Autore: Emanuel Pietrobon – 14/05/2019
È iniziato oggi a Bishkek, capitale del Kirghizistan, il 19esimo summit dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (OSC), la più importante piattaforma di dialogo transnazionale per i grandi attori eurasiatici.
Il più grande successo diplomatico di Vladimir Putin e Xi Jinping è stato indubbiamente l’allargamento dell’OSC ai due membri più problematici dell’Asia meridionale, ossia India e Pakistan, che sono al tempo stesso significative economie emergenti, siti in posizioni geostrategiche per le relazioni internazionali e due potenze nucleari. Un tale allargamento ha infatti consentito la trasformazione dell’OSC da un’organizzazione-specchio russo-cinese ad una reale tavola di dialogo pan-asiatica capace di impattare sui principali eventi del continente.
Il fatto che sia Cina che Russia abbiano lavorato arduamente per evitare un conflitto aperto e generalizzato tra India e Pakistan tra febbraio e marzo, in occasione di una nuova escalation nella zona contesa del Kashmir, spiega quanto essi siano importanti per i sogni eurasiatici dell’asse Mosca-Pechino.
Ma non sarà l’eterno conflitto indo-pakistan a monopolizzare i lavori del nuovo summit, perché altri paesi importanti come Iran e Afghanistan, con status di osservatori, sono ormai ospiti fissi degli incontri dell’organizzazione.
Alcuni analisti contestano l’importanza dell’organizzazione, sino ad oggi rivelatasi incapace di creare un senso di identità e di obiettivi comuni tra i paesi membri, come palesato dal conflitto India e Pakistan, ma è altrettanto giusto sottolineare che neanche in ambito NATO esiste una reale coesione tra i membri, e i frequenti screzi tra turchi e greci per l’egemonia sull’Egeo e su Cipro ne sono la prova lapalissiana.
La SCO, inoltre, si è originata recentemente (nel 2001), e deve scontare un peso maggiore rispetto all’Alleanza Atlantica: agisce su un’area molto più vasta, coinvolgendo attori eterogenei tra loro che, per ragioni geopolitiche e geofilosofiche, dovrebbero per natura rivaleggiare (se non guerreggiare) per la supremazia sul continente. Russia e Cina, invece, sembrano aver compreso l’inutilità di un ritorno allo scontro stile guerra fredda, che favorirebbe soltanto gli Stati Uniti, allo stesso modo di Iran e Turchia, spinti al dialogo dagli sforzi russi per disinnescare la tensione in Medio oriente.
A questo punto, il vero banco di prova per l’organizzazione, sarà riuscire a trasformare altri due eterni rivali, India e Pakistan, in collaboratori – a quel punto, estromessa ogni influenza nociva di natura “esterna” dai teatri più caldi del continente, si potrebbe realmente iniziare a parlare di sogni eurasiatici in via di realizzazione.
I temi principali che saranno discussi nella due-giorni di Bishkek sono i seguenti: questione iraniana, pacificazione dell’Afghanistan, nuova via della seta, approfondimento delle relazioni tra i paesi membri in materia di contrasto al traffico internazionale di stupefacenti, cooperazione ambientale, sanitaria, sportiva, tecnologica e nelle telecomunicazioni.
È presto per confermarlo e le notizie ancora scarseggiano, ma è altamente probabile che nell’ambito delle telecomunicazioni si parlerà della guerra commerciale dell’amministrazione Trump contro la Cina, con particolare riferimento a Huawei e alla rete 5G. Se ciò avvenisse, Russia e Cina potrebbero provare a creare un primordiale schieramento antiamericano, tenendo sempre in considerazione i problemi derivanti dal fattore India, lo storico custode degli interessi statunitensi nell’Asia meridionale.