Author: Pietro Minei 10/12/2018
Il Mediterraneo è il luogo dove il dialogo, la cooperazione, lo sviluppo e la condivisione delle risorse diventano realtà. Uno dei mari maggiormente apprezzati al mondo sia dal punto di vista paesaggistico-ambientale che economico. La sua storia è fonte di ispirazione. La sua posizione geografica offre un clima mite e vario e garantisce l’esistenza di una vasta e diversità di ecosistemi e specie unica al mondo. Un patrimonio naturalistico ed economico inestimabile da custodire e tutelare. Il ruolo strategico dell’Italia in questo contesto geopolitico è indiscutibile e lo stesso Mare Mediterraneo ne costituisce una delle principali fonti economiche.
Tuttavia i continui ritardi nell’applicazione di politiche volte a favorire tutti i processi innovativi necessari allo sviluppo del settore marittimo stanno progressivamente svalutando e marginalizzando il ruolo che l’Italia dovrebbe ricoprire nel contesto Mediterraneo. Basterebbe citare l’esempio del solo Porto di Genova, dove le perdite economiche per ritardi e disservizi causati dalle carenze infrastrutturali, nonché dal crollo del ponte Morandi, raggiungono i 25 milioni di euro annui. Un prezzo troppo alto da pagare per le aziende che devono farsene carico.
L’economia marittima svolge un ruolo fondamentale ed indispensabile per il benessere economico del nostro paese ed oggi necessita di tutti quei processi innovativi capaci di proiettare l’Italia come paese leader e d’avanguardia, soprattutto nel contesto Mediterraneo.
Il nostro patrimonio marittimo è sempre stato fonte di sostentamento non solo per le popolazioni costiere, ma anche per l’intero paese. Le coste Italiane misurano 7456 km , sono le più estese del Mare Mediterraneo e le quindicesime al mondo. Da nord a sud per tutto il perimetro sono organizzate in 16 autorità portuali, centri strategici decisionali che offrono i servizi di 277 porti suddivisi in commerciali, turistici, passeggeri, industriali; 23 interporti ovvero un “complesso organico” di strutture e servizi finalizzati allo scambio di merci tra le diverse modalità di trasporto (ferroviario, aereo, stradale e navale). Numeri sicuramente notevoli, ma se comparati con altre realtà portuali europee fanno emergere tutte le criticità del nostro sistema portuale.
In un momento storico così importante caratterizzato da grandi e rapidi cambiamenti tecnologici, dove i partners europei come Francia, Germania, Inghilterra, Svezia, Paesi Bassi, spendono fino a 40 volte di più in ricerca e sviluppo, gli investimenti italiani sono ai minimi storici. Volendo fare un confronto sul piano dei numeri tra la portualità italiana ed altre realtà sicuramente d’avanguardia, potremmo prendere in considerazione il Porto di Rotterdam.
L’ Europort è il più grande porto petrolchimico e polivalente del mondo, con oltre 80.000 impiegati. Si estende per una superficie di oltre 3.600 ettari ed è il più grande porto per traffico di grandi navi veloci e per movimentazione veloce di container e merci. Nessuna indecisione sugli investimenti, neanche su quelli ad alto impatto ambientale, solo per citarne alcuni: la costruzione della “Nieuwe Woterweg” (la nuova via dell’ acqua), il “Vertical City” (il nuovo centro polifunzionale), la foresta galleggiante.
Nel 2012 solo a Rotterdam furono movimentati 11,8 milioni di TEU (La maggior parte dei container ha lunghezza di 20 o 40 piedi: un container da 20 piedi corrisponde, dunque, a 1 teu, uno da 40 piedi a 2 teu) e 441,5 di tonnellate di merci. Nello stesso periodo l’intera portualità italiana movimentò 9 milioni di TEU e la metà delle merci. Investimenti importanti riguardano il Clean Tech, l’energia pulita, lo sviluppo dell’industria pulita sinergica, inclusiva ed efficiente, l’economia verde e circolare. Tali scelte green oggi ripagano con la presenza di 2000 aziende che offrono lavoro a 13.000 persone e la tendenza economica segna dati in crescita per i prossimi anni.
Considerando che i porti sono il principale motore di sviluppo e che proprio dal mare transiteranno la maggior parte delle merci, si richiedono sistemi portuali e servizi logistici sempre di più innovativi ed efficaci. Grazie alla Carta di Roma del 2007 siglata tra istituzioni nazionali, amministrazioni locali e attori pubblici e privati che operano per la tutela, la valorizzazione e la promozione del patrimonio marittimo attraverso progetti culturali, di ricerca scientifica e di divulgazione, l’Italia oggi può contare su un grande patrimonio marittimo. Il nostro paese infatti vanta grandi tradizioni marinaresche esercitate in uno degli ecosistemi più complessi del pianeta in condivisione con paesi che sfruttano le risorse del mare in maniera arbitraria ed insostenibile. Anche per questo motivo è importante riaffermare il nostro ruolo di paese guida nel contesto mediterraneo.
In Italia sono attive in 19 GSA ovvero piani di gestione nazionale relativi alle flotte di pesca per la cattura delle risorse demersali, 35 marinerie definite a loro volta come il complesso di uomini e mezzi e delle attività che concorrono a costituire la potenza marittima di un paese . La Marineria di Mazara del Vallo, ad esempio, operante nello Stretto di Sicilia con la sua flotta di 350 motopesca,14.000 occupati del settore, 78 industrie di lavorazione e trasformazione del pesce e 6 cantieri navali, rappresenta la più grande Marineria del Mediterraneo.
Il nostro paese vanta la presenza di 36 cantieri navali tutt’oggi nella top list dei grandi costruttori di imbarcazioni di lusso con lunghezza maggiore a 24 metri e che producono 280 unità annue pari a 11.000 metri di lunghezza totale (seguono Paesi Bassi e Turchia), l’Italia custodisce 180 fari, possiede 120 piattaforme, 6 basi e arsenali della Marina Militare che con 6 Arsenali, 60 navi e 26 unità del naviglio minore vigila su circa 3 milioni di miglia quadrate di siti di interesse comunitario, 12 zone di tutela biologica, 32 siti zone a protezione speciale, 15 zone speciali di conservazione.
Il nuovo regime sanzionatorio della pesca ex Legge 154/16, il nuovo correttivo porti, la nuova normativa zolfo che prevede la riduzione del contenuto di zolfo nel bunker navale da 3,5% al 0,5%, rappresentano solo alcuni dei nuovi strumenti che si palesano insufficienti per poter affrontare la crisi del settore marittimo italiano, dovuta principalmente alla mancanza di competitività, mancanza di sistemi innovativi e di adattamento ai mercati, mancanza di reddito per gli addetti, mancanza di ricambio generazionale dei marittimi, carenza di infrastrutture e di know how nei vai settori che genera gravi perdite economiche, come ad esempio la scelta di Fincantieri di sbarcare nel Porto di Shangai per la costruzione entro il 2022 di due grandi navi da crociera, un vero paradosso al tempo della nuova via della seta.
Il progresso economico degli anni passati ha ferito in modo indelebile gran parte del nostro territorio, per questo motivo ogni forma di sviluppo viene percepita con diffidenza da gran parte della popolazione.
Lo sviluppo industriale innovativo tuttavia è la prima fonte di generazione di reddito e benessere sociale. Senza tecnologia non può esserci industrializzazione e di conseguenza non può esserci sviluppo. L’innovazione tecnologica permette un’industrializzazione più equa, più inclusiva, più responsabile ed ecologicamente sostenibile.
Ripartire dal Mediterraneo vuol dire rivalorizzare il proprio patrimonio marittimo, aggiornandolo alle sfide future in chiave innovatrice ed ecosostenibile considerando l’ambiente non più come un limite, ma come una risorsa strategica.