Autore: Alexander Rahr – 28/o2/2019
La Russia si considera, fin dai tempi di Pietro il Grande, una potenza europea dotata di potere decisionale. L’unità europea sarebbe effettivamente completa, solo se la Russia, il più grande stato europeo, fosse parte integrante dell’Europa.
La Russia è dal punto di vista economico e culturale strettamente collegata all’Europa – e viceversa. In futuro l’Europa dovrà, per conservare la propria stabilità, concepire un comune spazio di sicurezza con – e non contro – la Russia.
Presumibilmente fu proprio il non aver costruito questo spazio comune, il maggior errore dell’Occidente e della Russia dopo la fine della Guerra Fredda. La Germania riunificata fu integrata in Europa, la Russia ne rimase invece fuori.
L’attuale strategia europea della Russia è legittima, in quanto corrisponde ai suoi interessi nazionali; in fondo essa nutre lo stesso desiderio degli Stati dell’Europa centrale ed orientale, compresa la Turchia, di esser parte di una Europa comune.
Il problema consiste in ogni caso nel fatto che una fusione delle parti occidentale e orientale dell’Europa richiederebbe istituzioni completamente nuove, poiché la Russia non può divenire membro dell’Unione Europa e della NATO. Una tale “grande Europa” non sarebbe neanche più una comunità unita dai valori liberali, bensì una comunità di interessi – che si solleverebbe insieme verso le sfide globali.
Le attuali classi dirigenti dell’UE non sono disposte, a causa della Russia, ad indebolire istituzioni come la NATO e la stessa UE e a restringere il discorso intorno ai propri valori.
Anche gli USA hanno il diritto ad una propria strategia europea. Essi hanno in fin dei conti contribuito al benessere e alla libertà dell’Europa nel corso della Seconda Guerra Mondiale così come della Guerra Fredda. Gli USA vogliono che l’Europa rimanga integrata in una più grande istituzione, la comunità transatlantica, in cui gli USA stessi possiedono, in qualità di potenza maggiore, potere decisionale.
L’ingresso in Europa di un Paese così grande come la Russia andrebbe a disintegrare la comunità transatlantica, formando un’Europa continentale in cui l’influsso americano sarebbe destinato a ridursi notevolmente.
Si spiega in tal modo perché gli USA si oppongano all’idea, annualmente riproposta da Germania e Francia, di una Europa comune che comprenda anche la Russia. Se a causa di questo confronto potrebbe scatenarsi una guerra in Europa? Le guerre in Georgia (2008) e Ucraina (dal 2014) possono a ragione venir considerate come preannunci di questo sviluppo fatale.
La Russia vorrebbe trattare con l’Europa e gettare le basi per una futura cooperazione in materia di sicurezza. Le attuali élite europee, così come quelle americane, vogliono invece mantenere la Russia a distanza.
La Germania ha unilateralmente disdetto il partenariato russo-tedesco in materia di modernizzazione, poiché la Russia avrebbe abbandonato il sentiero della democrazia.
Dalla fine della Guerra Fredda l’Occidente si è immischiato negli affari degli Stati dell’Europa orientale, prodigandosi nella diffusione, attraverso conferenze, attività di istituzioni e fondazioni, conferimento di borse di studio ai rappresentanti delle èlite, della sua Weltanschaaung liberale.
Ora assistiamo ad una politica simile da parte della Russia: essa vuole esportare in Occidente le sue concezioni, diffondendo nelle nostre società un differente mondo di valori. L’Occidente schiuma di rabbia, la chiama propaganda e minaccia sanzioni.
Io la vedo con spirito sportivo. La Russia non viene con intenzioni ostili. Quel di cui abbiamo bisogno è un dialogo più sincero sullo spirito del tempo (Zeitgeist) dell’Europa, sui valori postmoderni e cristiani, e sui fini comuni.
Esulandoci dal tentativo di comprenderci in modo civile, verremo sempre più trascinati in una spirale conflittuale. E così dobbiamo ancora dar ragione al defunto Hans-Dietrich Genscher, quando disse che purtroppo gli uomini hanno sempre bisogno di prodursi delle immagini di propri nemici.
Tra alcuni anni gli storici arriveranno alle prime conclusioni riguardanti l’era Trump. Dal canto mio presumo che allora riconosceremo che il conflitto russo-americano non era nient’altro che una gigantesca trovata pubblicitaria, una grandiosa farsa.
La NSA ha spiato per anni alleati americani. L’agente della CIA Edward Snowden, il quale scoprì il fatto, ricevette asilo in Russia. Gli USA furono messi alla berlina, ma rigirarono abilmente la frittata. Oggi le intercettazioni americane sono dimenticate, mentre tutto il mondo parla degli attacchi di hacker russi. Wikileaks e il suo fondatore Julian Assange sono stati fatti passare come agenti di Mosca. Quel che è peggio per il potente establishment a stelle e strisce è il fatto che il popolo americano – il più libero della Terra – ha scelto l’uomo sbagliato come presidente, coprendo di ridicolo la favorita dell’establishment stesso, Hillary Clinton.
Molto di ciò che accade oggi negli Stati Uniti contro la Russia, in modo particolare le nuove sanzioni contro il settore energetico russo, punta ad una politica della “America First”. Gli USA desiderano essi stessi diventare l’impero dell’energia, a scapito della Russia. Per questo motivo il gas naturale russo deve venir rimosso dall’Europa, e sostituito con gas da argille americano.
Molte teste in Europa cominciano a pensare ad una nuova politica orientale. Io rinvio al concetto dello “spazio comune da Lisbona a Vladivostok”, in cui si parla di un cammino di normalizzazione delle relazioni con la Russia: definizione del non allineamento ucraino o neutralità, disarmo, in prima istanza nel campo del cyberspace, concezioni di una Europa allargata – un partenariato strategica tra NATO e i patti di difesa collettiva dei Paesi europei. La Russia, per esempio, potrebbe venir compresa nella nuova strategia in materia di sicurezza dell’UE per la comune lotta al terrorismo (PESCO). Questi sono obiettivi a lungo termine.
A breve termine deve venir finalmente realizzato il processo di Minsk nell’Ucraina orientale. Cos’è a tal scopo necessario? Lo stazionamento di una truppa di pace dell’ONU, prima alla linea di confine tra separatisti ed esercito ucraino, e poi – successivamente all’esaudimento dell’autonomia al Donbass per mezzo del parlamento ucraino, amnestia, votazioni, ecc. – elmetti blu nell’intero territorio degli insorti. Una volta messo in moto il processo di Minsk, deve seguire l’abbandono delle sanzioni economiche.
A questo punto c’è un problema: le sanzioni americane. Queste hanno con la crisi ucraina poco a che fare, servendo unicamente al nuovo obiettivo degli americani, quello di frenare e danneggiare geopoliticamente il rivale del gas. Qui l’Europa ha il compito di mediare. Ma la stessa Europa si trova divisa, tra Stati che desiderano una normalizzazione dei rapporti con la Russia e Stati che vogliono la Russia per sempre esclusa dall’Europa.
Senza dubbio necessitiamo urgentemente di una politica distensiva. Essa dovrebbe porre le basi per un dialogo con la Russia: sicurezza comune per tutti – per noi, per Mosca e per i piccoli Stati che si trovano in mezzo. L’attuale architettonica europea in materia di sicurezza si trova in un momento di squilibrio.
Certamente nessuno può vietare ai piccoli Stati dell’Europa orientale di scegliersi autonomamente la propria appartenenza. Ciò però non significa che la NATO debba accogliere tra le sue fila Stati, il cui ingresso renderebbe più complicato lo stato della sicurezza. Prendiamo come esempio Israele. L’Occidente, e primi tra tutti gli Stati Uniti, starà sempre dalla parte di Israele, anche militarmente. Ma un ingresso formale nella NATO porterebbe immancabilmente a pesanti sconvolgimenti in Medio Oriente, che non migliorerebbero certo lo stato di sicurezza nello stesso Israele.
Cos’è che distingue il nostro tempo da quello della Guerra Fredda? Usa e URSS possedevano all’incirca la stessa forza, e si rispettavano – nonostante l’ostilità, e trattavano riguardo al disarmo e ad una politica di distensione, anche se digrignando i denti, da pari a pari. La crisi cubana poteva all’ultimo secondo, prima che si fosse giunti allo scontro atomico, venir appianata da una comune trattativa.
Qual è oggi il problema? L’Occidente non prende più sul serio la Russia; essa viene considerata una potenza decaduta, senza una forte economia, senza alleati, senza possibilità di crescita – una potenza regionale in fase calante, che non ha più nulla da dire in materia di politica mondiale. Putin in ogni caso concepisce così la visione che l’Occidente ha della Russia, il che lo indigna e lo conduce ad una contro-politica sempre più aggressiva.
In Guerra Fredda vivevamo in aperta ostilità – ma tuttavia con reciproco rispetto. Qui sta il busillis, qui abbiamo bisogno di un’impostazione che sia categoricamente diversa. L’OSCE potrebbe essere una piattaforma, dove Occidente ed Oriente possono cominciare un costruttivo dialogo, al di fuori della confrontazione dominante. Io peroro naturalmente anche il ritorno della politica del “cambiamento attraverso i negoziati”.
Come primo, necessario passo, io vedo un contratto di cooperazione tra l’Unione Europea e l’Unione economica euroasiatica. Quest’ultima è ormai un fatto, non possiamo più ignorarla. Come secondo passo vedo il concepimento di un comune spazio economico – non da Lisbona a Vladivostok, bensì da Lisbona fino a Shanghai. La strategia cinese della nuova Via della Seta attraverso la Russia e l’Europa è in eguale misura un fatto.
L’impostazione della Merkel, orientata puramente sui valori, in politica estera è fallita, in particolare dopo la presa del potere da parte di Trump. L’UE non può far dipendere le sue partnerschaft con altri Paesi esclusivamente dalla presenza o meno della democrazia nei Paesi in questioni. La buona vecchia politica degli interessi non è stata affatto seppellita dal ventesimo secolo.
Il presidente francese Emmanuel Macron ad alcuni ricorda il giovane De Gaulle. Tuttavia il suo grande progetto di riforma dell’Europa mi sembra essere una costruzione che evoca lo spirito liberale del tempo. L’UE ha bisogno invece di un confronto di interessi strategici con altre grandi potenze: non solo Russia e Turchia, ma anche il Regno Unito post Brexit, gli USA e la Cina.
Solamente un ordine di pace (Friedensordnung) completamente nuovo è in grado di risolvere i problemi di cui abbiamo finora discusso. Tale ordine di pace verrà stabilito sulla base di nuove istituzioni, per esempio di una ONU riformata, di una OSCE rinnovata o di una allargata Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai.
L’UE sarà costretta, per mantenere un significato in questo mondo, a mettere da parte i propri conflitti interni. Che l’ordine mondiale sia destinato, da unipolare a dominio occidentale, a diventare multipolare, non è materia di discussione.
Nessuno metterà in dubbio che il mondo è prossimo a nuovi, estremi rivolgimenti – e forse addirittura ad una nuova guerra. Stiamo per entrare in una nuova epoca della storia umana.
I grandi cambiamenti, cataclismi, sconvolgimenti di cui abbiamo memoria riguardarono sempre l’Europa e l’Occidente. Dall’epoca dell’Ellenismo, dell’Impero Romano e più tardi dell’Illuminismo, la storia mondiale venne determinata dall’Occidente e dall’Europa.
Ma nel ventunesimo secolo tutto ciò è passato. L’Asia ha sorpassato l’Europa. Gli USA e la Gran Bretagna lasciano l’Europa. Da una Europa a dominio anglosassone del ventesimo secolo, si sviluppa una Europa continentale, finora eterogenea. La Cina si espande intanto verso l’Europa.
L’epoca non-europea è cominciata. Così potrebbe apparire l’ordine mondiale di domani: il vecchio Occidente continuerà a sussistere sfuso, non più unito, ma l’UE sussisterà in modo autonomo. Nel nord-est dell’Asia sorgerà una nuova grande Eurasia, con a capo non la Russia, bensì la Cina. Paesi come India, Pakistan, Iran e Turchia non si opporranno alle alleanze. L’Africa e il Medio Oriente vivranno una esplosione demografica, diventando le principali vittime del cambiamento climatico; l’Islamismo vi troverà diffusione.
Noi siamo stati testimoni di così tanti eventi, che apparivano impensabili, totalmente inimmaginabili secondo il modo di pensare logico – cosiddetti “cigni neri”.
Negli Stati Uniti con Trump è stato votato come presidente un personaggio esterno alla classe dirigente. Da allora le elite dominanti tentano di affossarlo. A causa degli scontri politici interni alla superpotenza americana, vacilla l’intera impalcatura mondiale.
L’Europa non si dirige, come era stato pianificato, insieme con gli USA, verso una mega-comunità transatlantica. Trump pone la NATO stessa in questione, e ingaggia guerre commerciali con l’UE. La Gran Bretagna si separa dall’UE, i Paesi ricchi del Nord Europa bisticciano con i Paesi poveri del Sud. L’Europa centro-orientale si orienta nuovamente verso valori nazionali, invece che liberali. La Germania perde il suo ruolo guida.
E la Russia? Purtroppo l’UE e la Russia si separano sempre di più l’una dall’altra invece di unirsi all’interno di un comune spazio europeo da Lisbona a Vladivostok. All’interno delle élite occidentali si discute se l’Europa debba costruire il suo futuro con o senza la Russia.
Dunque gli Stati Uniti rimarranno per un altro secolo la prima potenza mondiale. La Cina diventerà nei prossimi anni la seconda superpotenza, l’India la terza.
La Russia e la Cina fonderanno insieme un nuovo spazio euroasiatico – economico e di sicurezza politica. La Turchia, l’India, l’Asia centrale e l’Iran si uniranno a loro.
La più grande sfida per la comunità mondiale consisterà nell’estremismo islamico – un lungo arco tra “failed states” e organizzazioni terroristiche verrà teso tra il Marocco fino ai confini cinesi. L’Afghanistan è un Paese chiave all’interno di questo ordine mondiale. Se esso crolla, getterà i suoi vicini, come l’Iraq, nel caos.
(traduzione dal tedesco a cura di Thomas Hoehne)
Questo testo è pubblicato nell’ambito del Platform Europe Project
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