Autore: Gianni Caridi – 20/09/2020
“Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”
Probabilmente quando Giuseppe Tomasi di Lampedusa scriveva questa frase non pensava al calcio, ma mai come oggi tale frase sembra calzare a pennello a quell’ibrido rimasto in mezzo alla mutazione fra sport e spettacolo che è il calcio nostrano. Gli italiani, si sa, sono fatti così. Si sentono confortati dalla certezza che mai nulla cambierà, anche perché questo status di immobilismo gli permette sempre di potersi lamentare e dare la colpa a qualcun altro e continuare a tirare a campare.
In questi ultimi 30 anni abbiamo visto il calcio nostrano, fiore all’occhiello del nostro amato, ma sgangherato, Paese, appassire fino ad essere oramai relegato quasi ai margini del grande calcio. Una squadra italiana non vince una competizione internazionale da ormai 10 anni. Sia chiaro il calcio negli altri paesi, nonostante risultati sportivi internazionali nettamente migliori, non se la passa poi troppo meglio. Bundesliga, Ligue 1 e Serie A sono ormai diventati degli stagni dove uno squalo la fa da padrone.
Poco diverso il discorso nella Liga spagnola, dove gli squali sono due. C’è un’eccezione e si trova, ormai, dal 31 gennaio scorso, anche ufficialmente, fuori dall’Europa. Eh sì perché l’Inghilterra geograficamente si trova in Europa ma gli inglesi no. Quegli isolani si sono sempre sentiti diversi da noi continentali. Loro hanno il Commonwealth, è quello il loro “continente” di riferimento. E come dargli torto, un “continente” composto da paesi fra loro diversi in tutto, ma tutti ancorati ai medesimi principi liberali indiscutibili. In Inghilterra, ce lo dice la storia, non si cambia solo per far finta che qualcosa è cambiato, anzi in quel paese adorano le tradizioni, potessero non le cambierebbero mai.
Forse proprio per questo se decidono di cambiare qualcosa, allora il cambiamento deve essere utile e comportare un miglioramento. In Inghilterra, quando ce bisogno, si fanno vere e proprie rivoluzioni, ma senza bisogno di decapitare nessuno. Successe così che, nel 1992, ventidue squadre di FIRST DIVISION (l’equivalente inglese della nostra serie A) si ammutinarono abbandonando la FOOTBALL ASSOCIATION (equivalente della nostra FIGC) e fondarono un campionato a sé, la PREMIER LEAGUE. Pomo della discordia fu la contrattazione dei diritti TV; corsi e ricorsi storici, visto che circa 300 anni prima anche gli inglesi che vivevano in Nord America decisero di separarsi dalla madre patria per questioni economiche, all’epoca dazi della Corona.
Nel 1992 la neonata PREMIER LEAGUE (che per salvare le apparenze continua ad essere indicata, ma solo formalmente, sotto l’egida della FOOTBALL ASSOCIATION) lasciava lo sport alla propria Federazione di appartenenza e diventava a tutti gli effetti spettacolo. Oggi dopo 28 anni la PREMIER LEAGUE è una macchina da guerra. Ha creato un prodotto di intrattenimento, in ambito calcistico, senza eguali. Il fatto che gli anglosassoni avessero enormi capacità di creare e vendere spettacolo era già emerso quando i cugini rimasti in Nord America avevano creato dal nulla 3 sport nuovi (Baseball – Football americano – Basket) facendoli diventare spettacoli unici e riuscendo a venderli in tutti i paesi del mondo, anche nella cara e vecchia Europa, dove questi sport non si praticavano nemmeno.
Ma sti anglosassoni avranno qualche difetto? Verrebbe da chiedersi. Si, certo, la presunzione. Infatti, se è vero che nella creazione di eventi e spettacoli sono i numeri uno è anche vero che nello sport vero e proprio lasciano un po’ a desiderare. Gli inglesi non vincono con la propria nazionale nulla da una vita (1966) E nel rugby si sono accorti che i cugini neozelandesi e quelli sud africani hanno qualcosa in più, tendenzialmente su 10 incontri li piallano almeno 7 volte. I cugini americani, forse consapevoli della loro presunzione, sono stati più furbi, gli sport se li sono inventati ex novo così sono rimasti ancora i più forti, in quegli sport. Ma il continente che fa? Non può continuare a girarsi su se stesso inutilmente con cambiamenti fittizi che servono solo a mantenere l’equilibrio delle poltrone. Anche per ilo continente è giunto il momento di dividere lo spettacolo dallo sport.
La lezione degli inglesi è chiara, il Business si fa con lo spettacolo e non con lo sport, quindi un solo organismo che legifera per l’uno e per l’altro non va bene, perché alla fine non farà bene né allo spettacolo né allo sport. La Champions League – è ormai un decennio, se non più – che indica la strada maestra da seguire. L’arrivo di questa strada si chiama Super Lega Europea. Un mare aperto dove gli squali possano nuotare senza limiti, lasciando gli stagni alle creature più piccole. Con una super lega europea finalmente i campionati nazionali potranno tornare ad essere una competizione esclusivamente sportiva, così come i romantici desiderano da tempo, con tanto di campanilismi e favole di provincia.
Certo rimarrebbero stagni, ma finalmente liberi da predatori sovradimensionati. Ma quindi il Continente dovrebbe limitarsi a copiare gli inglesi? No! C’è un sistema ancora migliore da cui attingere, si chiama NBA. Un sistema fatto di tetti salariali e DRAFT nei quali le squadre cha hanno finito la stagione negli ultimi posti hanno diritto di scegliere per primi i nuovi talenti emergenti del Basket mondiale. Così capita che Micheal Jordan finisce ai Chicago Bulls, una squadra che non aveva mai vinto nulla, anziché ai più quotati Leakers o Celtics, e riscrive la storia del Basket.
Sono due regole, solo due, che però porterebbero il calcio ad un livello di democraticità mai avuto prima, senza però necessariamente svilire la liberta imprenditoriale e le capacità economiche dei partecipanti. Tutto bello vero? Ma se c’è una cosa che la storia ci ha insegnato è che l’Europa non esiste (se non come zona geografica). Ci sono, al più, organismi che sono rappresentativi delle singole nazioni, con membri portatori di interessi meramente nazionali. Non esiste un popolo europeo e non esiste una classe dirigente europea.
Quindi? E quindi forse ci dovremo rassegnare a continuare a guardare, in mezzo alla settimana, la Champions League, la coppa delle squadre delle nazioni europee e il fine settimana potremo continuare a guardare quanto è bella la Premier rispetto alla nostra serie A.