Autore: Andrew Korybko – 07/02/2019
Se Maduro continua a bloccare il cavallo di Troia di un “convoglio umanitario” nel suo paese e l’esercito non si rivolterà contro di lui nel prossimo futuro, sale la probabilità che gli Stati Uniti diano inizio a un’invasione multilaterale limitata del Venezuela.
Orizzonti di guerra
Il Venezuela è sul filo del rasoio. E’ pronto per essere la prossima vittima degli Stati Uniti a causa di un violento cambio di regime. Maria Zakharova, portavoce del Ministero degli Esteri russo, giovedì pomeriggio ha avvertito che “Washington ha già preso la decisione di intervenire con un’zione di forza” nel Paese, in seguito all’osservazione fatta da Trump nel fine settimana per cui l’esercito “è un’opzione” per affrontare la crisi e in seguito alle sue affermazioni, espresse durante il suo recente discorso sullo stato dell’Unione e sulla terribile situazione economica della Repubblica bolivariana. Nei meandri della retorica di Trump si intuisce che la guerra ibrida degli Stati Uniti al Venezuela è in larga parte responsabile di aver innescato la calamità socio-politica, e che ci si sta avvicinando pericolosamente allo scenario di un’invasione multilaterale limitata come abbiamo scritto scritto la scorsa settimana.
Il cavallo di Troia
Poiché le intenzioni geopolitiche statunitensi sono state esposte nei media dalla Russia, tuttavia, gli Stati Uniti hanno bisogno di inventare un “pretesto pubblicamente plausibile” per la loro prossima guerra straniera, al fine di distrarre le masse dall’ obiettivi del cambio di regime; qui risiede il senso della rapida narrativa emergente sul cosiddetto “intervento umanitario”. Non c’è dubbio che nel Paese si sta verificando una crisi umanitaria dopo che tre milioni di persone ne sono fuggite negli ultimi due anni; ma l’amministrazione Trump sta facendo pressioni sul Venezuela affinché accetti un “convoglio umanitario” nei suoi confini, un “convoglio” che potrebbe molto probabilmente funzionare come cavallo di Troia per armare le “cellule in sonno” antigovernative e / o stabilire di fatto il controllo straniero su parti del suo territorio.
Il messaggio di Pompeo
Ben consapevole della minaccia rappresentata da questo convoglio, il Venezuela ha bloccato il ponte al confine con la Colombia, come è suo diritto in quanto governo sovrano riconosciuto dall’ONU. Come previsto, gli Stati Uniti hanno risposto lanciando minacce molto vaghe al Venezuela nel tentativo di far sì che il convoglio entri nel suo territorio; il Segretario di Stato Mike Pompeo ha twittato: “Il popolo venezuelano ha disperatamente bisogno di aiuti umanitari. Gli Stati Uniti e altri Paesi stanno cercando di portare gli aiuti, ma l’esercito venezuelano agli ordini di Maduro li sta bloccando. Il regime di Maduro deve LASCIARE CHE GLI AIUTI RAGGIUNGANO LE PERSONE. #EstamosUnidosVE”.
ONU = Nazioni inutili
La stessa ONU è contraria a politicizzare l’invio di aiuti umanitari. Ciò potrebbe essere interpretato come un rimprovero sia agli Stati Uniti che al Venezuela; gli USA, per loro probabile intenzione di abusare del convoglio come cavallo di Troia e il Venezuela per non permettere che l’aiuto raggiunga la sua popolazione sempre più disperata, che sicuramente sperimenterà una maggiore sofferenza, una volta che le conseguenze economiche delle ultime sanzioni di Washington cominciano a manifestarsi. Ciononostante, le Nazioni Unite non sono in grado di modellare il corso degli eventi che si stanno svolgendo a un ritmo sempre più rapido del previsto, visto che gli Stati Uniti e gli alleati del gruppo di Lima hanno in questo momento un dominio totale sulle dinamiche del conflitto. Consapevoli di questo questo, gli Stati Uniti sono pronti a manipolare la situazione umanitaria del Venezuela.
Narrative armate
Come prevedibile, poiché Caracas non è stata convinta ad aprire le porte ai “lupi travestiti da pecore”, gli Stati Uniti stanno tentando di confondere l’ottica di questa crisi, in un modo da far apparire Maduro come un “socialista impazzito del Terzo mondo”, un dittatore che sta affamando la sua stessa gente “. L’intento è quello di generare sostegno nazionale e internazionale per quella che potrebbe essere la invasione multilaterale limitata dello Stato ultra-strategico del Venezuela con i pretesti collegati di “salvare la sua popolazione affamata” e “anticipare un’altra crisi migratoria”. Il secondo pretesto potrebbe essere sfruttato da Trump per contrastare la narrativa mainstream secondo la quale “odia” i migranti e i rifugiati (specialmente quelli dell’America Latina).
La Psy-Op antimilitare
Detto questo, gli Stati Uniti preferirebbero che i suoi piani per il cambiamento di regime procedessero il più “pacificamente” possibile, in modo che le sue aziende possano rapidamente assorbire le risorse strategiche del Paese ed iniziare subito a trarne profitto, invece di dover investire molti capitali nella ricostruzione dopo una disastrosa guerra civile internazionale; così anche l’ultima minaccia di un “intervento umanitario” fa parte della guerra psicologica in corso contro l’esercito venezuelano per incoraggiare la diserzione nelle fil e delle sue truppe e la defezione degli alti gradi, “prima che sia troppo tardi”. Senza il solido appoggio delle forze armate, Maduro non sarebbe in grado di rimanere in carica, e il colpo di stato contro di lui avrebbe sicuramente successo.
Riflessioni conclusive
L’improvviso interesse degli Stati Uniti per la crisi umanitaria che ha contribuito a creare in Venezuela è per scopi puramente egoistici, destinati a generare un pretesto per portare a termine una invasione multilaterale pianificata da tempo, a meno che la psy-op contro i suoi militari non riesca a deporre prima Maduro. L’attuale situazione di stallo sul destino del “convoglio umanitario” è un dramma costruito dagli Stati Uniti allo scopo di applicare la massima pressione internazionale sul Venezuela a causa del previsto rifiuto di consentire a quel cavallo di Troia di entrare nei propri confini. Il Venezuela è ora gettato sulle corna del dilemma finale, in cui è dannato se apre le porte alla forza d’invasione, ma ugualmente dannato se non lo fa.
Si ringrazia l’Autore per aver permesso la riproduzione di questo articolo, precedentemente pubblicato presso Eurasia Future
Andrew Korybko è un analista politico americano di base Mosca, specializzato nel rapporto tra la strategia statunitense in Afro-Eurasia, della One Belt One Road in Cina e della Guerra ibrida.