Autore: Greta Bordin – 28/02/2022
Il convegno “Neutralità e neutralità armata. L’opzione negata/dimenticata” tenutosi il 24 febbraio 2022 a Roma, promosso e al contempo moderato dal Dott. Tiberio Graziani, Chairman di Vision & Global Trends – International Institute of Global Analyses, è stato scenario di una approfondita discussione sul principio di neutralità, sulla sua applicazione in svariati scenari geopolitici – con particolare riflessione sull’attuale crisi Russo-Ucraina – e, in particolar modo, sulla necessità della sua ridefinizione in un’epoca in cui la neutralità trova sempre più difficile applicazione.
La problematicità applicativa del principio di neutralità viene rimarcata sin dalla parte teorico-storico introduttiva, dalla quale emerge l’interessante concetto di neutralità armata – il mantenimento da parte di un paese della capacità bellica per la preservazione o la difesa del proprio status di neutralità – e la sua faticosa coesistenza con l’attività in organizzazioni internazionali di sicurezza collettiva territoriale; membership la quale diventa limitazione in caso di minaccia perpetrata a discapito di uno stato membro a causa dell’obbligo di intervento.
Ulteriore limitazione sorge nella delineazione di una timeline storica che posiziona il punto di origine del principio di neutralità nello spazio transitorio tra la c.d. Res Publica Christiana e lo Jus Publicum Europaeum: un’epoca marcata dall’evoluzione del concetto di guerra come strumento sanzionatorio e di salvaguardia della cristianità senza possibilità di sviluppo di alcuna forma di neutralità, a legittimo mezzo per la risoluzione di contenziosi, circoscritta alle parti in causa, e dove la neutralità trova spazio nel principio della sovranità degli Stati e nella loro volontà di autolimitarsi. La limitazione in questione si ritrova essere l’ormai scomparsa della guerra “duello” sviluppatasi all’indomani della pace di Vestfalia e la sua sostituzione da parte di numerose contemporanee forme di conflitto indotte da crescenti globalizzazione e interdipendenza e le quali hanno posto la nozione di guerra (e Stato) Vestfaliana e conseguentemente di neutralità in profonda crisi. Chiara evidenza di tale affermazione è la c.d. guerra economica e l’utilizzo sempre più frequente di strumenti economici– vedi le sanzioni – come arma di pressione sulle disponibilità economiche di una delle parti coinvolte in un conflitto, portatrice di un’indiretta impossibilità di neutralità da parte di parti terze a causa di rapporti economici e commerciali altamente globalizzati.
Giungendo alla contemporaneità, le aree Euroasiatiche e Medio Orientali diventano ennesima conferma dell’attuale crisi della neutralità come prova del ridimensionamento dell’ordine mondiale e della necessità di una ridefinizione concettuale.
La crisi Russo-Ucraina, la quale verte attorno alla volontà da parte della Federazione Russa di neutralità dello stato ucraino e all’opposizione dell’espansione della NATO in quello che viene comunemente considerato il “ближнее зарубежье” – l’estero vicino –, ha fatto emergere ancora una volta l’opposizione tra Stati Uniti e Federazione Russa. Un’opposizione che vede da un lato una pulsione globalizzatrice occidentale, sostenitrice degli stati di nuova indipendenza dell’estero vicino russo e di un posizionamento antirusso attraverso l’attrattività del c.d. soft power occidentale che spinge i suddetti stati a prendere posizione facendo venir meno l’opzione della neutralità in un contesto di competizione. Dall’altro lato un’aspirante rinnovata potenza globale ma non globalizzatrice, ancorata al sistema Vestfaliano dove la neutralità è ancora possibile e il cui intervento militare in territorio ucraino viene considerato come parte integrante di securitizzazione dello status di potenza regionale, essenziale per il mantenimento della posizione internazionale del paese e fortemente minacciato dalle spinte minimizzatrici occidentali. Un’opposizione che comporta un ineluttabile avvicinamento alla Cina per bilanciamento dei rapporti con gli Stati Uniti, in quanto anch’essa sostenitrice del sistema internazionale Vestfaliano, ma al tempo stesso tentennatrice nel suo posizionamento in merito alla crisi Russo-Ucraina a causa di inevitabili controeffetti che le sanzioni economiche e finanziarie occidentali contro la Federazione Russa comporteranno a terzi. Un’opposizione che ha fatto emergere l’inconsistenza e l’incapacità europea di agire concretamente ed in modo flessibile in situazioni di crisi ed emergenza e dove le sollevate criticità in merito al concetto di neutralità trovano incompatibilità tra teoria e prassi: un’Europa in pressante bisogno di un ripensamento della propria componente geopolitica identitaria europea, intaccata dalla perdita della propria centralità come modello civile internazionale alla fine degli anni 90 e ancora troppo legata ad una visione bipolarista dell’ormai attuale sistema internazionale a tendenza multipolare.
Ed infine i paesi mediorientali, anch’essi oggigiorno in cerca di riposizionamento nel contesto globale e di un maggior adattamento alle tendenze multipolari del sistema internazionale (compresa una possibile neutralità), ma nei quali l’evoluzione storico statale-istituzionale funge da limitante allo sviluppo stesso della neutralità. Un’evoluzione che da un lato vede un’importante componente ingerente occidentale derivante dal colonialismo nella definizione di stato moderno mediorientale – modernizzazione che nell’ambito istituzionale si diffonde nel grande Medio Oriente solamente a partire dalle c.d. Primavere Arabe –; e dall’altro lato un’evoluzione che vede anche la nascita di numerosi regimi autoritari con elementi di secolarismo e nazionalismo costretti, all’indomani dell’inizio del processo di decolonizzazione alla fine della Seconda Guerra Mondiale, allo schieramento bipolare.
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