Autore: Alice Aiello – 29/03/2024
Lago d’Aral, uno dei più grandi disastri ecologici della storia
Il lago di Aral rappresenta uno dei grandi disastri ambientali prodotto dall’uomo con gravi ripercussioni sul territorio circostante e sulle popolazioni che vi abitano. Aral, infatti, era uno dei quattro laghi più grandi al mondo, al confine tra Uzbekistan e Kazakistan. Il lago aveva origine vulcanica ed acque salate, che si sono prosciugate in circa 50 anni, riducendo la sua superficie di circa il 75%, come documentato dal satellite Terra della Nasa. La maggior parte del lago, dunque, si è prosciugata e, al posto delle acque, oggi restano sabbia, sale e scheletri di navi arenate, che venivano usate per attività di pesca nel lago.
Il prosciugamento del lago d’Aral iniziò durante la guerra fredda, quando l’Unione Sovietica dette inizio ad un progetto che deviava il corso di due fiumi che alimentavano il lago verso terreni aridi da irrigare, in quanto destinati alla coltivazione intensiva di cotone in Uzbekistan.
Il lago con una portata inferiore delle acque e con l’evaporazione delle stesse iniziò a prosciugarsi.
Inoltre, alla diminuzione della portata delle acque all’interno del lago, si è aggiunto un altro disastro ambientale riguardante la contaminazione delle acque stesse. Infatti, per favorire la coltivazione del cotone sono stati usati dei diserbanti sui terreni, che successivamente sono passati nelle acque dell’Aral. Il lago non ha emissari, perciò le sostanze inquinanti sono rimaste sui fondali e con l’evaporazione delle acque si sono unite alle sabbia. A causa di questi eventi, il Lago d’Aral è considerato come uno dei più grandi disastri ecologici della storia.
Il prosciugamento del lago ha avuto forti ripercussioni anche sul clima nella zona circostante. Infatti, si assiste ad un cambiamento climatico dovuto alla mancanza delle acque che non mitigano più le alte temperature rendendo le aree sempre più torride e con forti escursioni termiche.
Oltre a ciò, le frequenti e violente tempeste di sabbia portano le polveri inquinanti, presenti sul fondo del lago, verso terreni distanti anche centinaia di chilometri, rendendo sterili ed inquinate altre zone su cui si depositano.
Il fenomeno ha avuto anche forti ripercussioni sulla popolazione locale, poiché la ricchezza a livello economico portata dal cotone, ha avuto effetti negativi sull’ambiente e sugli abitanti. Sappiamo, infatti, che il cotone è diventato la principale risorsa economica nazionale dell’Uzbekistan, la produzione e l’esportazione sono tra le più alte al mondo tanto da essere considerato come l’oro bianco del Paese.
Purtroppo, però, emergono dati preoccupanti dalle indagini delle organizzazioni umanitarie. Un primo esempio è rappresentato dall’elevato tasso di lavoro minorile impiegato nelle piantagioni di cotone: sono migliaia i bambini che lasciano la scuola all’età di 7 anni per lavorare nelle piantagioni con compensi irrisori. Inoltre, ci sono dati che riguardano l’aumento di malattie, come tubercolosi, cancro alla gola ed epatiti, causate dall’inquinamento dell’aria che colpiscono la popolazione della zona almeno tre volte in più della media del Paese.
Gli ambientalisti sostengono che l’unica soluzione possibile, da adottare in tempi brevi, è l’umidificazione dell’area così da preservare la salute della popolazione e cercare di ridurre le malattie dovute all’inquinamento ambientale.
Alice Aiello – Laurea Triennale in Sviluppo economico, cooperazione internazionalesocio-sanitaria e gestione dei conflitti, conseguita presso l’Università degli Studi di Firenze. Attualmente studentessa magistrale in Investigazione, Criminalità e Sicurezza Internazionale, presso l’Università degli Studi Internazionali di Roma. Tirocinate presso Vision & Global Trends International Institute for Global Analyses, nell’ambito del progetto Società Italiana di Geopolitica.