Author: Emanuel Pietrobon – 13/12/2019
The US-UE underground war and the increasingly conflictual international order are being pushed French president Emmanuel Macron to exhume some Gollist-era ambitions such as the dream of a Europe extended “from Lisbon to Vladivostok” and fully emancipated from Washington – no longer seen as a trustworthy ally but a player willing only to submit European powers.
Macron presidency’s new foreign agenda is resumable in the following key-events: the Aquisgrana pact with Germany, intensive lobbism to reform the EU from within especially on economy and defense (including the idea of the “European army”), and the return to the East.
The last point is the only one really able of being a potential game-changing factor, namely a factor able of changing the existing equilibrium of power to create a new one.
But this scenario is unlikely as long as Macron continues to alternate strategic farsightedness and daily cowardice. Indeed, despite Macron’s very good intentions the sanctions regime is still there, France keeps supporting Washington’s foreign agenda on many areas even where there is disagreement, and the general climate within the EU is shaped by a Maccartist-style Red Fear.
The Paris meeting was an important signal of opening but it was the groundbreaking event that many analysts had forecasted. However, Macron is the true winner of the event as he showed, once again, to have the charisma and diplomatic skills that other heads of states don’t possess, Angela Merkel included. Not Germany, but France is likely to be the Old Continent’s new leading power due to its nuclear arsenal and, above all, future-oriented national vision personally made by Macron himself.
In this vision, the French-German-led Europe is to recover the historic role of bridge among civilizations, the US is an ally-turned-competitor, and Russia and Cina cease to be considered enemies. Macron himself made such statements, sparking outrage among NATO members and attracting Trump’s threats of a trade war.
Paris’ Eurasian strategy is, obviously, thought and modeled for France’s greatness (grandeur) but is inevitable the extension of positive effects over the entire Europe. France can and must act, but is trapped between realpolitik and reality.
Realpolitik is suggesting Macron to make the EU fully autonomous from the US, because the alliance turned costly, anachronistic, and often works against European powers’ interests, to end every hegemonic clash against China and Russia, because it’s simply anti-economic to have them as rivals, and to reform the EU to avoid its much-wanted dissolution from part of the American industrial-military complex.
Reality is preventing Macron to make the EU autonomous due to the constant hostility coming from all those countries that are Washington’s fifth columns in Europe’s heart, such as Poland and Baltic states, the German diffidence to share completely the power with Paris and unwillingness to create a European army because it’s more comfortable to live on the American military umbrella.
Everything is taking place on the background of Macron’s legitime fears about a trade war against Washington which could sink not only Paris’ but the European economy as a whole.
The realpolitik-reality trap is making the opening to Russia difficult, slow and not able of producing any de-escalation in the short-term, the projects about European autonomy seem to be already dead – in fact, they can’t be realized without unanimity – and Europe keeps being fully integrated in the American sphere of influence, despite the increasing discontent, and keeps suffering the main damages of the cold war against China and Russia.
If Macron convinces Merkel ot the need to build a French-German partnership fully extended to strategic areas, from the rule over Europe to the defense of common interests in the international arena, the next steps are increasingly easier.
Sir Halford Mackinder feared a German-Russian alliance and Zbigniew Brzezinski and Henry Kissinger did not take into account the idea of Europe independent again in the future, but the truth is that the EU has, and will have for long, all the necessary resources to try to emancipate itself from Washington and to pursue a power-aimed agenda able of making the Old Continent a big player in the world.
Emmanuel Macron fra realpolitik e realtà
Lo scontro sotterraneo con gli Stati Uniti e il clima internazionale sempre più teso e opprimente hanno spinto il presidente francese Emmanuel Macron a riesumare alcune ambizioni golliste, fra cui il sogno di un’Europa estesa “Lisbona a Vladivostok” e l’emancipazione del Vecchio Continente dall’allineamento – vissuto e interpretato come cieca sottomissione – da Washington.
Il nuovo corso di politica estera della presidenza Macron è riassumibile in alcuni eventi-chiave: patto di Aquisgrana con la Germania, attivismo in sede europea per concretizzare le proposte riformiste lanciate dall’Eliseo su economia e difesa (fra cui l’esercito europeo), ritorno ad Est.
Questo punto è sicuramente il più attuale ed è anche l’unico realmente capace di essere un potenziale “fattore game-changing”, ossia un fattore che cambi gli equilibri esistenti ponendo le basi per un nuovo ordine.
Quest’ordine, però, è irrealizzabile fintanto che Macron alterna lungimiranza strategica nel campo delle idee alla codardia pratica nel campo dell’azione. Infatti, nonostante gli ottimi propositi, il regime sanzionatorio è ancora in essere, la Francia continua ad appoggiare l’agenda estera di Washington su una serie di teatri con la quale è in disaccordo, ed il clima generale che si respira nell’Ue è intriso di russofobia maccartista, proprio come negli Stati Uniti.
Il vertice di Parigi è stato un segnale d’apertura importante, ma non l’evento spartiacque che molti analisti politici avevano prospettato. Macron ne esce, comunque, da vero vincitore, avendo dimostrato di possedere quei carisma e persuasione diplomatica mancanti ad altri capi di Stato europei, fra cui alla stessa Angela Merkel. Non la Germania, ma la Francia si sta appresta a salire sul trono di potenza-guida del Vecchio Continente, forte di un arsenale nucleare e di una visione nazionale proiettata al futuro elaborata direttamente dallo stesso Macron.
In questa visione, l’Europa a tradizione franco-tedesca recupera lo storico ruolo di ponte fra civiltà, gli Stati Uniti vengono degradati da alleato a collaboratore-concorrente, e Russia e Cina cessano di essere considerate dei “nemici”. È stato lo stesso Macron a ribadire, più volte, questi punti, attirandosi le ire dei paesi membri della Nato e le minacce di guerra commerciale da parte di Trump.
La strategia eurasiatica dell’Eliseo è, ovviamente, pensata e modellata per avere le più ampie ricadute possibili, in termini di benefici, alla Francia, ma è comunque inevitabile che plasmi profondamente anche il resto d’Europa. La Francia, quindi, può e deve, ma è costretta in una trappola, ossia “fra realpolitik e realtà”.
La realpolitik suggerisce a Macron di lavorare per rendere l’Ue autonoma dagli Stati Uniti a 360 gradi, perché si tratta di un’alleanza onerosa, obsoleta e che spesso lavora contro gli interessi nazionali dei paesi europei, di porre fine ad ogni battaglia egemonica con Russia e Cina, perché è antieconomico scegliere di averle come rivali, e di riformare l’Ue per evitare che si realizzino i sogni di una parte del complesso militare-industriale di una sua dissoluzione.
La realtà impedisce a Macron di rendere l’Ue autonoma per via dell’ostilità costante di tutti quei paesi che sono delle vere e proprie quinte colonne di Washington nel cuore d’Europa, fra cui Polonia e Baltici, della diffidenza tedesca di condividere pienamente lo scettro del potere con l’Eliseo, e della nolontà di formare un esercito europeo perché più comodo vivere sulla rendita di posizione garantita dall’ombrello militare statunitense. Tutto ciò, accade sullo sfondo del timore di Macron, fondato e giustificato, di una guerra economica lanciata da Washington che potrebbe affondare non solo Parigi, ma l’Europa intera.
Il risultato di questa condizione è che la linea aperturista verso la Russia è stata inaugurata, ma timidamente e in modo tale da non condurre ad alcun disgelo nel breve periodo, i progetti di autonomia europea sembrano già essere stati accantonati, anche perché sono irrealizzabili senza l’unanimità, e l’Europa resta saldamente ancorata nella sfera d’influenza statunitense, nonostante il malcontento montante, appoggiando in toto e subendo i danni principali dello scontro egemonico contro l’asse Mosca-Pechino.
Se Macron riuscirà a convincere la Merkel della necessità di forgiare un partenariato franco-tedesco completamente onesto e multidimensionale, impegnato tanto nella gestione dell’Ue che nella difesa di interessi comuni nell’arena internazionale, ogni passo ulteriore risulterà estremamente più semplice.
Sir Halford Mackinder temeva soltanto un’alleanza tedesco-russa, Zbigniew Brzezinski ed Henry Kissinger neanche prendevano in considerazione l’idea di un’Europa nuovamente indipendente nel futuro, ma la verità è che l’Ue ha, e avrà ancora per molto tempo, tutte le risorse necessarie per tentare di smarcarsi da Washington e seguire un’agenda di potere che la porti ad essere un giocatore di primo rilievo nel mondo.
Emanuel Pietrobon, University of Turin (Italy)
This article is published within the Platform Europe Project
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