Autore: Vision & Global Trends – 26/02/2019
#CasoZarif – WRT – Whatsapp Round Table
V>: Ad appena qualche giorno dai festeggiamenti del quarantennale della Rivoluzione, si è dimesso il ministro degli esteri Zarif. Si è veramente aperta una crisi politica tra la presidenza di Rouhani e la Guida suprema Khamenei?
Alberto Bradanini: Nessuna crisi che il ferreo sistema istituzionale iraniano non possa gestire. Il potere è come sempre nelle mani del Clero politico che si serve del braccio armato dei Guardiani della rivoluzione per mantenere ordine e potere. In Iran sia il Presidente della Repubblica che il Parlamento hanno poteri limitati nella rispettiva sfera esecutiva e legislativa, rispetto alla Guida Suprema e ai vertici dei Pasdaran, che mantengono sempre l’ultima parola. Le dimissioni di Zarif – il quale paga per colpe non sue il fallimento dell’accordo nucleare – paiono il riflesso di un regime in difficoltà che ha bisogno di un capro espiatorio.
Se le responsabilità maggiori di tale fallimento sono da attribuire alla bulimia imperiale del Presidente americano Trump, anche il regime teocratico iraniano ha qualcosa da rimproverarsi. Avrebbe ad esempio potuto aprire qualche spiraglio sul fronte del rispetto dei diritti dei cittadini, i quali continuano ad essere vessati da un’oppressione cupa e vendicativa, ciò che avrebbe indebolito i la posizione dei falchi americani.
V>: Nell’ambito nei reali rapporti di forza, la componente politica che fa riferimento ai Pasdaran esce rafforzata dalle dimissioni di Zarif?
Alberto Bradanini: In verità i Pasdaran e la componente politica che ad essi fa riferimento hanno sempre avuto pieno controllo dell’azione politica del governo e dell’ordine pubblico nel paese. Non hanno bisogno delle dimissioni di Zarif per riprendere in controllo che non hanno mai perso. Semmai queste dimissioni rappresentano un segnale che essi intendono inviare, a torto o a ragione, da una parte a che si illudeva all’interno del paese che l’accordo nucleare avrebbe cambiato il destino del paese e dall’altra agli europei, che fingono di cercare un’alternativa viabile per poter fare affari con l’Iran, mentre nei fatti restano schiavi del potere economico della potenza americana.
V>: Ci saranno cambiamenti radicali nelle relazioni internazionali tra Iran e gli Usa? E tra l’Iran e i principali Paesi del Vicino e Medio Oriente?
Alberto Bradanini: Non reputo che le dimissioni di Zarif possano modificare il quadro delle relazioni tra Iran e Stati Uniti o gli altri paesi della regione. Gli Stati Uniti, grandi sponsor della politica di Israele, sostengono la narrazione dell’Iran come un paese destabilizzante e sostenitore del mai precisato terrorismo internazionale. (I libanesi di Hezbollah sono un partito di governo, presso il quale è persino accreditato l’Ambasciatore americano a Beirut). Una narrazione questa che serve allo Stato Profondo americano (che non cambia al cambiare del presidente) per la costruzione dell’immagine di un nemico che nasconde altri obiettivi: dividere nazioni amiche e nazioni ostili, creare instabilità e conflitti, sostenere l’industria delle armi e il potere del dollaro, far dimenticare la questione palestinese. Gli imperi, insegna la storia, ancor più quando sentono il loro declino, seppur relativo, sono più pericolosi delle dittature nazionali, come ad esempio quella iraniana, che andrebbe certo combattuta, ma con con gli strumenti dell’apertura culturale, del commercio e degli investimenti, mostrando che una sana interazione con la comunità internazionale porta benefici a tutti, e non solo alle grandi potenze.
Alberto Bradanini, diplomatico, è stato ambasciatore nella Repubblica islamica dell’Iran (agosto 2008 -dicembre 2012).
Laureato in Scienze Politiche all’Università La Sapienza di Roma, Alberto Bradanini entra in carriera diplomatica nel 1975. Ha ricoperto diversi incarichi alla Farnesina e all’estero, tra cui Belgio, Venezuela, Norvegia e Nazione Unite (Direttore dell’Unicri, istituto di ricerca sul crimine e la droga, dal 2004 al 2007). Si è occupato di Cina per lunghi anni, trascorrendo in quel paese circa dieci anni in diversi momenti: dal 1991 al 1996 quale Consigliere Commerciale presso la nostra Ambasciata a Pechino, quindi Console Generale d’Italia ad Hong Kong dal 1996 al 1998 e infine Ambasciatore d’Italia a Pechino dal 2013 al 2015. Alla Farnesina ha inoltre svolto l’incarico di Coordinatore del Comitato Governativo Italia-Cina dal 2004 al 2007. Alberto Bradanini – che è stato anche Ambasciatore d’Italia in Iran dall’agosto 2008 al dicembre 2012 – è attualmente Presidente del Centro Studi sulla Cina Contemporanea. La sua ultima pubblicazione è un saggio sulla Cina: Oltre la Grande Muraglia: uno sguardo sulla Cina che non ti aspetti.