Autore: Lisa Caramanno – 01/02/2019
Alla vigilia delle prossime elezioni europee che, probabilmente, cambieranno il volto e le politiche dell’Unione Europa a causa dell’affacciarsi della vittoria dei partiti populisti, Lisa Caramanno, analista di Vision & Global Trends, ha intervistato la Professoressa Chiara Saraceno (una delle sociologhe italiane di maggior fama riconosciuta per i suoi importanti studi sulla famiglia, sulla questione femminile, sulla povertà e le politiche sociali)[1] autrice del libro “Il lavoro non basta. La povertà in Europa negli anni della crisi“ per capire se è possibile la creazione di una Unione Sociale, non solo economica, Europea.
Lisa Caramanno: Professoressa Chiara Saraceno, le elezioni europee sono imminenti, e per gran parte dell’opinione pubblica, l’Unione Europea rappresenta un complesso sistema burocratico capace di imporci solo sacrifici e privazioni. Ebbene, Bruxelles quanto è lontana dai bisogni dei suoi cittadini? E, da un punto di vista sociale, davvero l’Unione Europea si disinteressa dei più deboli?
Chiara Saraceno: L’Europa ha avuto un importante ruolo nel sollecitare gli stati membri a garantire diritti sociali minimi, tramite direttive (si pensi a quelle contro ogni tipo di discriminazione nel mercato del lavoro, e a quella sui congedi di maternità e genitoriali), raccomandazioni o la definizione di obiettivi comuni. È vero che negli ultimi anni questa spinta si è un po’ affievolita, e che la dimensione sociale ha avuto un sostegno più debole di quella economica e, soprattutto negli anni dell’austerity, è stata talvolta a questa sacrificata. Ma non dobbiamo neppure trascurare il fatto che sono talvolta gli stati stessi, o lobby potenti al loro interno, a contrastare un maggior ruolo della Unione Europea nella sfera sociale. Si pensi alle resistenze che ha incontrato l’European Social Pillar e la proposta di direttiva sui congedi. Vi è anche una difformità di vedute tra Parlamento Europeo e Commissione. Per questo è importante rafforzare il ruolo del Parlamento e eleggere persone e partiti che abbiano a cuore la creazione di una Unione Sociale, non solo economica, Europea.
Lisa Caramanno: Il capitalismo europeo pare sia una delle cause del fallimento del progetto dell’Unione Europea. Qual è la sua opinione al riguardo?
Chiara Saraceno: Non so se ci sia un “capitalismo europeo”. So che gli economisti distinguono, all’interno dell’Europa così come a livello mondiale, diversi tipi di capitalismo in base al tipo di mercato del lavoro, alle forme di regolazione e ai rapporti tra i diversi soggetti. Mi sembra, piuttosto, che l’Unione Europea non sia stata capace di contrastare la competizione distorta al proprio interno a causa di forme di tassazione differenziata da un paese all’altro (si pensi al caso del Lussemburgo), o di livelli salariali molto diversi. Non si è posto nessun freno alla libertà delle imprese di dislocarsi da un paese all’altro all’interno dell’Unione, indebolendo il controllo dei singoli paesi sulla propria base fiscale. Tantomeno l’Unione è stata in grado di mettere in campo meccanismi che impedissero l’aumento nei divari di remunerazione del lavoro.
Lisa Caramanno: Lo stato sociale è uno dei pilastri fondamentali dell’Unione Europea, oltre che una tutela imprescindibile per noi cittadini europei. A fronte degli attuali cambiamenti tecnologici e demografici, in questa Europa dai confini così labili, quale futuro ci attende in merito? Abbiamo già una moneta comune, ci serve ed è possibile anche un welfare comune?
Chiara Saraceno: Un welfare comune è difficile, ma si può lavorare da un lato, per migliorare gli standard comuni, dall’altro per un bilancio comune che costituisca una garanzia di ultima istanza. Nel dibattito in corso c’è chi pensa che l’Unione europea potrebbe fornire una assicurazione contro la disoccupazione di secondo livello, altri che invece danno la priorità a una garanzia di reddito minimo[2]
Lisa Caramanno: Cosa significa fare innovazione sociale in ambito europeo? Quali i tipi d’investimento?
Chiara Saraceno: Le vere innovazioni consisterebbero da un lato nel non separare più, e gerarchizzare, dimensione sociale ed economica, ma affrontarne l’intreccio in modo sistematico e coerente, dall’altro nel prendere sul serio la cittadinanza europea come cittadinanza comune, rispetto alla quale si hanno diritti e doveri comuni come cittadini, dove la circolazione delle persone e delle imprese non è una corsa competitiva al maggior vantaggio (e quindi allo scarico dello svantaggio su qualcun altro). Innovazione di prospettiva quindi.
Lisa Caramanno: A suo parere, il sistema politico che uscirà dalle urne di maggio 2019, quali misure necessarie dovrebbe mettere in campo per innovare le politiche sociali dell’Unione Europea?
Chiara Saraceno: La realizzazione dello European Social Pillar in tutte le sue parti, anche con il sostegno di un bilancio europeo ad hoc sarebbe sicuramente opportuna. Purtroppo temo che gli equilibri politici che usciranno dalle urne non saranno favorevoli a questo ed anzi sosterranno un’ulteriore riduzione dell’intervento europeo. Anche perché chi deciderà della composizione della Commissione non sarà il Parlamento, ma i paesi, ove la presenza di paesi esplicitamente o anche implicitamente sovranisti è forte. Anzi una recente indagine dell’eurobarometro segnala che i cittadini europei sarebbero più favorevoli a forme di solidarietà intra-europea dei loro governanti[3].
Lisa Caramanno: Uno dei suoi ultimi libri si intitola “Il lavoro non basta. La povertà in Europa negli anni della crisi”. Secondo la sua tesi, la crescita dell’occupazione da sola non è sufficiente a contrastare il fenomeno della povertà. E, visto che uno degli obiettivi della strategia decennale per la crescita e l’occupazione “Europa 2020” è quello di ridurre di 20 milioni le persone in condizione di povertà ed esclusione sociale entro il 2020, quale strategia per la lotta alla povertà? Servono politiche fiscali comuni? magari più giuste, più progressive?
Chiara Saraceno: Come è noto, la recessione e il trattamento fatto alla Grecia hanno mostrato non solo quanto fosse difficile realizzare quell’obiettivo (ridurre drasticamente la povertà è anche uno degli obiettivi per lo sviluppo sostenibile), ma quanto esso fosse secondario rispetto alle decisioni di politica economica e di austerity (tardivamente riconosciuto come sbagliate). Ciò detto, sicuramente occorre aumentare l’occupazione, in particolare delle donne, specie in paesi come l’Italia dove essa è bassa e ci sono molte famiglie di lavoratori, specie mono-reddito) che sono povere. Ma per aumentare l’occupazione femminile occorre anche sviluppare politiche di conciliazione lavoro-famiglia. E per evitare che ci siano working poor su base individuale ma soprattutto famigliare occorre anche che l’Europa si impegni per garantire salari decenti (è anche una proposta uscita di recente dall’ILO. Occorre anche insistere perché in tutti i paesi, nel rispetto del sistema di welfare proprio di ciascuno, ci siano adeguati trasferimenti – diretti o indiretti – per il costo dei figli. Infine, l’idea di un reddito minimo di garanzia, non al posto del lavoro, ma neppure in alternativa ad esso, deve essere promossa e sostenuta anche con parziali finanziamenti europei. A questo scopo un bilancio sociale comune più sostanzioso dell’attuale (finanziato da alcune tasse comuni sulla ricchezza, le transazioni e le emissioni carboniche), ma anche una revisione e un più accurato monitoraggio di come viene allocato e speso il fondo sociale europeo.
Lisa Caramanno: In alcuni paesi del Nord Europa si sta sperimentando la riduzione dell’orario di lavoro. Quest’ultima misura potrebbe aumentare la quantità e la qualità dell’occupazione?
Chiara Saraceno: Non è empiricamente provato che “lavorare meno, lavorare tutti” funzioni. Potrebbe persino ridurre la domanda di lavoro, ad esempio nei servizi, perché si potrebbero fare da sé cose che, con orari di lavoro lunghi, si delegano al mercato. Ma certo è una strada più promettente, non solo per un possibile aumento della domanda di lavoro, ma per la qualità della vita, di quella dei lavori forzati.
Note:
[1] Chiara Saraceno, Honorary Fellow del Collegio Carlo Alberto, Moncalieri/Torino (v. www.carloalberto.org). New books: L’equivoco della famiglia, Laterza 2017; Mamme e papà. Gli esami non finiscono mai, il Mulino 2016. Si veda “A European Social Union should address the causes of growing inequalities” by Chiara Saraceno su http://www.euvisions.eu/european-social-union-the-causes-of-growing-inequalities/.
[2] In merito, si sta sviluppando un interessante dibattito: http://www.euvisions.eu/issues/europea-social-union-public-forum-debate/.
[3] Sul punto si veda una ricerca sulle opinioni dei cittadini dell’UE sull’assicurazione contro la disoccupazione: http://aissr.uva.nl/content/news/2018/12/eurs.html?origin=%2ByxIdW4bRwCjN8rZP%2BdJdA.
Chiara Saraceno è una sociologa e filosofa italiana.
Laureata in filosofia, fino al 2008 è stata docente di Sociologia della Famiglia presso la facoltà di scienze politiche all’università di Torino. Dall’ottobre 2006 a giugno 2011 è stata professore di ricerca presso il Wissenschaftszentrum für Sozialforschung di Berlino. Attualmente è honorary fellow al Collegio Carlo Alberto di Torino. Chiara Saraceno è una delle sociologhe italiane di maggior fama. Importanti i suoi studi sulla famiglia, sulla questione femminile, sulla povertà e le politiche sociali. Ha ricoperto numerosi incarichi accademici, anche a livello internazionale, e istituzionali in Italia. Ha partecipato a due commissioni governative sugli studi sulla povertà, la prima, presieduta da Ermanno Gorrieri, voluta dall’allora presidente del consiglio Bettino Craxi, successivamente , dal 1996 al 2001, a quella istituita dall’allora ministro della solidarietà sociale Livia Turco. Tra il 1999 e il 2001 ne è anche stata la presidente. Chiara Saraceno è anche collaboratrice dei siti lavoce.info, neodemos.it, sbilanciamoci.info, ingenere.it ed editorialista del quotidiano la Repubblica. Nel 2005 è stata nominata Grand’ufficiale della Repubblica Italiana dal Presidente Carlo Azeglio Ciampi. Nel 2011 è stata nominata corresponding fellow della British Academy.[4] Nel 2017 ha ricevuto il Premio Feronia-Città di Fiano.
Questa intervista è pubblicata nell’ambito del Platform Europe Project
Contributi precedenti
Andrey Kortunov: What Kind of Europe Does Russia Need?
Côme Carpentier de Gourdon: For a New Alliance among European Countries
Alexey Gromyko: Political Landscape of Europe. The Spectre of Geopolitical Solitude
Iurie Roșca: Towards Continental Unity
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Vincenzo Maddaloni: L’onda dei salvinisti frantuma l’unità dell’europa
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