Autore: Andrej Sidorchik – 28/05/2020
A livello ufficiale la politica nazionale di Kiev, che giustamente viene chiamata nazionalista, sta diventando la causa di regolari conflitti con i vicini. Questa volta l’inasprimento è sorto tra Ucraina e Bulgaria.
“Un duro colpo per l’integrità della società bulgara”
L’Assemblea nazionale bulgara, a maggioranza dei voti, ha adottato una dichiarazione contro il piano di divisione amministrativa del distretto di Bolgradsky nella regione ucraina di Odessa, che è il luogo dove in maniera compatta risiedono i bulgari etnici.
“Come previsto, il distretto di Bolgradsky sarà diviso in cinque parti amministrative indipendenti, il che causerà un duro colpo all’integrità della nostra comunità bulgara”, afferma la Radio nazionale bulgara citando il testo della risoluzione. Il governo della Bulgaria è stato incaricato di adottare misure indirizzate a mantenere l’integrità della comunità bulgara in Ucraina.
L’approvazione della dichiarazione ha provocato una reazione estremamente nervosa a Kiev. Il ministero degli Esteri ucraino ha espresso con fermezza una protesta contro le azioni del parlamento bulgaro:
“Per noi sono assolutamente inammissibili i tentativi d’interferenza da parte di uno stato straniero negli affari interni dell’Ucraina. Destano stupore e incomprensione per le inattendibili dichiarazioni manipolative riguardo alle ripercussioni della riforma sull’identità nazionale dei bulgari etnici dell’Ucraina”.
I diplomatici ucraini hanno ribadito che la questione sulla struttura amministrativo-territoriale dell’Ucraina è di competenza esclusiva degli organi statali delle autorità ucraine.
I “figli” bulgari del generale Inzov
La storia di Bolgrad e della sua regione iniziò in un’epoca in cui, di una qualsiasi indipendenza dell’Ucraina nemmeno se ne parlava.
Nel 1812 fu firmato il trattato di pace di Bucarest che pose fine all’ennesima guerra russo-turca. Secondo l’accordo, alla Russai andarono le terre della Moldavia orientale, tra il Prut e Dnester, chiamate Bessarabia. Nel 1820, in quelle terre, in maniera attiva si trasferirono i bulgari transdanubiani in fuga dal dominio ottomano. In Russia fu istituito il Comitato di tutela per i coloni stranieri della Russia meridionale presieduto dal generale Ivan Nikitich Inzov. Il generale Inzov fornì tutta l’assistenza possibile ai coloni bulgari e nel 1821, su sua iniziativa, fu fondata la città di Bolgrad come basamento della colonia bulgara.
Alla morte del generale Inzov i capi anziani bulgari fecero una petizione per la sepoltura del loro benefattore a Bolgrad. Quando fu ottenuto il permesso, la comunità bulgara raccolse 5.000 rubli d’argento per la cerimonia. Lungo tutto il percorso da Odessa a Bolgrad, circa duecento chilometri, la bara con il corpo del generale non fu trasportata dal carro funebre, ma portata a spalla da persone, che di volta in volta si alternarono durante il tragitto. La chiesa di San Mitrofan da Voronež, dove il generale che fondò Bolgrad venne sepolto è ora conosciuta come il Mausoleo di Inzov.
Grandi prove della “Nuova Bulgaria”
Sul destino di Bolgrad e dei suoi abitanti si sono avvicendate molte prove. A seguito della guerra di Crimea, la città e le circostanti colonie bulgare passarono sotto il dominio del Principato moldavo, che era un vassallo turco.
Nel 1859, a seguito dell’unificazione dei principati di Moldavia e Valacchia, la Bessarabia del Sud divenne parte del nuovo stato – la Romania. Le nuove autorità misero in atto un ridimensionamento dei diritti dei bulgari, i quali reagirono con proteste.
Nel novembre 1860, a Bolgrad, le autorità spararono sui manifestanti: 10 bulgari furono uccisi e circa 200 rimasero feriti. I soldati rumeni misero in atto numerosi atti di rapina e violenza contro i residenti locali.
L’accaduto provocò una nuova ondata di trasferimenti verso il territorio russo, con facilità, poiché il confine passava nelle vicinanze di Bolgrad.
Il ritorno di Bolgrad alla Russia ebbe luogo nel 1878, a conclusione dell’ennesima guerra russo-turca. All’incirca, da quel periodo, la città e i suoi dintorni iniziarono a essere denominati la “Nuova Bulgaria”.
Nel 1897, a Bolgrad vivevano12.300 persone: 8.478 usavano il bulgaro come lingua madre, 1.391 – il russo (il “grande russo”), 1.199 – l’ebreo, 612 – il moldavo, 306 – l’ucraino (il “piccolo russo”), 117 – il gagauzo (turco).
Nel 1918, il territorio della Bessarabia fu conquistato dalla Romania. Tuttavia le autorità rumene, che dal passato non avevano appreso alcuna lezione, nella “Nuova Bulgaria” misero in atto un’ondata di “romanizzazione” forzata con la chiusura delle scuole e delle istituzioni culturali bulgare.
Il breve lasso di tempo sotto l’URSS nel 1940-1941 lasciò subito il posto al periodo di tre anni sotto l’occupazione di Hitler. Solo dopo la scacciata dei nazisti nel 1944, iniziò un periodo nuovo di sviluppo pacifico nella storia di Bolgrad (periodo sovietico ndr.).
Spezza e conquista
Nonostante tutti gli sconvolgimenti subiti da Bolgrad e dalla sua regione, lì i bulgari sono rimasti maggioranza etnica. Nel distretto di Bolgradsky, secondo i sondaggi, la lingua bulgara è definita “lingua madre” da oltre il 55 % degli abitanti, il gagauzo da circa il 18 %, il russo da oltre il 16 %. L’ucraino è chiamato “lingua madre” solo da circa il 5 % degli abitanti.
Formalmente, l’attuale riforma amministrativa non è diretta contro la comunità bulgara, ma il diavolo è nascosto nei dettagli. Da quando il distretto di Bolgradsky si è rivelato troppo piccolo per il nuovo formato dei distretti municipali, è stato deciso di sparpagliarlo in cinque comunità, che escludano la prevalenza della maggioranza bulgara. Bolgrad, dalle autorità della regione di Odessa, è percepito come “sleale”: il consiglio locale dei deputati continua a tenere riunioni in russo, nelle elezioni qui votano per la “Piattaforma di opposizione” (partito all’opposizione in Ucraina orientato su posizioni di dialogo con la Russia ndr.) e nelle elezioni a livello distrettuale il candidato del partito “Servo del popolo” (il partito del presidente ucraino Zelensky ndr.) è stato sconfitto dal leader dell’Associazione dei Bulgari di Ucraina Anton Kisse.
Dal momento che Kiev si è incanalata verso la creazione di uno stato monoetnico, con la riduzione al minimo dei diritti delle minoranze nazionali, hanno deciso di ridimensionare anche i “separatisti” bulgari. Il 19 maggio 2020, a Odessa, i bulgari hanno protestato contro la nuova riforma amministrativa. Ma Kiev non li vuole ascoltare, diversamente non potrebbe essere. Il genio nazionalista uscito dalla bottiglia nel 2014, da solo, non vi rientrerà. Migliaia di emarginati che vagano per l’Ucraina in “vishivanka” (camicia ricamata del folclore ucraino ndr.) hanno fatto del grido “Gloria all’Ucraina” la loro professione. Le speranze che l’uscita di scena della squadra di Poroshenko avrebbe cambiato l’approccio al rafforzamento dello stato ucraino non si sono concretizzate.
I bulgari, usciti dall’oppressione ottomana nel 19° secolo, sognavano tranquillità e vita pacifica. A distanza di 200 anni, questa tranquillità la possono solo sognare.
Fonte: Argoumenty i Fakty
Traduzione a cura da Eliseo Bertolasi