Autore: Vision & Global Trends – 15/11/2023
CINQUANT’ANNI DALLA CONFERENZA DI STOCCOLMA – UN DIRITTO INTERNAZIONALE DELL’AMBIENTE IN REGRESSIONE?
Presentazione degli Atti del Convegno 50 anni dalla Conferenza di Stoccolma: Un diritto internazionale dell’ambiente in regressione? 8 aprile 2022, CNR – ISGI – Roma
Dalla Presentazione di Gianfranco TAMBURELLI – Primo Ricercatore dell’Istituto di studi giuridici internazionali – ISGI del CNR e Coordinatore del Gruppo di interesse su ‘Ambiente e sviluppo sostenibile’ – DASS della SIDI.
Dalla Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente umano del 1972, la comunità internazionale ha adottato una vasta gamma di accordi multilaterali e atti di soft law in materia di ambiente e sviluppo sostenibile, tra i quali, in questa decade, in posizione preminente l’Accordo di Parigi sul clima e l’Agenda ONU sullo sviluppo sostenibile.
Il rispetto degli obiettivi e degli impegni affermati in questi atti rap- presenterebbe un passo importante per garantire gli equilibri ecologici essenziali del pianeta e attuare il diritto umano a un ambiente sano, realizzando la visione articolata già nel Principio 1 della Dichiarazione di Stoccolma. All’inizio del 2020, tuttavia, il mondo non era sulla buona strada per adempiere agli impegni assunti a Parigi e per raggiungere entro il 2030 gli obiettivi dello sviluppo sostenibile (sustainable development goals – SDGs) posti dall’Agenda ONU: si stavano realizzando progressi nell’attuazione degli obiettivi in aree come la riduzione della povertà, il miglioramento della salute materna e infantile, l’aumento dell’accesso all’elettricità e la promozione della parità di genere, ma in molti casi questi progressi avvenivano più lentamente del previsto; inoltre, non si registravano miglioramenti in aree come la riduzione delle disuguaglianze, l’abbassamento delle emissioni di carbonio e la lotta alla fame.
Gli effetti catastrofici della pandemia da coronavirus (Covid-19) e della guerra in Ucraina sulle dinamiche geopolitiche, sulla stabilità dei sistemi economici, sulla vita e sui mezzi di sussistenza delle persone hanno poi messo più gravemente a rischio i risultati conseguiti e il per- seguimento degli obiettivi climatici, ambientali e di crescita economica concordati nel 2015. Il Rapporto su: Progress Towards the Sustainable Development Goals presentato dal Segretario generale delle NU all’High-Level Political Forum on Sustainable Development nel luglio del 2022 ha così riconosciuto che anni o addirittura decenni di progressi nello sviluppo sono stati arrestati o invertiti e lo stesso Segretario generale, Antonio Gutierrez, ha più volte invitato gli Stati ad agire per fronteggiare la “triplice crisi planetaria” guidata dall’emergenza climatica, dalla perdita di biodiversità, dall’inquinamento e dai rifiuti.
In anni di evidenti, peraltro non nuove, difficoltà del sistema Nazioni Unite – organizzazioni internazionali – cooperazione multilaterale, e di crescenti tensioni economiche e sociali, il cambiamento climatico e le altre grandi sfide ambientali richiederebbero invece forti e univoci orientamenti politici, una governance e interventi efficaci a tutti i livelli. In questo contesto, il ricorrere del 50° anniversario della Conferenza di Stoccolma è stato per gli studiosi del diritto internazionale e europeo dell’ambiente uno stimolo per un lavoro di ricerca sui seguiti della stori- ca Dichiarazione adottata nel ‘72; sull’interpretazione, le potenzialità, le difficoltà rilevabili con riguardo all’affermazione e al consolidamento dei principi in essa affermati.
Il Gruppo di interesse su “Ambiente e sviluppo sostenibile” (DASS) della Società Italiana di Diritto Iinternazionale e di Diritto dell’Unione europea (SIDI), creato nel settembre del 2021, ha a tale scopo organizzato, in collaborazione con l’Istituto di studi giuridici internazionali (ISGI) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), il suo primo Convegno annuale, tenutosi l’8 aprile 2022 a Roma, presso l’Aula Marconi del CNR, sul tema: “50 Anni dalla Conferenza di Stoccolma: un diritto internazionale dell’ambiente in regressione?”.
Il Convegno, il primo a livello nazionale volto a celebrare la Conferenza del ‘72, ha visto la partecipazione di esperti e professori universitari provenienti dal CNR e da nove università italiane (Università degli Studi di Genova, Parma, Milano-Bicocca, Siena, Torino, Università degli Studi del Salento, Università “Parthenope” di Napoli, Università “Niccolò Cusano” – telematica e Università “Sapienza” di Roma) e ha rappresentato un momento di riflessione e di analisi critica sull’evoluzione del diritto internazionale dell’ambiente.
Come ampiamente riconosciuto nelle relazioni presentate al Convegno e come successivamente ribadito dal Meeting internazionale promosso dall’Assemblea generale delle NU su: Stockholm+50: A Healthy Planet for the Prosperity of All – Our Responsibility, Our Opportunity4, tenutosi il 2 e il 3 giugno 2022, la Conferenza del ‘72 ha infatti segnato ‘l’inizio dell’era moderna della consapevolezza e dell’azione ambientale’ e ha compiuto il ‘primo passo decisivo verso l’identificazione dell’ambiente come bene fondamentale per lo sviluppo sociale ed economico di tutti i paesi’.
La Dichiarazione di Stoccolma è stata per venti anni, fino all’adozione, nel ‘92, della Dichiarazione di Rio su Ambiente e Sviluppo, il più importante punto di riferimento per lo sviluppo del diritto e delle politiche ambientali a tutti i livelli; in essa si trovano chiaramente enunciati i principi ‘tradizionali’ del diritto dell’ambiente (prevenzione, responsabilità, etc.) e, in nuce, anche il principio dello sviluppo sostenibile, che ne diverrà il principio cardine a seguito della Conferenza di Rio, e i principi a esso correlati.
Sembra al riguardo opportuno formulare in modo essenziale alcune osservazioni. Anzitutto, l’evoluzione del diritto internazionale e del diritto dell’Unione europea in materia sono avvenute in parallelo, sia nei tempi (basti pensare al fatto che il primo programma d’azione della Comunità europea in materia ambientale è del ‘73), sia, in larga misura, nei contenuti.
Il diritto nazionale, invece, è quasi sempre andato definendosi in attuazione del diritto internazionale e, per quel che riguarda l’Italia, del diritto comunitario. Peraltro, la dottrina giuridica ha talvolta messo a fuoco principi chiave ben prima dell’inizio degli anni Settanta e del delinearsi di un diritto dell’ambiente. Si pensi al principio, attualissimo e approfondito in questi Atti, della ‘responsabilità intergenerazionale’. Santi Romano, già nel discorso inaugurale dell’anno accademico 1909-1910 presso l’Università di Pisa, illustrava ai suoi studenti una caratteristica fondamentale dello Stato moderno: il costituire un ente a sé e ergersi con una propria personalità rispetto agli individui e alle comunità che lo compongono, elevandosi così al di sopra degli interessi non generali, contemperandoli e armonizzandoli, e ponendosi ‘nella condizione di curarsi non solo delle generazioni presenti, ma anche di quelle future’.
Com’è noto, la legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1, ha ora inserito la tutela dell’ambiente, anche nell’interesse delle generazioni fu- ture, nell’art. 9 della Costituzione. Nel tener conto delle generazioni fu- ture, le istituzioni ‘contemporanee’ dovrebbero – in teoria – considerare non solo la dimensione ambientale, ma anche gli altri aspetti della vita umana, inclusi quelli di natura economica, sociale e culturale ricompresi nel principio dello sviluppo sostenibile.
Altra questione è quella dell’emergere nell’ultimo decennio del principio di non regressione, che ispira il titolo dato alla nostra iniziativa e trova espressione nell’interrogativo sullo stato attuale del diritto ambientale. Tale principio – approfondito in questi Atti – viene considerato come un argine al potenziale impatto che situazioni di crisi e emergenze economiche possono avere sull’effettività delle tutele ambientali. Rischi economici o incertezze politiche costituiscono una minaccia permanente per il diritto ambientale; l’applicazione del principio dello sviluppo sostenibile, che richiede di conciliare gli interessi dell’ambiente con gli interessi economici e sociali, può condurre anche al prevalere di interessi non ambientali e quindi mettere in discussione i progressi conseguiti. Per evitare il verificarsi di situazioni di tale natura, l’ambiente andrebbe consacrato come diritto umano, in modo tale da beneficiare delle tutele già esistenti volte a rendere sempre più efficaci i diritti umani. Secondo tale orientamento, l’obbligo di progressività o progresso continuo legato ai diritti umani si tradurrebbe giuridicamente in un divieto di regressione anche in materia ambientale.
Il principio di non regressione viene da molti considerato come implicito nel principio 7 della Dichiarazione di Rio: Gli Stati devono cooperare in uno spirito di collaborazione globale per conservare, tutelare e ripristinare l’integrità e la salute dell’ecosistema della Terra. Si aggiunge che, avendo la Conferenza ONU “Rio + 20” (2012) riaffermato l’importanza dei principi adottati nel 1992, quei principi costituirebbero realizzazioni irreversibili che guidano le politiche nazionali e internazionali dell’ambiente.
A queste elaborazioni della dottrina ha fatto seguito l’affermazione esplicita del principio nel Draft International Covenant on Environment and Development – Implementing Sustainability adottato dall’Unione internazionale per la conservazione della natura – IUCN nel 2015 e nel Global Pact for the Environment, che, presentato il 24 giugno 2017 dal Presidente francese Emmanuel Macron all’Università della Sorbona di Parigi, il 19 settembre 2017 è stato sottoposto all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. In particolare, secondo il Draft IUCN, le regole sostanziali e procedurali per la conservazione dell’ambiente devono essere mantenute senza regressione, e interpretate e applicate a favore dell’integrità ecologica, salvo motivi imperativi di interesse pubblico (Art. 10, Non-regression); mentre, secondo il Global Pact, gli Stati non dovrebbero adottare norme o autorizzare attività che determinino una riduzione della protezione ambientale così come garantita dal diritto vi- gente (Art. 17, Non-regression).
Considerato inoltre che il diritto umano a un ambiente sano è sancito da molte Costituzioni, la non regressione sarebbe un obbligo imprescindibile, a garanzia del diritto alla vita e alla salute delle generazioni presenti e future. Ad oggi, permangono comunque dubbi sullo status di tale principio nel diritto internazionale generale e varie e di varia natura sono le obiezioni che esso incontra. Tra queste, di particolare rilievo quelle che evidenziano come il principio democratico implicherebbe la possibilità di mutare sempre idea, dunque anche di retrocedere rispetto a scelte normative già assunte. Lo stesso Michel Prieur osservava che non ci sono diritti acquisiti né al mantenimento dei testi normativi né al mantenimento delle leggi.
Problematico inoltre valutare l’approccio da seguire nell’applicazione del principio. Un eventuale approccio sintetico/sistemico richiederebbe di considerare non singoli micro-settori, ma una pluralità di ambiti macro-settoriali interconnessi; da tale approccio potrebbe conseguire che “una regressione relativa a un singolo ambito settoriale, apportata da singoli atti e regole, sia tuttavia controbilanciata e compensata da una progressione relativa ad altri ambiti settoriali, apportata da diversi atti e regole, realizzandosi così una non-regressione in termini complessivi e globali”.
Altra novità della prassi rilevante in materia di ambiente e sviluppo sostenibile è il concetto/principio di resilienza. Tra gli atti principali che ne attestano l’emergere sul piano giuridico, anzitutto l’Accordo di Parigi, che contiene numerosi riferimenti alla ‘resilienza climatica’ e alla resilienza dei sistemi socioeconomici e ecologici, la World Declaration on the Environmental Rule of Law adottata dalla IUCN nel 2016 e il summenzionato Global Pact for the Environment.
Il Principio 4 (ecological sustainability and resilience) della World Declaration afferma infatti che: “Dovranno essere adottate misure giu- ridiche e di altra natura per proteggere e ripristinare l’integrità degli ecosistemi e per sostenere e migliorare la resilienza dei sistemi socioecologici”, mentre l’art. 16 del Global Pact stabilisce che: “Le Parti adotteranno le misure necessarie per mantenere e ripristinare la diversità e la capacità degli ecosistemi e delle comunità umane di resistere alle alterazioni e al deterioramento ambientale e di ricostituirsi e ad adattarsi agli stessi”.
Il concetto di resilienza tende ad assicurare la capacità di un sistema di riorganizzarsi esattamente nel momento in cui ha luogo il cambiamento, in modo tale da mantenere sostanzialmente le stesse funzioni e la stessa struttura. Attuare politiche di resilienza significa elaborare prati- che per sistemi sociali; rendere istituzioni e infrastrutture capaci di rispondere prontamente a eventi estremi che alterano gli equilibri eco- sistemici.
Il riconoscimento di un principio giuridico di resilienza potrebbe certo incoraggiare gli Stati ad adottare politiche nazionali più efficaci per evitare, prepararsi e riprendersi dai disastri naturali, ma anch’esso non ha ancora trovato piena affermazione né sul piano del diritto internazionale, né sul piano del diritto dell’UE o del diritto interno.
I temi affrontati nei contributi offerti dai colleghi e amici del Gruppo DASS SIDI sono vari e non solo delineano, senza pretese di esaustività, gli sviluppi registratisi nelle normative e nella prassi relative a questi e altri individuati principi cardine, ma offrono anche riflessioni interessanti, volte ad aprire nuove prospettive di analisi e valutazione.
Non rientra nei limiti di questa breve ‘introduzione’ mettere a focus aspetti centrali e spunti qualificanti offerti dai vari scritti, ma sembra possibile rilevare come diversi Autori ritengano non (ancora) in atto un processo di regressione del diritto internazionale dell’ambiente e evidenzino novità significative che hanno trovato spazio negli ultimi anni nel diritto pattizio, nella giurisprudenza, nei lavori svolti da commissioni e comitati di varia natura, dalla Commissione del diritto internazionale delle Nazioni Unite al Comitato di controllo (compliance committee) istituito dalla Convenzione di Aarhus del 25 giugno 1998 sull’accesso alle informazioni, la partecipazione dei cittadini e l’accesso alla giustizia in materia ambientale.
Ampiamente condivisa appare anche la consapevolezza dei limiti degli strumenti giuridici, accompagnata dal convincimento che occorrerebbe un’analisi critica innovativa che metta un focus su effettività ed efficacia di principi e norme internazionali e sulle prassi relative alla loro attuazione negli ordinamenti interni. Secondo un’opinione più ‘radicale’, tuttavia, è la stessa impostazione tradizionale del pensiero giuridico che ha limitato il successo del diritto dell’ambiente, tanto che, nonostante la presenza di numerose regole a livello internazionale, il degrado ambientale continua a crescere.
Passando ora alle conclusioni di queste note introduttive, vorrei sottolineare che i ringraziamenti per la realizzazione e la qualità dell’iniziativa vanno a tanti, a iniziare dal collega e amico Andrea Crescenzi, co-autore e co-curatore di questa pubblicazione; dai membri del comitato di gestione del Gruppo DASS della SIDI, Saverio Di Benedetto, Elena Fasoli e Laura Pineschi, co-autori i cui consigli sono stati preziosi ai fini del coordinamento delle ricerche svolte, e da Roberto Storchi, senza il cui supporto non sarebbe stato possibile gestire una serie di attività, dall’organizzazione del Convegno alla pubblicazione degli Atti.
Un ringraziamento va poi a Virginia Coda Nunziante, Roberto Palaia e Fabio Marcelli, che, nei loro ‘saluti’, hanno tra l’altro confermato l’interesse e l’impegno del CNR e dell’ISGI sulle problematiche ambientali, come dimostrano le numerose attività dell’Ente nel quadro del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).
È invece merito dei presidenti delle tre sessioni in cui si sono articolati i lavori, Francesco Francioni, Sergio Marchisio e Tullio Scovazzi, riconosciuti ‘maestri’ di fama mondiale del diritto internazionale dell’ambiente, aver indirizzato tutti gli interventi verso un interrogativo di fondo, quello relativo alla regressione o al rischio di regressione del diritto ambientale. Della loro partecipazione e del loro contributo agli Atti sono grati tutti i membri del Gruppo DASS, non solo quelli direttamente coinvolti nei lavori.
Infine, è stato un piacere collaborare e dialogare con i colleghi e amici Nicola Colacino, Francesco Munari, Massimiliano Montini, Susanna Quadri e Elisa Ruozzi, che fanno parte di un Gruppo di interesse, quello DASS SIDI, che al momento annovera circa 50 membri provenienti da oltre 20 università e istituti pubblici di ricerca, che hanno partecipato all’ideazione dell’iniziativa e si propongono – come l’ISGI CNR – di continuare il cammino intrapreso con attività e progetti utili anche ai fini della definizione di nuovi modelli di governance ambientale e nuove misure per la tutela dell’ambiente e lo sviluppo sostenibile nel diritto internazionale e nel diritto dell’Unione europea.