Autore:Emanuel Pietrobon – 22/12/2019
Il Global Times, il quotidiano-megafono del Partito Comunista Cinese, ha recentemente annunciato che le diplomazie cinese e vaticana stanno lavorando per il pieno recupero dei rapporti bilaterali, per il perfezionamento dell’accordo sulla nomina dei vescovi e, soprattutto, per realizzare un evento senza precedenti: la visita del Papa a Pechino.
La notizia non coglie inaspettato chi, sin dall’inizio del pontificato, segue con attenzione le mosse del duo Bergoglio-Parolin, il cui obiettivo principale è preparare il terreno per la trasmigrazione del cattolicesimo dall’Europa post-cristiana alle “periferie del mondo”, ossia tutti quei paesi del cosiddetto Sud globale in cui la fede ha ancora spazio nella vita pubblica, dove il clero vive intensamente la chiamata divina e non è continuamente protagonista di scandali finanziari o sessuali, e dove, perciò, il Vangelo ha concrete possibilità di espandersi e prosperare.
Il Papa sta dedicando sempre meno attenzione all’Occidente, nella consapevolezza che il “piano per la nuova evangelizzazione” approntato nel dopo-guerra fredda da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI è fallito e che il destino della fu culla della cristianità è inevitabilmente diretto verso un’altra direzione, contraria e ostile a quella perseguita dall’istituzione più antica del mondo ancora esistente.
L’occidentalo-centrismo delle relazioni internazionali è, anch’esso, destinato a scomparire, sebbene gli Stati Uniti stiano tentando attraverso un rinvigorito bellicismo di fermare la transizione verso il multipolarismo. Ed è proprio qui che entra il gioco il Vaticano che, su spinta del Papa, ha fatto una scelta di campo rischiosa e inaspettata: parteggiare per gli “antagonisti” dell’ordine liberale occidentalo-centrico che, poi, non sono neanche espressioni della civiltà cattolica.
La Russia, con la quale il pontefice va’ particolarmente d’accordo e sta collaborando attivamente in numerosi campi, fra cui la protezione dei cristiani perseguitati in Medio oriente, è a trazione ortodossa.
L’Iran, per il quale il pontefice ha fatto intenso lobbismo negli anni dell’era Obama per convincere la Casa Bianca a raggiungere un compromesso, poi formalizzatosi nell’accordo sul nucleare successivamente stracciato dall’amministrazione Trump, è una repubblica teocratica islamica.
La Cina, che è il punto focale dell’intera agenda papale, è una dittatura comunista in cui la libertà religiosa è fortemente limitata.
Eppure, le azioni e le parole del Vescovo di Roma e dei suoi portavoce delineano un quadro chiarissimo: il Vaticano ha scelto di appoggiare la lotta di questi paesi per un mondo multipolare. Il motivo è anche abbastanza comprensibile: il momento unipolare che ha visto Washington trasformarsi nel “poliziotto del mondo” è stato contornato da rivoluzioni colorate, guerre civili pilotate, guerre infinite, cambi di regime violenti, quasi sempre nel nome del profitto.
Un nuovo ordine internazionale, magari incardinato sul partenariato russo-cinese, potrebbe risultare più benefico, non perché non violento, ma perché meno violento. Per capire le ragioni di una tale convinzione si guardi, molto semplicemente, il modus faciendi di Francia e Cina in riferimento alla proiezione e alla protezione dei loro interessi all’estero.
La Françafrique di Parigi è rigidamente tenuta in piedi da operazioni militari, colpi di stato, guerre civili, terrorismi, cambi di regime, ricatti economici (es. il Franco CFA).
La Nuova Via della Seta di Pechino, per quanto funzionale alla realizzazione di un disegno egemonico, è comunque capace e volente di assicurare ritorni economici, sociali e politici ai paesi interessati, e potrebbe essere per l’Asia e l’Africa orientale ciò che il piano Marshall è stato per l’Europa occidentale.
Ogni pontefice è stato storicamente guidato da una doppia visione: una per il presente ed una per il futuro. In questo modo la chiesa cattolica ha potuto sopravvivere nei secoli alle persecuzioni e reinventarsi dopo periodi bui. Nel caso di Papa Francesco, l’apertura ad Oriente di oggi è strumentale per la fioritura della chiesa del domani.