Autore: Vision & Global Trends – 28/02/2019
#CasoZarif – WRT – Whatsapp Round Table
V>: A pochi giorni dalle celebrazioni del quarantesimo anniversario della Rivoluzione, il ministro degli Esteri Zarif si è dimesso. Si è aperta davvero una crisi politica tra la presidenza Rouhani e il leader supremo Khamenei?
Vincenzo Maddaloni: “E’ sempre un’impresa ardua in Occidente e tanto più per noi, in Oriente il cercare di capire cosa frulla nella testa di un prete, il quale essendo constantemente in contatto con Dio, si distrae dalle cose del mondo, e quando vi interviene le sue conclusioni paiono sempre in bilico tra la città terrena e la città celeste. E’ quello il momento in cui la distanza tra i laici e gli unti dal Signore si fa voragine. In Iran questi “momenti” si alternano senza soluzione di continuità. Il clero non lotta contro un capitalismo, un “modello americano”, bensì per conservare il potere, per tutelare l’ equilibrio tra le diverse forze sociali. Lo fanno sovente a denti stretti. Il “Rinascimento persiano”, quello dei poeti che cantavano l’amore e il vino,dei palazzi fastosi,dei veli e dei cuscini, quello delle miniature con i volti languidi dei cavalieri che tanto eccitavano Byron e poi Chatwin, è agli antipodi del puritanesimo imposto dagli ayatollah. Che comunque viene tollerato, per qualche verso accettato, nel timore che si formi un’alternativa laica e popolare, che comunque non viene incoraggiata, se non perseguitata anche da quella parte del clero che si dichiara moderata. Penso che Mohammad Javad Zarif sia stato sommerso dai rimbrotti per come ha condotto le trattative, sicuramente gli è stato rimproverato un eccesso di laicismo nelle decisioni, che ha nuociuto all’immagine del paese. Non a caso subito dopo le dimissioni Zarif ha dichiarato che: “ “Il veleno mortale per la politica estera e’ che la politica estera diventi una questione di lotta tra partiti e fazioni”. (Lotta tra religiosi e fedeli impregnati di laicismo suonerebbe meglio). Non a caso l’intervista è apparsa sul quotidiano Jomhouri-e Eslami che ha avviato le sue pubblicazioni il 30 maggio 1979, (Khomeini era arrivato in febbraio in Iran) come quotidiano del Partito della Repubblica Islamica, quando la presenza laica era considerata ancora importante.”.
V>: All’interno delle reali relazioni di potere, la componente politica che si riferisce al Pasdaran emerge rafforzata dalle dimissioni di Zarif?
Vincenzo Maddaloni: “I Pasdaran sono già importanti di per sé, non hanno bisogno delle dimissioni di Zarif per rafforzarsi. Semmai la loro preoccupazione costante è il come rapportarsi col clero che conta, nelle situazioni di crisi. Che sono pressoché quotidiane. Il gioco è sottile. Il maistream occidentale al contrario, alimenta una certa immagine collettiva del mondo mussulmano, quasi sempre grossolana, e perciò distorta, senza dar peso alle sfumature, agli approfondimenti, essenziali per capire gli eventi. Indossa il turbante bianco l’attuale presidente moderato in carica Hassan Rohani, nero, che testimonia la discendenza da Maometto, il leader supremo Khamenei. Di là delle cariche che i due personaggi ricoprano la “sudditanza” dei turbanti bianchi è “coranica”. Infatti, portava il turbante bianco e (ahimé) era pressoché glabro Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, uno dei padri della rivoluzione. Quando lo intervistai, qualche settimana prima dell’arrivo a Teheran di Khomeini, gli posi, poiché poco se ne sapeva, qualche domanda sul look del clero per conoscerne la gerarchia. Ricordo che deglutiva di continuo.”.
V>: Ci saranno cambiamenti radicali nelle relazioni internazionali tra Iran e Stati Uniti? E tra l’Iran e i principali paesi della V e del Medio Oriente?
Vincenzo Maddaloni: “Credo che sia ancora valida la risposta dal ministro degli Esteri dimissionario Zarif. Alla Basler Zeitung, il quotidiano di Basilea, che gli chiedeva notizie sulle contro misure in caso di inasprimento delle sanzioni, il ministro aveva risposto con una battuta dal sapore di minaccia: “Non svelerò i metodi: Trump ama la sorpresa? Provvederemo ad accontentarlo”. L’unico dato univoco è che il polo geopolitico che riuscirà ad allearsi con l’Iran deverrà la superpotenza del futuro. Naturalmente questa prospettiva è legata alla natura dell’attuale potere in Iran detenuto dagli ayatollah che rappresentano le varie anime delle moltitudini sciite, in Iran, in medio Oriente e in Asia. L’errore di Trump e degli israeliani che gli sono al seguito è di sottovalutare questa realtà”.
Vincenzo Maddaloni, Presidente del Centro Sudi Berlin89, giornalista e saggista. Ha pubblicato dicervi libri, tra cui: Memorie del vescovo Lukà, la religiosità nell’Urss, La rivoluzione di Allende, Noi (operai italiani) e Solidarnosc (che vinse il premio Federico Motta Editore), La Polonia, i Polacchi (che si aggiudicò il premio Catullo), L’atomica degli ayatollah. Il ruolo strategico dell’Iran, la crisi con gli USA, tutti i rischi di una nuova guerra preventiva (con lo scrittore iraniano Amir Modini).
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