Autori: Edoardo Secchi & Emmanuel Dupuy – 04/5/2023
Quando il Trattato del Quirinale è stato firmato il 26 novembre 2021, alla presenza dei presidenti francese Emmanuel Macron, dell’italiano Sergio Mattarella e dell’allora presidente del Consiglio italiano Mario Draghi, dopo tre anni e nove mesi di attenta gestazione, il rafforzamento del la cooperazione tra Parigi e Roma era, di fatto, solo una prospettiva lontana. Ora, con lo spegnimento del motore franco-tedesco, questa cooperazione Parigi/Roma sta diventando strategica per il futuro dell’Europa.
Edoardo Secchi, Presidente del Gruppo Italia-Francia e fondatore del Club Italia-Francia
Emmanuel Dupuy, presidente dell’Istituto per la prospettiva e la sicurezza in Europa (IPSE)
Mentre la guerra in Ucraina è entrata nel suo tragico e sanguinoso secondo anno, la cooperazione strategica franco-italiana dovrebbe d’ora in poi assumere, de jure, il ruolo decisivo di impegno, perpetuazione, formazione e sviluppo della politica estera e del sistema di sicurezza comune (PESC) a lungo ricercato successivamente dai 27 Stati membri dell’UE.
Questa giusta e coerente ambizione, in particolare nei confronti di molti dei nostri partner europei, che talvolta hanno avuto la tendenza a favorire il “mare aperto” della cooperazione militare euro-atlantica, all’interno di un “pilastro europeo” a discapito dell’autonomia strategica europea, intesa come rafforzamento della cooperazione industriale e dell’interoperabilità militare.
In questo contesto, la saggia e attesa decisione volta a mettere in comune l’acquisto di munizioni tra europei illustra questa nuova realtà strategica, volta a produrre, immagazzinare, equipaggiare – più velocemente e più a lungo – non solo le forze armate francesi e italiane ma anche quelle dei nostri partner, come l’Ucraina oggi. Forse altri paesi in futuro, come la Moldavia e la Georgia.
Ciò è peraltro confermato dall’ambiziosa “Bussola strategica” adottata in occasione del Consiglio europeo del marzo 2022 – il cui scopo iniziale era quello di consolidare la resilienza militare e diplomatica europea fino al 2030.
Mentre gli europei possono essere stati intrappolati dalla loro stessa pusillanimità, prima dell’invasione russa della Georgia nel 2008, in Ucraina già nel 2014 e ancora il 24 febbraio 2022, la nostra sicurezza collettiva dipende, soprattutto, da come ci prepariamo e pianifichiamo – insieme, come alleati ma nel rispetto della nostra sovranità e indipendenza condivise – la nostra “architettura europea di sicurezza e fiducia”, d’ora in poi uniti e determinati ad affrontare l’arroganza di Putin.
Tuttavia, nonostante la notevole unità europea in termini di incrollabile sostegno militare e la promessa di solidarietà e aiuti duraturi a Kiev per la titanica ricostruzione del Paese, è chiaro che l’ambizione comunitaria portata avanti da Emmanuel Macron ha conosciuto un clamoroso rinvio.
Quest’ultima, in vista di un’Europa più sovrana, unita e democratica, è stata espressa in diversi discorsi, tra cui quello della Sorbona nel settembre 2017, o quello pronunciato a Strasburgo il 9 maggio 2022, in occasione del la chiusura della Conferenza sul futuro dell’Europa. L’inquilino dell’Eliseo intende sostenere il patto di “cooperazione strutturata permanente” (PESCO) che unisce 25 dei 27 Stati membri dell’UE, rafforzato nel dicembre 2017 da un ambizioso progetto di “ritiro” volto a creare una Comunità europea forte politica (CEP) dei 44 Paesi che si sono incontrati per la prima volta il 6 ottobre 2022 a Praga, a margine del Vertice UE, sotto la presidenza ceca del Consiglio dell’UE.
Nel quadro delle “sorprese” strategiche, l’inconciliabile indebolimento – per il momento – della coppia franco-tedesca, in particolare sul piano militare, così come l’esponenziale “armamento” della Polonia, testimoniano un ritorno dell’agenda ‘Ostpolitik’, che sembra aver spostato inesorabilmente il centro gravitazionale europeo verso la Mitteleuropa.
È in questo contesto di necessario riequilibrio geopolitico che si richiede una certa “meridionale” e ri-stimolazione latina del progetto europeo. In parole più banali, è il petrolio franco-italiano che potrebbe rimettere in moto l’ingessato motore dell’Europa. La prossima presidenza spagnola del Consiglio europeo dell’Ue, dal prossimo 1° luglio, sarebbe un certo acceleratore.
Quale splendida occasione infatti per riunire e portare a frutto sia il Trattato del Quirinale, che lega Parigi e Roma, sia il Trattato di Barcellona, che lega Parigi e Madrid, fin dalla sua firma il 19 gennaio. Ne risulterebbe un’evidente convergenza diplomatica, militare e culturale, che permetterebbe di richiamare i fondamenti latini sia dell’UE che della NATO, mentre è appunto nell’area del Mediterraneo e in quella, contemporaneamente, del Mar Nero, dove un buona parte del sistema militare euro-atlantico si trova. Con i suoi 3,2 milioni di soldati – di cui 300.000 disponibili nell’ambito del sistema di allerta precoce dell’Alleanza Atlantica – i 9.800 carri armati, 6.100 aerei e 140 navi di superficie e sottomarini a disposizione della Nato nel Mediterraneo.
Mentre alcuni si interrogano, giustamente, sulla realtà della “nuova era”, promessa dal cancelliere tedesco Olaf Scholz, durante il suo discorso sullo Zeitenwende, davanti al Bundestag nel febbraio 2022, è doveroso sottolineare, al contrario, le promesse tedesche non ancora mantenute, il netto rafforzamento e consolidamento dei bilanci della difesa francese (43,9 miliardi di euro nel 2023) e italiano (28,3 miliardi nel 2023) alla luce delle leggi di programmazione militare che saranno discusse e votate al Palazzo di Montecitorio a Roma e al Palais Bourbon di Parigi. In definitiva, l’obiettivo è raggiungere il 2% del PIL dedicato alla Difesa, entro il 2025 per la Francia ed entro il 2028 per l’Italia.
Tuttavia, sia che questa realtà di disaccoppiamento tra Berlino e Parigi sia sovrainterpretata o che si tratti di un temporaneo rallentamento del motore franco-tedesco, questa è una straordinaria opportunità per Parigi e Roma per portare – finalmente – il rapporto bilaterale in sintonia con quanto previsto dal Trattato del Quirinale.
Dall’ascesa al potere del Presidente di Fratelli d’Italia alla Presidenza del Consiglio lo scorso ottobre, l’inquilina di Palazzo Chigi, Georgia Meloni, non ha commesso errori, né in termini di rigore di bilancio su cui il beneficio per Roma di circa 191,5 miliardi di euro registrati sui 750 miliardi di euro del Recovery Plan europeo (Next Generation EU) del 2020; ancor meno sull’impegno instancabile e determinato dell’Italia a favore dell’Ucraina, sia sul piano militare che umanitario e diplomatico.
È, inoltre, la fedeltà di Roma all’impegno a favore dell’Ucraina che rimane l’argomento più forte per avvicinare i nostri impegni convergenti e le aspirazioni comuni per una soluzione del conflitto, che non vada a scapito di Kiev.
Tuttavia, è particolarmente deplorevole su questo punto che Georgia Meloni non abbia potuto esprimersi a fianco del cancelliere tedesco e del presidente francese, quando questi ultimi due hanno accolto a Parigi il presidente ucraino Volodymyr Zelensky lo scorso 8 febbraio.
Occasione persa per posizionare la diplomazia europea in una prospettiva indipendente, come accadde nel giugno 2022, quando i presidenti francese e rumeno, nonché il cancelliere tedesco e il predecessore della signora Meloni, Mario Draghi, incontrarono il presidente ucraino a Kiev. Tanto più che Georgia Meloni, recandosi nella capitale ucraina 13 giorni dopo, ha singolarmente rilanciato il piano di pace proposto dal presidente ucraino lo scorso settembre e che, da allora, il presidente francese Emmanuel Macron desidera proporre in alternativa al piano in 12 punti proposto nel marzo 2023 dalla Cina.
Il governo di Giorgia Meloni vuole andare oltre la fase iniziale dell’incomprensione con la Francia, perché ci sono questioni strategiche importanti in termini di economia, energia e difesa. Ricordiamo, in proposito, la recente visita a Roma del Ministro delle Forze Armate francese Sébastien Lecornu, alla presenza dell’omologo italiano Guido Crosetto, durante la quale i due Ministri hanno confermato la sintonia e il comune impegno a sostenere l’Ucraina e a difendere la NATO fianco orientale, ribadendo ancora una volta che l’obiettivo primario è sempre il raggiungimento di una pace giusta. A tal proposito, i due ministri hanno confermato nel febbraio 2023 l’accordo per l’invio in Ucraina del sistema di difesa aerea Samp/T.
Italia e Francia, inoltre, riconoscono l’importanza vitale del Mediterraneo per la sicurezza e gli interessi comuni. Questa regione, al confine con l’Europa, è interessata dalla maggior parte delle questioni geopolitiche internazionali: l’intensificarsi della competizione strategica, la libertà di navigazione e il rischio di conflitti ad alta intensità potrebbero mettere a repentaglio le rotte commerciali, gli approvvigionamenti energetici e le principali vie di comunicazione.
All’inizio di marzo, a seguito dell’incontro tra il Ministro del Made in Italy Mario D’Urso e il Ministro dell’Economia Bruno Le Maire, Italia e Francia hanno adottato una dichiarazione congiunta in sedici punti per la cooperazione industriale tra i due Paesi sulla base delle disposizioni del trattato del Quirinale.
Il documento vede i due Paesi impegnati nella transizione verde e digitale, nella cooperazione spaziale, nella fornitura di materie prime critiche essenziali. La Francia invita l’Italia a partecipare a un fondo di investimento pubblico-privato, attivato da Parigi con 500 milioni, e destinato a materie prime critiche.
Giorgia Meloni si recherà presto in Francia per incontrare Emmanuel Macron. Questo incontro sarà importante per rilanciare l’intesa tra i due Paesi e soprattutto per andare avanti insieme su questioni strategiche comuni.
(Fonte: Conflicts)