Autore: Eliseo Bertolasi – 03/05/2020
L’Unione Europea aiuterà i paesi del programma di “Partenariato Orientale” a far fronte alla crisi economica causata dalla diffusione del nuovo tipo di coronavirus Covid-19. Secondo la rappresentanza dell’UE in Georgia, per il paese caucasico ci sarà l’assegnazione urgente di un aiuto straordinario per un importo superiore a 20 milioni di euro, con l’aggiunta di successivi 70 milioni di euro idonei al superamento della crisi.
Questo contributo fa parte di un più ampio pacchetto di sostegno al “Partenariato Orientale” annunciato il 30 marzo a Bruxelles, che include 140 milioni di euro in nuovi stanziamenti e fino a 700 milioni di euro di fondi e garanzie reindirizzati per i sei paesi del Partenariato Orientale (Ucraina, Moldavia, Bielorussia, Georgia, Azerbaigian e Armenia).
Ecco le parole di Carl Hartzell, capo della missione UE in Georgia:
“L’Unione Europea sta insieme alla Georgia in questi tempi difficili. Oggi siamo lieti di annunciare un pacchetto speciale di solidarietà dell’UE per aiutare la Georgia ad affrontare e superare le sfide del Coronavirus. Per una risposta immediata, la Georgia avrà accesso a un pool di emergenza regionale di 30 milioni di euro che prevede: attrezzature e dispositivi medici come maschere, camici, ventilatori e kit di laboratorio, oltre che esperienza. Stiamo anche attivando fondi affinché le organizzazioni della società civile in Georgia possano fornire ai gruppi più vulnerabili ulteriori mezzi per affrontare la crisi. E nei prossimi mesi, l’UE mobiliterà oltre 70 milioni di euro per aiutare le imprese georgiane ad ottenere un accesso più facile e conveniente ai crediti e alle sovvenzioni basate sul “Lari” (valuta georgiana ndr.) per potenziare e ricostruire le loro imprese dopo la crisi. Ciò si aggiunge ad altri 20 milioni di euro di sovvenzioni mirate, a livello locale, che prevediamo di lanciare nei prossimi mesi in tutto il paese. Con queste misure speriamo e confidiamo di dare un contributo tangibile al duro lavoro, in corso, del governo e della popolazione georgiana”. (Fonte EEAS )
Va detto, inoltre, che l’UE rappresenta oggi il principale donatore della Georgia, alla quale fornisce assistenza per un importo di oltre 100 milioni di euro all’anno al fine di migliorare in modo significativo la qualità della vita dei suoi cittadini. (Fonte: Euneighbours )
Ma riuscirà l’Unione Europea a monitorare l’impiego di queste sovvenzioni? Carl Hartzell nella sua dichiarazione afferma: “…stiamo attivando fondi affinché le “organizzazioni della società civile” in Georgia possano fornire…”. A quali organizzazioni della cosiddetta “società civile” andranno questi fondi?
Non va dimenticato che la Georgia negli ultimi anni, anche in base alle azioni delle ONG occidentali presenti nel paese, emanazioni della “società civile”, vive un periodo di forti tensioni verso la Russia, che dall’estate scorso si sono ulteriormente inasprite.
Sorge spontanea la domanda: “Cui prodest” questo inasprimento dei rapporti con la Russia? Che ciò sia svantaggioso sia per la Russia, sia per la Georgia, nessuno praticamente ne dubita. Solo degli sbadati, o persone in malafede, non possono non scorgere l’influenza americana dietro le spalle dei manifestanti nelle proteste scoppiate il giugno dell’anno scorso a Tbilisi denominate “Maidan Georgiano”. Sull’interesse americano per il “Maidan Georgiano” se ne è parlato su https://cont.ws/@prikhojanka/1… nell’articolo intitolato: “Georgia: Maidan per un porto”. In sintesi: Michael Carpenter, una delle persone di fiducia dell’ex-vicepresidente americano Joe Biden, in visita a Tbilisi alla vigilia delle rivolte rimproverò senza mezzi termini i georgiani per il fatto di permettere a troppi turisti russi di vagare per il loro paese, definendoli “turisti russi con spalline del FSB”. Oltre a ciò è stato riesaminato il “progetto Lazik”, progetto proposto da Joe Biden a Saakashvili già nel 2009, poi arenatosi, che prevedeva di trasformare la città di Lazik nel nord-ovest del paese, sul Mar Nero, vicino al confine con l’Abkhazia, nel centro d’affari più importante non solo della Georgia, ma dell’intera regione del Mar Nero.
Tuttavia, a parte l’interesse concreto rilevabile, diventa necessaria la presenza sul posto di un meccanismo in grado di realizzarlo.
Come sostenuto dal sito di analisi politica “oko-planeti” (https://oko-planet.su/politik/politiklist/506964-gruzinskie-sorosyata.html), la pratica mostra che tutti i discorsi significativi dei funzionari del Dipartimento di Stato USA o dei principali partiti americani, come pure le provocazioni dei loro sodali, cadono di solito su un terreno già “preparato” e sono accompagnati da una serie di “operazioni di copertura”, o “operazioni d’esecuzione” non pubblicizzate.
Nel caso del “Maidan” di Tbilisi, così pure nella “Rivoluzione delle rose” del 2003, nemmeno si è dovuto fare ricerche accurate: tutte le tracce hanno portato al noto “filantropo” George Soros e alla sua ONG “Open Society” (organizzazione la cui attività è considerata indesiderabile nel territorio della Federazione Russa con decisione della Procura generale del 26/11/2015) che opera apertamente in Georgia dal 1994.
Il 20 giugno 2019 è stato pubblicato un appello sul sito web della filiale georgiana di “Open Society”, sul quale i “sorosiani” accusavano il governo georgiano di “violare la legislazione”, per aver invitato nel paese “deputati russi che non riconoscono l’integrità territoriale della Georgia”.
L’ONG esortava a rispondere alle “azioni antistatali” della Federazione Russa sollecitando le autorità georgiane a rispondere alla “guerra ibrida” della Russia contro Tbilisi. All’esortazione aderirono altre 14 organizzazioni andando a costituire la cosiddetta “Coalizione per la Georgia euro-atlantica”. Nell’appello si affermava:
“Senza dubbio, le forze filo-russe stanno attivamente attaccando e minacciando gli interessi dello stato. L’intera responsabilità dei processi che stanno sconvolgendo il paese spetta al governo. Pertanto, lo sollecitiamo a dare una risposta urgente in adempimento ai suoi doveri costituzionali, così da fermare le azioni anti-statali”.
Di fatto, subito dopo questo appello, ad orologeria, iniziarono le proteste e le rivolte anti-russe, con la pretesa da parte dei manifestanti che la delegazione russa dovesse lasciare la Georgia oltre alle dimissioni dell’allora ministro degli Interni Giorgi Gakharia e del parlamentare Irakli Kobakhidze.
Con la protesta dell’opposizione anti-russa di seguito sfociata in manifestazioni anti-governative, iniziarono i pogrom dove decine di persone vennero ferite, in particolare, furono aggrediti i giornalisti televisivi russi.
Successivamente, come noto, dall’8 luglio le autorità della Federazione Russa decisero d’interrompere i voli con la Georgia.
La dura reazione della Russia, che comportò l’immediata cancellazione delle prenotazioni per i tour in Georgia, suscitò lo stupore della parte georgiana. Gli uomini d’affari strillarono alla perdita economica per la mancanza dei soldi russi: “l’85% dei nostri profitti!”. Si sono sentite anche alcune note concilianti nei discorsi dei rappresentanti ufficiali.
Valutando il tutto, un simile “roll back” delle relazioni russo-georgiane partendo da una spudorata posizione russofobica, probabilmente, nemmeno si adattava ai piani dei curatori d’oltreoceano.
Come rivelato da RT (“Russian Today”) , va notato che l’anno scorso la Fondazione Soros ha stanziato diverse sovvenzioni volte a “promuovere la democrazia” in Georgia.
Secondo i dati forniti sul sito web della stessa Fondazione, circa 350 mila dollari sono stati spesi solo per lavorare con i media. Uno dei progetti, per l’appunto, prevedeva la lotta contro la “disinformazione russa”: “L’obiettivo del progetto è combattere preventivamente la disinformazione anti-occidentale fornendo ai lettori georgiani informazioni sull’attuale situazione politica e sociale in Russia”, si legge nella descrizione del progetto.
Ai giornalisti georgiani è stato anche chiesto di preparare materiali sulle vittime della repressione sovietica: in russo, abkhazo e georgiano, al fine di “promuovere la comprensione del passato sovietico” tra i residenti della regione di Samegrelo-Zemo Svaneti (regione nord-occidentale della Georgia al confine con l’Abkhazia e la Russia).
Inoltre, con i soldi della Open Society, è stato pianificato di “supportare” la pubblicazione online “Netgazeti.ge”, il portale di notizie e la radio “Samkhretis Karibche” e i media regionali, tra cui: “Kakheti Information Center”, “Mtis Ambebi” (Mountain News), “Reginfo”.
Come se tutto ciò non bastasse, in previsione, anche la creazione di una nuova “influente piattaforma online in grado di raggiungere un vasto pubblico”. Beneficiario di questa sovvenzione risultava la compagnia televisiva georgiana “Pirveli”.
Sempre secondo la ricerca di RT, altri 120 mila dollari sono stati stanziati dalla Fondazione di Soros per ulteriori progetti il cui compito, tra le altre cose, era quello di “trasformare la politica statale” nel campo dei diritti sociali, formare un’opinione pubblica sulla necessità di riforme per il decentramento, studiare casi di corruzione e altro ancora.
Circa 100 mila dollari sono stati spesi per sovvenzioni relative alla protezione dei diritti umani, incluso il monitoraggio delle attività dello stato in questo settore.
Come indicato sul sito web della stessa Fondazione, l’organizzazione opera in Georgia dal 1994 e da allora, nel paese, ha investito oltre 100 milioni di dollari.
Secondo Nikolaj Topornin, professore del Dipartimento di Giurisprudenza europea al MGIMO (Università Statale di Mosca per le Relazioni Internazionali) e direttore del Centro d’Informazione Europea, la Fondazione di Soros è uno strumento di politica estera dei circoli radicali statunitensi. A suo avviso, come riferito in una sua intervista rilasciata a RT, l’organizzazione può giocare un ruolo preciso negli eventi che si svolgono in Georgia:
“È noto da tempo che la Fondazione Soros sostiene quei governi e quei regimi che sono in conflitto con la Russia, o sono impegnati in una politica di resistenza. L’organizzazione ha da tempo dimenticato i suoi ideali costruttivi: lo sviluppo dell’istruzione, la trasformazione democratica, ma si è impegnata a stimolare i sentimenti anti-russi”.
Non distante da queste posizioni anche Dmitrij Solonnikov, direttore dell’Istituto per lo Sviluppo Contemporaneo (INSOR). Il politologo ha spiegato come in Georgia, ora, si sia sviluppata una situazione tale da consentire a Soros d’influenzare i processi interni del paese:
“Soros combatte contemporaneamente contro l’attuale corso della Casa Bianca e organizza movimenti a lui fedeli in tutto il mondo. Se in Ungheria è “persona non grata”, allora in Georgia è un politico da “stretta di mano”, rappresentante degli Stati Uniti. Quando un giocatore del genere investe in progetti in Georgia, può contemporaneamente esercitare pressioni sul governo, organizzare agenti d’influenza e spronare azioni di strada”.
Il filantropo americano è stato più volte accusato di essere coinvolto in rivoluzioni in diversi paesi del mondo. Nel 2015, l’allora presidente dell’Ucraina Petro Poroshenko affermò che le attività di Soros “hanno contribuito enormemente ai cambiamenti democratici che stanno avvenendo in Ucraina”.
Guarda caso anche l’Ucraina, a sua volta, è paese membro del “Partenariato Orientale”.
Alla luce di quanto esposto, Bruxelles dovrebbe chiarire ai cittadini europei il motivo di questa politica di due pesi e due misure: se da una parte l’UE è così restia e avara nel concedere aiuti ad uno dei paesi fondatori della stessa Unione Europea, l’Italia, alla quale davanti all’emergenza coronavirus e alla grande crisi economica che ne seguirà prospetta un regime “lacrime e sangue” di “austerity”, dall’altra è molto più benevola verso i paesi del “Partenariato Orientale”.
Fonti:
https://eeas.europa.eu/delegations/georgia_en
https://www.euneighbours.eu/en
https://cont.ws/
https://oko-planet.su/
https://russian.rt.com/news
Traduzione dei testi di Eliseo Bertolasi
Articolo pubblicato presso il sito Controinformazione.info, qui riprodotto per gentile concessione dell’autore.
Eliseo Bertolasi, analista senior – Vision & Global Trends. International Institute for Global Analyses