Autore: Alberto Cossu – 01/06/2019
Dopo la vittoria riportata alle elezioni generali che gli ha garantito una maggioranza più ampia di quella di cui godeva nella precedente legislatura, Narendra Modi ha varato il nuovo governo. Dipinto da molti come un divisore del paese per le sue posizioni nazionaliste, è riuscito, invece, in un impresa di cui pochi altri possono vantarsi. Ha, infatti, ottenuto una maggioranza forte e ampia (oltre 60% dei seggi) che gli consentirà di governare in modo stabile e senza grandi preoccupazioni politiche. Alla luce del risultato elettorale Modi appare come un leader capace di tenere unita l’India, di assicurare una strategia economica di sviluppo e stabilità di governo. La speranza degli indiani è che, con il consenso ottenuto, possa veramente realizzare quello che aveva promesso nel suo primo mandato cioè la creazione di posti di lavoro in grado di dare vitalità ad un paese che ancora, nonostante i successi economici, ha un reddito pro capite molto basso.
La politica di Modi è improntata ad un “nazionalismo moderato”, che fa perno sulla speciale identità dell’India, paese multi-etnico e multi-culturale, in cui le diverse componenti della società, comprese le minoranze, possono disporre, comunque, di garanzie democratiche e accedere alla vita politica in base al peso di cui dispongono. In questo contesto le minoranze religiose, in particolare quella musulmana, lamentano di non essere sufficientemente rappresentate e di essere discriminate. Frequenti sono i casi di tensioni e scontri. L’India è, però, un paese dalle ormai consolidate tradizioni democratiche. Modi sa che l’idea di uno stato di matrice etnica marcatamente hindu, tale da abbandonare l’ attuale configurazione secolare, incontrerebbe difficoltà ad affermarsi anche nella vasta popolazione Hindù che in larga parte non si identifica con posizioni integraliste. Perciò utilizza lo strumento nazionalistico con cautela e prevalentemente come leva contro il Pakistan. Bisogna dire che l’uso di argomentazioni nazionalistiche si è dimostrato piuttosto efficace nelle elezioni appena concluse. Infatti la leva nazionalistica ha contribuito in modo rilevante alla vittoria di Modi.
Sebbene l’aspetto nazionalistico giochi un ruolo rilevante, l’azione politica di Modi si caratterizza per la forte attenzione alle tematiche dello sviluppo economico, che nella precedente legislatura si sono concretizzate nel programma Make in India. Modi ha, durante il quinquennio di governo appena concluso, dato all’India una forte propensione internazionale dialogando con l’area del Oceano indiano occidentale (paesi del Golfo e Iran), in modo particolare con gli Emirati Arabi, con i quali si è stabilita una partnership strategica in molti settori. Modi ha cercato e voluto un dialogo con la Cina che si è concretizzato nell’incontro di Whuan nel 2018 che ha costituito una pietra miliare nei rapporti tra i due grandi attori asiatici. Si è, infatti, iniziato un dialogo in cui i due paesi, oltre che affrontare tematiche di carattere bilaterale, hanno considerato anche quelle di dimensione continentale. Il caso emblematico è quello dell’Afghanistan per il quale India e Cina si sono almeno verbalmente impegnate a trovare soluzioni di cui farsi reciprocamente carico. Un primo passo verso una nuova consapevolezza continentale di cui parla anche Parag Khanna nel suo ultimo libro sull’Asia. Nello stesso tempo Modi ha rinnovato i rapporti con la Russia che rimane sempre un partner strategico nel settore militare ed energetico. E’ riuscito a mantenere saldo il rapporto con gli USA nell’ambito della strategia Indo Pacifico che unisce l’India a Giappone e Australia in funzione di contenimento della Cina. Le relazioni con la superpotenza americana hanno vissuto e vivono ancora ora momenti di tensione per via delle richieste statunitensi rivolte all’India di sospendere gli acquisti di greggio dall’Iran che risultano particolarmente gravose e costose per il paese. Richieste a cui l’India si è adeguata a maggio annunciandone l’interruzione. In questa proiezione internazionale, sin dall’inizio del mandato Modi ha curato i rapporti con i paesi dell’area SAARC che costituiscono un asse portante della politica estera indiana dell’area rafforzandoli soprattutto in funzione della sicurezza nazionale e del mantenimento della leadership nell’Oceano indiano. I rapporti con il Pakistan, invece, non hanno registrato significativi passi avanti. Piuttosto rimangono fonte di grande tensione a livello nazionale e internazionale. Nel Kashmir si verificano frequenti scontri armati e attentati che hanno dato luogo recentemente da parte indiana a ritorsioni che hanno portato all’utilizzo dell’aviazione militare.
In un quadro internazionale caratterizzato da crescenti tensioni geopolitiche tra cui quelle tra Cina e Usa e la complicata situazione dell’Iran, l’India ha la possibilità di giocare un ruolo rilevante nel contesto regionale dell’Indo Pacifico.
Il presupposto per far ciò è, però, il rilancio dell’economia e l’attuazione delle riforme che il precedente governo Modi ha stentato a realizzare producendo risultati non pari alle attese. Il piano delle cose che il governo entrante deve fare è contenuto nella Strategia per la Nuova India 75@ predisposto dal NITI Aayog (National Institute for Transforming India) che Narendra Modi ha voluto fortemente. Il NITI, di cui Modi è il presidente, è uno dei principali centri di elaborazione delle politiche pubbliche e nuove idee innovative della Federazione indiana.
Il compito di Modi sarà di dare una forte prospettiva di sviluppo e di accelerare i tassi di crescita per cercare di colmare il gap che separa l’India dal principale concorrente asiatico, la Cina. L’obiettivo è di raggiungere entro il 75° anno dell’indipendenza traguardi ambiziosi: creare un economia da 4 mila miliardi di dollari, raddoppiare il reddito procapite e spingere la crescita ad un tasso annuo del 9-10%. Questi obiettivi sembrano quanto mai ottimistici, anche se nelle potenzialità dell’India. Va considerato, poi, il fatto che nel primo trimestre di questo anno l’economia indiana ha vistosamente rallentato attestandosi su un tasso di crescita del 5,8% ben lontano dalle previsioni già al ribasso del 6,5%. Inoltre le prospettive dell’economia mondiale a causa dello scontro tra Cina e Usa fanno ipotizzare un periodo di crescita bassa e rendono gli ambiziosi obiettivi del NITI un traguardo che richiede molto impegno per essere raggiunto.
Il nuovo governo cercherà di creare condizioni più favorevoli per gli investimenti e la creazione di nuovi posti di lavoro che nella legislatura appena conclusa non è stato possibile realizzare almeno nella misura promessa da Modi di 10 milioni all’anno. In particolare il governo si concentrerà sulla razionalizzazione del patrimonio immobiliare e le imprese pubbliche della Federazione indiana, da un lato dismettendo asset improduttivi e dall’altro razionalizzando la gestione. Verrà creato un articolato pacchetto di proposte di aree per la localizzazione di insediamenti industriali per attrarre e far insediare player internazionali in grado di assicurare occupazione di larghe fasce della popolazione. Questa misura si presenta di rilevanza strategica in quanto, qualora venisse approvata, l’India sarà ancora più competitiva nell’attrarre le ormai numerose aziende internazionali che intendo localizzare gli impianti produttivi fuori dalla Cina a causa dell’elevato costo della manodopera e dei dazi imposti dalla amministrazione USA. L’altra grande scommessa è quella di aumentare il livello di reddito delle aree rurali attraverso il miglioramento dell’agricoltura cercando di strappare dalla povertà vaste fasce della popolazione che ancora oggi rimane il problema irrisolto dell’India.
Insomma il nuovo governo Modi avrà il compito di costruire una prospettiva economica solida per l’India in modo da garantire al paese uno standing internazionale adeguato alla 5° o 4° potenza economica mondiale che dovrà diventare. Modi ha la forza politica che gli deriva da un consenso vasto che proviene da tutti i settori del paese e anche un numero di seggi sufficiente a sostenere le nuove politiche che vengono annunciate come un nuovo Big Bang per l’economia e la politica indiana.
Alberto Cossu, analista senior, Vision & Global Trends. International Institute for Global Analyses