Autore: Aniello Inverso – 28/07/2024
Elham Makdoum, nel testo “La geopolitica delle criptovalute” (Castelvecchi, 2024), affronta il complesso e dinamico rapporto tra criptovalute e geopolitica globale. Il libro esamina come le valute digitali stiano ridefinendo le dinamiche della politica internazionale e dei conflitti, diventando strumenti potenti nelle mani di stati e attori non statali. Nei capitoli, l’autrice analizza temi come l’utilizzo delle criptovalute nel finanziamento del terrorismo, le guerre moderne sostenute da fondi criptovalutari, l’uso delle criptovalute nel crimine organizzato e l’emergente battaglia globale nel criptoverso. Attraverso esempi concreti e dettagliati, dimostra come le criptovalute stiano trasformando non solo l’economia globale, ma anche la sicurezza internazionale.
L’autrice introducendo il concetto di framing cognitivo spiega come le criptovalute siano percepite e interpretate diversamente nei vari scenari geopolitici. Nei paesi occidentali, spesso sono viste con sospetto, considerate una truffa o una bolla speculativa, creando un divario con le nazioni che ne comprendono, invece, il valore strategico.
Per far assimilare al meglio al lettore questo fenomeno, l’autrice utilizza il paradosso di Kerckhoffs, tramite il quale si può capire come la crittografia, un pilastro dei movimenti cypherpunk e delle criptovalute, venga accolta con sospetto e ostilità nelle democrazie occidentali, mentre diventa una potente arma nelle mani di autocrazie e dittature. Un esempio emblematico di questo paradosso è la Cina. Da un lato, limita severamente l’uso delle criptovalute sul proprio territorio; dall’altro, mina bitcoin in Texas e finanzia operazioni di guerra ibrida con le criptovalute ottenute attraverso il contrabbando degli oppioidi con i narcos messicani. Allo stesso tempo, negli Stati Uniti, il dibattito politico sulle criptovalute è polarizzato. La senatrice Elizabeth Warren, con le sue crociate criptofobiche, incarna una posizione che mescola censura, negazione, repressione e ambizioni di regolamentazione. Il cuore del paradosso di Kerckhoffs risiede quindi nella libertà e nelle sue distorsioni. L’anarchismo liberale che caratterizza le criptovalute non riesce a trovare il giusto spazio nel mondo occidentale, che si vanta di essere il baluardo delle libertà. Questo strumento, tra i più anarco-liberali mai inventati, si scontra con una realtà che ne limita il potenziale proprio nei paesi che dovrebbero valorizzarlo maggiormente. L’autrice cita a tal proposito Edward Snowden noto oppositore della sorveglianza di massa che vede nelle criptovalute uno strumento per proteggere le libertà individuali.
Attraverso l’introduzione del libro, Elham Makdoum spiega al lettore le diverse dinamiche sovranazionali che hanno influenzato e portato alla produzione delle monete digitali. La storia delle criptovalute inizia nel 1985 con David Chaum, seguito da Timothy C. May con “The Crypto Anarchist Manifesto” e Eric Hughes con “A Cypherpunk’s Manifesto“. Questi pionieri hanno gettato le basi per la moneta digitale anonima, influenzando Satoshi Nakamoto nello sviluppo del Bitcoin durante la Grande Recessione del 2008.
Makdoum esamina il ruolo politico e rivoluzionario del Bitcoin, evidenziando come anche se sono state create per garantire un’alternativa anonima, attraverso la crittografia, al sistema finanziario odierno basato sulla tracciabilità delle operazioni, sono diventate strumenti per l’approvvigionamento di risorse nei conflitti che tendono a plasmare i futuri equilibri globali, figurando nelle agende del crimine transnazionale, degli Stati e degli anti-Stati. L’autrice esplora, quindi, come le criptovalute abbiano trasfigurato la geoeconomia, le guerre e il terrorismo, con esempi come il cripto-terrorismo di Al-Qāʿida e del Dāʿish (ISIS), la cripto-guerriglia di Ḥamās e la cripto-criminalità della Corea del Nord.
L’Autrice dedica il primo capitolo a un’analisi dettagliata di come il fondamentalismo islamico sfrutta le criptovalute. L’autrice afferma che dal 2012 Al-Qāʿida ha iniziato ad usufruire delle criptovalute come mezzo di finanziamento per le proprio attività eversive. Questo periodo coincide con un panorama mondiale turbolento, caratterizzato dalla riconferma di Barack Obama alla presidenza degli Stati Uniti, dalla crisi dell’Eurozona e dalla guerra civile siriana. Mentre questi eventi occupavano le prime pagine, Al-Qāʿida lavorava silenziosamente per integrare le criptovalute nelle sue operazioni finanziarie, segnando l’inizio di una nuova era di finanziamento al terrorismo.
L’organizzazione iniziò a sperimentare l’uso del Bitcoin, vedendolo come uno strumento per sfidare il sistema bancario occidentale, ritenuto corrotto e oppressivo dai jihadisti. Il primo esperimento di Al-Qāʿida con le criptovalute fu una raccolta fondi che, sebbene non avesse prodotto risultati economici significativi, segnò l’inizio di un cambiamento ideologico e tattico. Le criptovalute permettevano transazioni anonime e internazionali, rendendole ideali per finanziare operazioni illecite e acquistare armi nei mercati neri del deep web.
Makdoum, successivamente, prosegue descrivendo il primo significativo cripto-attentato. Il 7 gennaio 2015 Parigi fu scossa da un violento attacco terroristico alla sede di “Charlie Hebdo”, questo attacco, come spiega l’autrice, fu finanziato in parte con Bitcoin, dimostrando l’efficacia delle criptovalute nel finanziare il terrorismo panislamico internazionale. Parallelamente ad Al-Qāʿida, l’autrice rende chiaro come anche il Dāʿish (ISIS) si affermava come pioniere dei cripto-reati per scopi terroristici. Due figure emblematiche di questo periodo sono Ardit Ferizi e Zoobia Shahnaz. Ferizi, noto come “The Albanian Hacker“, utilizzò attacchi ransomware per ottenere Bitcoin da inviare ai suoi commilitoni nel Sirach. Shahnaz, invece, attraverso una tecnica di laboratorio frodò banche e istituti di credito convertendo il denaro rubato in criptovalute che trasferì al Dāʿish.
Entrambi furono catturati e condannati, ma le loro azioni erano state un ulteriore banco di prova volto a dimostrare l’uso sofisticato delle criptovalute da parte dei jihadisti.
Makdoum dedica anche spazio alla campagna di raccolta fondi Jahezona, lanciata nel 2015 dal Consiglio della Shūrā dei Mujāhidīn. Utilizzando piattaforme social come Twitter, Facebook, Telegram e YouTube, la campagna riuscì a raccogliere criptovalute per finanziare attentati in Israele. Jahezona fu chiusa nel 2018 dopo aver minato criptovalute per un valore di 300.000 dollari.
Sempre sul finanziamento al terrorismo di matrice islamica l’autrice esamina le attività di D-Company e Boko Haram. La prima guidata da Dawood Ibrahim, il padrino della mafia di Mumbai, che ha sfruttato le criptovalute per sostenere le sue operazioni criminali e terroristiche, convertendo il patrimonio della D-Company in criptovalute, utilizzandole, poi, per il traffico di droga, scommesse illegali ed estorsioni. Non solo, durante la pandemia del Covid-19, la D-Company ha mantenuto i suoi affari grazie all’uso delle criptovalute, evidenziando la loro capacità di sostenere operazioni criminali su larga scala.
Boko Haram, invece, organizzazione criminale di matrice jihadista attiva in Nigeria, ha utilizzato anch’essa le criptovalute per finanziare le sue attività terroristiche. Con una storia di violenza e insurrezione Boko Haram ha sfruttato le criptovalute per riciclare e reimpiegare i proventi delle sue attività illegali. Nonostante la campagna di sensibilizzazione contro le criptovalute avviata dal governo nigeriano nel 2017, Boko Haram era già profondamente immerso nel criptoverso. La risposta tardiva e inefficace del governo ha permesso all’organizzazione poli-criminale di continuare a utilizzare le criptovalute per finanziare le sue operazioni.
Le tecniche e gli strumenti utilizzati dal Crypto-Jihād hanno evidenziando l’importanza dei cold wallets e dei mixer di criptovalute, senza i quali le loro attività non avrebbero avuto l’esito da loro sperato. In quanto, i cold wallets, spiega l’autrice, permettono di conservare le criptovalute offline, rendono difficile per le autorità di contrasto tracciare e confiscare i fondi, mentre i mixer di criptovalute, confondono le transazioni permettono ai jihadisti di effettuare transazione anonime e sicure, all’interno del dark wallet (progettato anch’esso per garantire l’anonimato delle transazioni).
Il secondo capitolo del libro di Elham Makdoum offre, un’altrettanta visione problematica e allarmante dell’utilizzo della moneta digitale. Infatti, l’autrice spiega al lettore come le criptovalute abbiano radicalmente trasformato, anche, il panorama delle guerre moderne. Le valute digitali, grazie alla loro natura anonima e decentralizzata, hanno creato una nuova dimensione del conflitto definita “criptoverso”.
Makdoum descrive con dovizia di particolari come il criptoverso sia diventato un terreno fertile per le guerre convenzionali e non convenzionali. Un esempio emblematico è il conflitto russo-ucraino. Sin dall’invasione russa nel febbraio 2022, l’Ucraina ha lanciato una campagna di crypto-crowdfunding che ha raccolto milioni di dollari in criptovalute in pochi giorni. Questi fondi sono stati cruciali per l’acquisto di armi, munizioni, equipaggiamenti medici, ma anche, per il sostegno del bilancio pubblico ucraino. Infatti, L’Ukraine Crypto-Fund, creato in collaborazione con la crypto-exchange FTX e altre organizzazioni, ha dimostrato l’importanza delle criptovalute nel contesto delle guerre moderne, raccogliendo 225 milioni di dollari entro la metà del 2023.
La risposta della Russia è stata altrettanto sofisticata e tempestiva. Immergendosi nel dark web, la Russia ha utilizzato i darknet market illegali e organizzato operazioni di hacking per generare risorse finanziarie. I darknet market russi hanno prodotto oltre un miliardo di dollari nel 2022, riciclati attraverso crypto-exchange russe come Hydra e Garantex. Questo flusso di denaro illecito ha permesso alla Russia di resistere alle sanzioni economiche, finanziando le sue operazioni militari. Gli hacker russi, attraverso campagne fraudolente su blockchain e collaborazioni con hacker nordcoreani, hanno raccolto risorse significative per sostenere l’invasione.
Makdoum ha introdotto anche il concetto di cripto-guerriglia, particolarmente evidente nella questione palestinese, dove Hamas ha utilizzato le criptovalute per finanziare operazioni militari, come dimostrato dall’attacco del 7 ottobre 2023, ribattezzato operazione Al-Aqṣā Storm. Nonostante gli sforzi di Israele per limitare l’uso delle criptovalute, Hamas ha continuato a raccogliere significativi fondi attraverso metodi innovativi, acquistando, anch’essa, successivamente armi sui darknet market illegali e attraverso la lecito vestizione ha reimpiegato i proventi reinvestendoli e speculandoci sopra.
Nel terzo capitolo l’autrice, invece, porta il lettore alla comprensione della complessa e dannosa alleanza tra la Cina e i cartelli della droga messicani, mettendo in luce come le criptovalute abbiano creato una nuova moneta di scambio per il crimine organizzato transazionale. L’autrice segnala, quindi, come le criptovalute svolgono un ruolo determinante, anche in questa dinamica, permettendo pagamenti sicuri, veloci e difficili da tracciare oltre a facilitare il traffico di stupefacenti, rendendo ancora più difficile le attività di contrasto delle autorità preposte. A tal proposito, l’autrice, cita Nouriel Roubini, il quale, descrive, appunto, le criptovalute come il motore di un’industria criminale che ha ampliato la portata e l’efficacia delle attività illecite.
L’autrice come caso studio espone la problematica della crisi degli oppioidi, che ha causato oltre un milione di morti negli Stati Uniti dal 1999 al 2023. Il fentanyl, responsabile della maggior parte di questi decessi, è al centro di una strategia cinese di destabilizzazione degli Stati Uniti, realizzata attraverso il traffico di oppioidi che viene finanziata dalle monete digitali.
A tal proposito l’autrice, fortifica la sua analisi, facendo riferimento alle teorie di Qiao Liang e Wang Xiangsui nel loro libro “Guerra senza limiti”, dove si denuncia il Governo di Pechino che usa le droghe come arma di destabilizzazione interna per un altro paese. E la crisi degli oppioidi, diventata poi pandemia, negli Stati Uniti è un esempio di questa nuova forma di conflitto, dove oppioidi sono diventati un “serial killer” silente negli Stati Uniti, che ha provocando un’escalation di overdosi causando un declino sociale ed economico.
Nel quarto capitolo l’autrice espone le complessità e le implicazioni di questa rivoluzione tecno-finanziaria mostrando come le criptovalute stanno incidendo nel cambiando del panorama delle relazioni internazionali, sottolineando come le monete digitali resistano alla regolamentazioni sovranazionale e statali. La blockchain, creata per sfuggire alla sorveglianza di massa, è un elemento chiave in questa dinamica. Gli eventi come il duro colpo contro Binance nel 2023, l’interesse del gruppo BRICS+ per le criptovalute e la lunga scia di morti misteriose legate a figure prominenti nel mondo delle criptovalute, sono esempi del tumulto e del potenziale pericolo insito in questo nuovo ecosistema finanziario.
Gli Stati Uniti, pur essendo entrati in ritardo nel criptoverso, hanno subito perdite significative ma hanno anche colpito figure di spicco come Changpeng Zhao della stessa Binance pocanzi citata e Justin Sun di Tron. La Cina, nonostante la sua apparente ostilità verso le criptovalute, ha finanziato mining farm clandestine in tutto il mondo. Paesi come Cuba ed El Salvador hanno abbracciato il fenomeno crypto, dimostrando che le criptovalute non sono solo un mezzo di transazione, ma anche uno strumento di potere geopolitico.
In relazione al gruppo BRICS+, che include Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica e altri paesi emergenti. Con il 45% della popolazione mondiale e il 35,6% del PIL globale, l’autrice esamina come le criptovalute stiano trasformando il panorama economico globale sfidando la “dollarocrazia”. A tal proposito stanno considerando la creazione di una moneta comune digitale, la R5, sostenuta dall’oro, che faciliterebbe gli scambi tra i membri senza dipendere più dalla moneta statunitense. Progetti pilota, come una stablecoin tra Russia e Iran, e gli sforzi di adozione delle criptovalute da parte di Emirati Arabi Uniti, Brasile e Sudafrica, indicano progressi significativi su tale prospettiva.
L’autrice approfondisce, anche, l’influenza della Corea del Nord nel criptoverso, evidenziando come, nonostante la limitata connessione a Internet del paese, la Corea del Nord sia una delle maggiori potenze dell’hackeraggio globale. Il Gruppo Lazarus, un collettivo di cybercriminali nordcoreani, è diventato famoso per la sua abilità nel rubare criptovalute, aggiungendo le cripto-rapine al suo portafoglio criminale per risolvere i problemi di liquidità causati dalle sanzioni internazionali nei confronti del loro stato.
Makdoum osserva anche la trasformazione della Dottrina Monroe in una giustificazione per l’egemonia statunitense. Oggi, l’influenza cinese, russa e iraniana cresce, e le criptovalute rappresentano, come stato già specificato, una minaccia al dominio finanziario degli Stati Uniti. Il fallimento del petro, la criptovaluta di Stato venezuelana, illustra come le criptovalute possano essere, si utilizzate per sfidare l’egemonia del dollaro, ma mostra anche la loro vulnerabilità e instabilità.
Nella conclusione del testo l’autrice segnala come il 10 gennaio 2024 è diventata una data storica per le criptovalute. La Securities and Exchange Commission statunitense ha approvato le richieste di BlackRock e altri giganti della finanza speculativa, formalizzando l’ingresso di Wall Street nel criptoverso. Questo evento ha portato vantaggi come maggiore accessibilità e regolamentazione, ma anche svantaggi come un aumento dei costi di gestione e della volatilità. La comunità dei cripto ha accolto con entusiasmo l’ingresso di Wall Street, mentre i cypherpunk, fedeli al progetto originale del bitcoin, hanno visto la mossa come un tradimento della sua identità rivoluzionaria e anarco-liberale.
Concludendo “La geopolitica delle criptovalute” di Elham Makdoum offre una visione approfondita e realista di come le criptovalute stiano rimodellando il panorama geopolitico globale. Grazie ad un’analisi meticolosa e dettagliata, l’autrice ha dimostrato come queste valute digitali non solo hanno trasformato l’economia globale ma hanno influenzato profondamente la sicurezza internazionale, le strategie statali e le dinamiche del crimine organizzato transazionale.
Guardando al futuro, è evidente che le criptovalute continueranno a svolgere un ruolo sempre più significativo e complesso nelle relazioni internazionali. La loro natura decentralizzata e anonima le rende strumenti potenti per l’innovazione economica e, purtroppo, anche per attività destabilizzanti. Gli Stati e le Organizzazioni Internazionali dovranno quindi sviluppare strategie più sofisticate e regolamentazioni più efficaci per gestire questa nuova realtà.