Autore: Pietro Minei – 28/05/2019
Il porto di Trieste è il primo per traffico merci in Italia, seguito da quello di Genova. Nel 2018 ha movimentato ben 62,700.000 tonnellate di merci con un aumento del 1,7% rispetto al 2017. È anche il primo porto petrolifero del Mediterraneo. Situato nel cuore dell’Europa, si presta come crocevia fra le rotte marittime e i corridoi europei, Adriatico, Baltico e Mediterraneo, ed è un hub internazionale di snodo per i flussi dell’interscambio terra-mare tra Eurasia ed Europa centrale.
Dalle conquiste romane dell’Illiria del III secolo a.c. fino ai giorni nostri, la città di Trieste è sempre rientrata tra le mire espansionistiche di molti imperi. Etimologicamente il toponimo di Trieste deriva dal venetico Tergeste, formato da terg “mercato”-este- suffisso nomi venetici. In alternativa si ritrova proposta l’origine latina del nome “tergestum” legata al fatto che i legionari romani dovettero combattere tre battaglie per avere ragione delle popolazioni indigene. Città da sempre ambita per questo cosmopolita, croceviadi popoli, culture, religioni, purtroppo teatro di tante battaglie per il suo dominio. Il 26 ottobre del 1954 tornò italiana e nuovamente si presenta al mondo come avamposto capace di ribaltare gli equilibri economici-strategici europei e globali.
Il porto di Trieste è, inoltre, un sito di notevole rilevanza strategica nazionale ed europea. Nel novembre scorso il Presidente dell’Autorità Portuale dell’Alto Adriatico ha confermato l’interesse dell’Ungheria per Trieste come sbocco marittimo nel bacino del Mediterraneo. Il Capoluogo Friulano ritorna, dunque, ad essere mira delle ambizioni commerciali del nuovo “Impero Austro-Ungarico” -come qualcuno osa definirlo-, e sorpassa nelle preferenze il Porto di Koper (Slovenia). Da molto tempo è anche al centro delle strategie cinesi sulla nuova Via della Seta “yi dai yi lu” ovvero “una cintura, una via”. Ciò ha prodotto un effetto domino che ha coinvolto anche gli Stati Uniti, già in apprensione per l’arrivo della grande edilizia cinese nel Porto di Genova. Il monito, di quest’ultimi, per non firmare memorandum con la Cina e di non trasformare Trieste nel “Pireo greco”, arriva direttamente dalle colonne del Financial Times alla vigilia della visita del Presidente Cinese Xi Jinping in Italia. Gli ammonimenti arrivano anche dalla stessa U.E. attualmente attiva con 22 progetti portati avanti dall’Autorità Portuale per un valore totale di circa 132 milioni di euro.
Trieste è un grande patrimonio italiano che, seppur tra molte difficoltà, cerca di ritagliarsi un ruolo privilegiato nel commercio marittimo Mediterraneo ritornando ad essere nuovamente al centro di rilevanti sfide globali. Spesso si sente parlare di difesa del Made in Italy inquadrando il concetto esclusivamente come sinonimo di garanzia di produzione di prodotti di qualità, eppure la sola qualità non è sufficiente a garantire la leadership nel commercio. Secondo il Sole24ore sono circa 1000 i prodotti italiani che tutt’oggi nonostante la crisi economica risultano ai primi posti nell’export mondiale. Nella classifica della competitività internazionale, l’Italia è preceduta solo dalla Germania. La qualità deve essere accompagnata dalla competitività infatti, troppo spesso le aziende italiane soffrono la competizione dei prodotti di origine straniera nonostante quest’ultimi risultino di minore qualità. Il supporto logistico è un elemento indispensabile per la competitività, senza logistica aumentano i costi e le competenze specifiche di un territorio risultano di scarso interesse commerciale. La Nuova Via della Seta creerà enormi opportunità per tutti i paesi del mondo, i porti italiani, quelli dell’Alto Adriatico ed in particolare Trieste e Venezia ( quest’ultima con il suo Arsenale Militare), devono saper cogliere le opportunità offerte da questi nuovi scenari.
L’Italia è consapevole che la sfida futura del trasporto e dell’economia marittima dovrà giocarsi sul campo della logistica laddove i nostri competitor riescono a gestire meglio la catena di distribuzione e l’approvvigionamento di materie prime. Per la sua centralità geografica all’interno dello spazio economico mediterraneo ed europeo, il Porto di Trieste continua ad essere di notevole rilevanza strategica. Le sue caratteristiche strutturali lo rendono un sito altamente efficiente e competitivo, i fondali di 18 metri consentono l’ormeggio della nuova generazione di navi giganti, la rete ferroviaria integrata rappresenta il vero punto di forza. A tal proposito basti pensare che nel solo 2018 ha gestito l’arrivo e la partenza di 10.000 treni merci collegati con tutta l’Europa rendendolo di fatto uno dei porti preferiti dalle più grandi compagnie di trasporto. Gli investimenti in infrastrutture e reti ferroviarie integrate all’area portuale ed il regime speciale di porto franco, si sono rivelati ad oggi gli assets vincenti, capaci di collocare Trieste all’undicesimo posto per tonnellaggio totale dei primi 20 porti europei. Gli investimenti in infrastrutture ed innovazione hanno avuto effetti positivi anche sull’ambiente infatti, il trasporto su ferro ha reso il sito sempre meno dipendente dai combustibili e dal traffico gommato. Il Porto di Trieste si pone in un’ area geografica che rappresenta il motore trainante dell’economia italiana ed europea considerando che la Via della Seta si sta sviluppando su due direttrici: una terrestre ed una marittima, entrambi potrebbero avere porto e ferrovia di Trieste come punto d’incontro per gli scambi europei. Non si può pensare di sviluppare nuovi progetti di rilevanza internazionale che non siano funzionali al territorio che li ospita. È importante pianificare il futuro dei nostri servizi portuali, in particolare servono progetti mirati a migliorare l’operatività dei porti e la loro interazione con il territorio.
Il futuro dei porti italiani si giocherà principalmente sulla capacità politica di indirizzare i giusti investimenti pubblici in attività portuali e logistiche di alto valore aggiunto in un ottica di visione ed evoluzione dei nuovi fenomeni commerciali. Il compito più difficile sarà quello di individuare la giusta qualità di investimenti in innovazione tecnologica ed infrastrutturale. L’Italia ci prova, lo scorso febbraio infatti è stato inaugurato il Freeste un sito logistico retro portuale interconnesso al porto vecchio che opererà in regime di zona franca. Per porto franco si intende un area dove arrivano materie prime ed altra componentistica che se trasformate al suo interno in nuovi prodotti non pagheranno la dogana e non la pagheranno se rimessi al di fuori del mercato comunitario. Il porto franco servirà come polo di attrazione per nuove aziende manifatturiere che in rete tra loro saranno capaci di svolgere attività di alto valore aggiunto sul territorio. La nuova zona franca si presta come anello di congiunzione tra il porto vecchio ed il porto nuovo, due realtà nate in epoche completamente diverse, ma che entrambe potranno essere proiettate verso gli scenari futuri. Freeste è un’opera che riveste un profondo significato culturale ed architettonico, poiché non sostituisce ed usurpa ciò che già esiste (basti rivedere il riutilizzo dell’ex fabbrica di motori marini), ma ne incrementa le potenzialità in chiave innovativa dandone continuità storica e maggiore rilevanza economica. Nuovi investimenti prevedono la costruzione di un magazzino per lo stoccaggio e la movimentazione di merci deperibili. Ciò, senz’altro, rappresenta una grande opportunità di sviluppo e di crescita globale per il settore agroalimentare italiano.