Autore: Ksenia M. Tabarintseva-Romanova – 31/03/2020
La pandemia scoppiata ha aperto i luoghi “deboli”, “doloranti o irritanti” del moderno sistema di relazioni internazionali. La prova di forza dell’UE (chiusura dei confini nazionali, rifiuto di aiuto, «intercettazione» di mascherine e medicinali) la «reputazione» persa dell’Oriente e dell’Asia, il panico totale, la crisi economica: un insieme di fattori che hanno messo in dubbio l’efficacia della diplomazia umanitaria.
Ricordiamo che inizialmente la diplomazia umanitaria era essenzialmente un aiuto umanitario agli stati durante conflitti, catastrofi di diversa origine, disastri naturali. A poco a poco, la diplomazia umanitaria è diventata uno strumento efficace delle organizzazioni internazionali. Basta ricordare la Croce Rossa e la “diplomazia del vaccino” o gli interventi umanitari sotto gli auspici delle Nazioni Unite. Tuttavia, se si guarda geograficamente, l’«unico» ed efficace uso in cui la diplomazia umanitaria è riuscita a fornire assistenza è stato in luoghi lontano dall’Europa Occidentale e dagli stati Uniti, in “Paesi terzi”, ad esempio in Africa, dove ha lottato con successo e senza vicende politiche contro l’Ebola.
Ma quando il virus è penetrato nel cuore dell’Europa e degli Stati Uniti, insieme al contagio hanno cominciato a diffondersi speculazioni politiche, disinformazione e panico. L’apoteosi di questo tipo di guerra ibrida ad oggi, è stata raggiunta con l’autorevole quotidiano italiano La Stampa, che subito dopo lo sbarco dei virologi militari inviati dalla Federazione russa, per due giorni ha scritto che l’aiuto russo è inutile in una squadra costituita più da militar che da veri medici (più edizioni del 25-26 marzo 2020). La Stampa si è comportata in modo così provocatorio che il nostro ambasciatore in Italia S. Razov ha inviato una lettera aperta alla redazione del giornale. Le opinioni degli esperti sono divise. Una parte dei ricercatori italiani, militari ed esperti di think tank filoamericani critica l’aiuto fornito dal contingente russo in un clima politico proNATO; un’altra parte di esperti indica, invece, che solo la Federazione Russa, la Cina e Cuba sono stati in grado di reagire rapidamente e di fornire assistenza gratuita (questo gruppo di Paesi ha ricevuto il titolo di «Asse rosso», e tutta l’attività è stata denominata come la diplomazia delle «mascherine»).
Anche a livello di politica estera le strutture statali hanno trasmesso appelli contrastanti: avvisi ai cittadini che si trovano al di fuori del paese di tornare a casa e allo stesso tempo avvisi ai turisti, agli studenti stranieri di non tornare a casa e aspettare l’epidemia nel Paese di arrivo. La parte delle missioni diplomatiche e consolari sono state messe in quarantena. Particolarmente preoccupante è il «silenzio ” e la non operatività delle organizzazioni internazionali. La situazione attuale è una chiara testimonianza dell’inefficienza e dell’impotenza della diplomazia umanitaria, che non è più un meccanismo di aiuto, “cura” per le persone, ma è un campo per gli scontri politici, dove l’aiuto non è a tutte le vittime, ma a sostenitori e collaboratori; le persone percepiscono l’aiuto solo da Stati politicamente corretti (che non sono particolarmente affrettati ad aiutare, come dimostra la pratica), mentre quello offerto dai Paesi con un passato o presente comunista viene avvertito come uno stratagemma, con un significato segreto, una macchinazione o leva del “soft power”. Gli aiuti umanitari si sono trasformati pertanto in un meccanismo di manipolazione della coscienza di massa, in uno strumento di guerre ibride e in un oggetto di contrattazione nei negoziati politici.
La definizione di «diplomazia umanitaria», così screditata in questo momento, dovrebbe trasformarsi in un nuovo concetto polimodale, tale da includere tutta l’interazione umanitaria fra i Paesi e le organizzazioni internazionali, dalla cultura e dalla scienza alla tutela dei diritti umani.
Ksenia M. Tabarintseva-Romanova, Dr. di ricerca in Lettere è professore associato presso l’Università federale degli Urali, Ekaterinburg, Federazione russa. Docente di discipline dedicate all’Italia, all’Unione Europea (Storia dell’integrazione, Politica culturale) e alla diplomazia moderna. Ha pubblicato circa 75 articoli su riviste specializzate, 2 manuali di pratica dell’italiano, un dizionario e la guida “Politica e diplomazia culturale dell’Unione Europea”.