nuovo, ma dura da anni”.
Dalle ultime dichiarazioni Mokshytsky, in una conferenza a Lublino dedicata alla situazione della Chiesa Cattolica Romana e dei polacchi in Oriente (intendendo l’Ucraina), ha detto: “… questo nazionalismo, che regna in Ucraina, soprattutto nella Chiesa Greco-Cattolica, aggrava la nostra libertà, poiché si dice sempre che questa è la Chiesa polacca, significa che è necessario limitarla e interferire su di essa”.
Ex membri del KGB
Queste non sono parole vuote: uno dei chierici della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina, Yurij Bojko, il responsabile di tutto il monachesimo nell’arcidiocesi di Lviv della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina, nel 2017 ha fornito una descrizione assolutamente inequivocabile della Chiesa Cattolica Romana e dell’entourage di Mokshitsky: “…conoscendo i retroscena ecclesiastici dell’arcidiocesi Cattolica Romana di Lviv… sono giunto alla conclusione che su di lui (Mokshytskyi aut.) viene esercitata un’enorme influenza dalla sua cerchia più stretta, che a lungo è stata sospettata di tacito appoggio ai sentimenti anti-ucraini e di cooperazione con gli “ex” membri del KGB sovietico”.
Di conseguenza, la situazione conflittuale tra i nazionalisti radicali della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina da un lato, e la Chiesa Cattolica Romana, dall’altro, si fa sempre più netta. Una fonte di “Vesti” negli ambienti religiosi spiega: “Non si può escludere che Mokshitsky sia diventato un bersaglio proprio per il suo desiderio di riprendersi indietro tutte quelle chiese che sono state annesse alla Chiesa Greco-Cattolica Ucraina a causa degli eventi storici”.
“Basta ricordare gli scandali che circondano il trasferimento dei possedimenti del tempio di Sretensky a Lviv dalla Chiesa Cattolica Romana alla Chiesa Greco-Cattolica Ucraina. Per Mokshitsky, in generale, il tema della restituzione dei beni ecclesiastici è, si potrebbe dire, una questione personale e dolorosa”, – dice la fonte.
A titolo di esempio, possiamo citare la dichiarazione del metropolita (Mokshitsky), nel 2019, su “Radio Maria” quando sottolineò che la dirigenza della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina non solo non è riuscita a risolvere il problema della restituzione dei luoghi di culto appartenenti alla Chiesa Cattolica Romana, ma che “sta cercando di giustificarlo come se fosse una decisione delle autorità”. Tuttavia, come sottolineato dallo stesso Mokshitsky, tenendo conto di tutti i momenti, una tale posizione è chiaramente un furto. Mokshitsky, inoltre, ha accusato la Chiesa Greco-Cattolica Ucraina di mancanza di “buona volontà riguardo alla restituzione di quei santuari” che comunque i greco-cattolici nemmeno usano. Considerando la certezza dell’arcivescovo sulla natura discriminatoria dell’atteggiamento della popolazione nei confronti della Chiesa Cattolica Romana, dice, che i locali la vedono esclusivamente come un “progetto polacco”, la situazione è quindi in un vicolo cieco.
Sostenitori di azioni ad “effetto immediato”
Qualche parola sui “parlamentari” – entrambi hanno una ricca biografia.
Sul sito web del “Corpo Nazionale” si evidenzia che il capo della cellula di Lviv, Stepan Vinyar: prese parte agli eventi del 2004 (rivoluzione Arancione ndr.) e del 2014 (rivolta di Maidan a Kiev ndr.), è un “veterano della guerra russo-ucraina” e un volontario. Si apprende inoltre che è un ex deputato del Consiglio regionale locale e che è approdato al “Corpo Nazionale” nel 2015, a capo del Corpo Civico “Azov” in città. Vinyar è l’organizzatore di numerose azioni del “Corpo Nazionale” nella regione: a febbraio ha tenuto un picchetto sul “business Medvedchuk”[6] (la facciata dell’ufficio della rispettiva società di costruzioni è stata ricoperta di volantini e di scritte del tipo “Business sul sangue”), a marzo 2020 ha tenuto una fiaccolata in memoria di Roman Shukhevich[7].
Taras Bobanich è il capo della succursale di “Pravyj Sektor”, avvocato, è persino riuscito a lavorare nella società legale “De Lex”, tuttavia nel novembre 2013 la sua carriera è cambiata radicalmente alla guida del potente blocco di “Pravyj Sektor” nella regione. Bobanich ha combattuto in prima linea nei ranghi del “Corpo ucraino di volontari (trasl. Dobrovol’cheskij ukrainskij korpus) di Pravyj Sektor” (col nome in codice “Hammer”), di seguito ha partecipato al blocco della Crimea. Sui social condivide le azioni di “Pravyj Sektor”: la “marcia” dedicata alla divisione SS “Galiziana”, tenutasi il 28 aprile, “vishkili” (addestramento) di organizzazioni giovanili nazionaliste nella regione di Lviv, ecc. Chiede “di chiudere in cella la marmaglia separatista che si aggira per le città ucraine” ecc..
Entrambi i leaders sono sicuri sostenitori di azioni ad “effetto immediato”, che, persino in teoria, rappresentano una minaccia per le parrocchie cattoliche romane.
La politologa Elena D’yachenko sostiene che davanti a un ricatto del tipo: “La questione è interamente di competenza della Polizia – una violazione della garanzia costituzionale della libertà di coscienza – il rappresentante di una qualsiasi confessione avrebbe dovuto immediatamente depositare una dichiarazione alla Polizia. In caso di nessuna reazione, bisognerebbe suonare l’allarme”.
Versione 1: una manovra diversiva
Considerando la lunga storia di relazioni non tanto calorose tra la Chiesa Cattolica Romana e la Chiesa Greco-Cattolica Ucraina coi nazionalisti di Lviv, la prima versione sulle ragioni dell’aggravamento attuale può essere definita come una “manovra diversiva”. Il nostro interlocutore negli ambienti religiosi ritiene che, poiché la “Chiesa Ortodossa Ucraina” è stata scelta come obiettivo del “lavoro di propaganda”, è importante che i promotori dell’azione confermino l’idea che la Chiesa Cattolica Romana e Mokshitsky personalmente “non vogliano lavorare per gli interessi dell’attuale discorso politico e patriottico”.
Per dirla semplicemente, sarà perciò facile appendergli l’etichetta di “agente di Mosca”. “E contro gli agenti di Mosca, come sapete, tutti i metodi sono buoni e disponibili”, afferma la nostra fonte. “Una cosa è combattere contro Mokshytsky, come contro un polacco e un rappresentante degli interessi della parte polacca della Chiesa Cattolica Romana e altra cosa, di allineamento completamente diverso, attaccarlo come alleato dell’“aggressore” (Russia ndr.). Soprattutto in una regione così specifica come Lviv. In questo caso, se lo scandalo partirà, il suo scopo sarà quello di trasmettere al Vaticano l’idea che l’ulteriore permanenza di Mokshitsky sulla cattedra di Lviv sia inopportuna. “Nella Chiesa Cattolica Romana lui appare già come un ‘corvo bianco’, lotta sempre per le chiese”, – racconta un altro interlocutore a “Vesti” – “Ecco perché è costantemente beccato e coperto di fango – ma non può influenzare a livello globale la politica della Chiesa Cattolica Romana”.
A proposito, è interessante notare che il rapporto tra Chiesa Ortodossa Ucraina e Chiesa Cattolica Romana si sta sviluppando in modo abbastanza amichevole. Sempre l’esperto Aleksej Smirnov ha riferito: “Ci sono persino esempi di cooperazione, in termini di missioni umanitarie nel Donbass. Qui non vedo alcuna linea di scontro aperta”. Ma i messaggi aggressivi contro la Chiesa Ortodossa Ucraina continuano a risuonare proprio dalle labbra degli ex (e attuali) funzionari della sicurezza/radicali. In particolare, Nazarij Kishak, consigliere del sindaco di Ivano-Frankivsk per la sicurezza e l’ordine pubblico, che ha prestato servizio nel battaglione “Aydar” e nel battaglione del Ministero degli Interni ucraino, ha recentemente chiesto una “epurazione dei monasteri pro-Mosca”, postando sui social foto di persone armate e l’hashtag “morte ai nemici!”.
“Qualunque siano le motivazioni del signor Kishak, consideriamo i suoi appelli come una vera minaccia”, – ha reagito all’incidente il capo del Dipartimento legale sinodale della Chiesa Ortodossa Ucraina (del Patriarcato di Mosca), padre Aleksander Bakhov – “Una persona che chiede violenza e incita all’odio religioso non può ricoprire una posizione di tal responsabilità”.
Versione 2: geopolitica
Il secondo aspetto è molto più interessante. Il fatto è che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e Denis Shmygal (primo ministro ucraino ndr.), ancora nel febbraio 2020, hanno invitato il Papa a visitare l’Ucraina. A quanto pare, la risposta ufficiale del Vaticano non è ancora pervenuta: non se ne ha notizia a distanza di oltre un anno. Ciò significa che la decisione là non è stata presa. Un altro punto: in un’intervista al quotidiano italiano “La Repubblica” (datata 27 aprile 21 ndr.)[8] il presidente ucraino ha definito il Vaticano “il luogo ideale” per un dialogo con Vladimir Putin sulla pace. Anche qui è indicativa la reazione del Vaticano: il prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, il cardinale Leonardo Sandri, ha annotato che il suo dipartimento “non sa nulla” di un simile incontro.
“Perché “Bankovaya”[9] zampilla con questa creatività? Mi pare lo facciano in modo tale che tutti si rivolgano alla forma, ma non sull’essenza: “Perché il Vaticano, e non, diciamo, la residenza del Dalai Lama?” – dice a “Vesti” la politologa Elena D’yachenko – “Allo stesso tempo, nessuno si chiede perché queste proposte si formano sui social network e non attraverso i canali diplomatici. A giudicare dal fatto di come il segretario stampa del presidente russo Dmitry Peskov risponde loro, si evince che non c’è comunicazione attraverso i canali diplomatici”.
Qui è molto importante l’imbarazzo del Vaticano e l’assenza di una risposta diretta. “La questione è complessa: la visita del Pontefice nelle attuali condizioni politiche potrebbe minare il suo dialogo strategico con Mosca”, dice una fonte a “Vesti”. “D’altro canto, serve un motivo di rifiuto accettabile. Ed è molto probabile che la situazione creatasi con Mokshitsky possa esse d’aiuto, o addirittura diventare la ragione di una decisione negativa da parte del Vaticano. E anche se così non fosse, tale conflitto, comunque, potrebbe diventare un argomento spinoso nell’ambito dell’interazione tra la Sede Pontificia e Kiev, sulla quale, de-facto, sia la Chiesa Greco-Cattolica Ucraina, che i nazionalisti hanno combinato un bel pasticcio, come pure sullo sfondo della proposta di Zelensky di fare del Vaticano una piattaforma per le trattative con Putin”.
Note
[1] Chiesa Ortodossa dell’Ucraina” (trasl. Pravoslavnaya Tserkov’ Ukrainy), è stata fondata il 15 dicembre 2018 con un “concilio di riunificazione” tra la Chiesa Ortodossa Ucraina – Patriarcato di Kiev e la Chiesa Ortodossa Autocefala Ucraina, con l’autorizzazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, che ha riconosciuto alla nuova Chiesa l’autocefalia.
[2] Chiesa Ortodossa Ucraina (trasl. Ukrainskaya Pravoslavnaya Tserkov’), è una chiesa ortodossa autonoma in Ucraina, sotto la giurisdizione ecclesiastica del Patriarcato di Mosca. È l’unica in Ucraina ad avere il proprio status canonico riconosciuto da tutta la comunione ortodossa orientale.
[3] Chiesa Greco-Cattolica Ucraina (trasl. Ukrainskaya Greko-Кatolicheskaya Tserkov’), è una Chiesa di rito orientale e di lingua liturgica ucraina che mantiene la comunione con la Chiesa di Roma. È conosciuta anche come “Chiesa uniate”.
[4] Pravyj Sektor è un partito politico e organizzazione paramilitare ucraina di estrema destra.
[5] Furono compiuti nella Polonia occupata dai tedeschi, dall’UPA (Ukrainskaya Povstancheskaya Armiya – Esercito Insurrezionale Ucraino)con il sostegno di parti della popolazione ucraina locale contro la minoranza polacca in Volinia, Galizia orientale, parti della Polesia e nella regione di Lublino dal 1943al 1945.
[6] Viktor Medvedchuk, è il leader del partito ucraino “Piattaforma d’opposizione – Per la vita” (trasl. Oppozitsionnaya Platforma – za Zhizn’). In Ucraina, è considerato un alleato del presidente russo Vladimir Putin.
[7] Roman Shukhevich (1907 – 1950) fu un leader politico e militare ucraino, membro dell’OUN (Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini), poi dell’OUN (b), dopo il 1943 capo di quest’ultimo, dal gennaio 1944 fino alla sua morte nel 1950, fu comandante in capo dell’esercito insorto ucraino (OUN- UPA). Collaborò con la Germania nazista nel 1939-1942: prestò servizio nelle unità armate del Terzo Reich, fu vicecomandante nell’unità speciale “Nachtigall” e dal novembre 1941 vicecomandante del 201° battaglione della Schutzmanschaft.
[9] È la via di Kiev dove ha sede l’amministrazione presidenziale dell’Ucraina, per tal ragione spesso il termine sottintende alla presidenza del Paese.
Fonte: https://vesti.ua/politika/ultimatum-radikalov-katolikam-sovrite-ili-poluchite-problemy
Traduzione e note a cura di Eliseo Bertolasi