Autore: Marco Centaro – 10/06/2023
“Kazakistan: fine di un’epoca. Trent’anni di neoliberismo e geopolitica nel cuore della Terra” (Mimesis, 2023), libro di Fabrizio Vielmini, nasce sul desiderio di comprendere la natura delle rivolte avvenute nel paese durante il “gennaio di sangue” del 2022, e la conseguente repressione attuata dal regime grazie al dispositivo militare russo. Il tentativo, più in generale, è quello di analizzare un paese estremamente sottovalutato, inserito in una cornice geografica che all’improvviso è diventata strategica alla luce dell’attuale conflitto russo-ucraino.
Il libro analizza la storia del Kazakistan andando oltre la Cortina di ferro della Guerra fredda, entrando nelle dinamiche che hanno portato il paese a passare da un sistema tribale ad un regime economico socialista, e poi ad uno liberista di stampo occidentale, a seguito del crollo dell’Unione Sovietica. L’autore intende tessere un unico filo, che intrecci tra loro le influenze Occidentali del post-guerra fredda, l’ascesa e le pretese della Cina, ma, soprattutto, una Russia che storicamente rappresenta più di un semplice vicino della porta accanto. L’Asia centrale è il punto di incontro di queste tre portanti direttrici geopolitiche.
Il Kazakistan occupa la parte centrale del continente eurasiatico, svolgendo quindi la fondamentale funzione di crocevia dell’Eurasia, con il potenziale di connettere l’Oceano Pacifico e l’Europa occidentale. Sulle sue steppe si sono incontrate e mescolate numerose civiltà e religioni: iraniche, turciche, mongole, buddiste, cristiane, musulmane, confuciane ecc. Il suo territorio si configura essenzialmente come “un caleidoscopio di oltre cento nazionalità”.
Storicamente e culturalmente legato alla Russia, paese con cui condivide il confine geografico più lungo al mondo, la sua società si basa su un sistema tribale e comunitario diviso per clan, che riesce a sposarsi (e poi modernizzarsi) con il regime sovietico imposto durante buona parte del XX secolo. A seguito del 1991, però, nel tentativo di evitare il default, il Kazakistan finisce nell’orbita del sistema neoliberale fondato sul Washington consensus: un meccanismo che conduce il paese sul binario della “democrazia guidata”, al solo fine di aprirsi agli investimenti predatori del Blocco Atlantico, guidato da Stati Uniti e Gran Bretagna.
L’autore, infatti, spiega come i processi neoliberali di sfruttamento delle risorse, e l’apertura del sistema a influenze culturali globali, gettino in realtà le fondamenta per gravi contraddizioni, destinate ad avere serie ripercussioni, come dimostrano i tragici eventi del 2022.
L’Elbasy (leader della nazione) Nazarbaev, infatti, ebbe modo di intessere fin dall’indipendenza relazioni diplomatiche con attori provenienti da tutti i quadranti geopolitici in uno sforzo di “multivettorialità”. Una tale manovra permise al paese di risollevarsi economicamente, visto l’enorme afflusso di capitali esteri, finendo tuttavia per creare all’interno della classe dirigente una ristretta cerchia famigliare, basata sulla kinship clanica, che avrebbe poi controllato tutto il sistema paese attraverso il neopatrimonialismo.
Per quasi trent’anni Nazarbaev guidò la neonata nazione con politiche personalistiche e autoritarie, svendendo il patrimonio di risorse energetiche presenti sul territorio, pur facendo trasparire una transizione verso la democrazia.
Vedendosi abitato da numerosissime e differenti nazionalità, il Kazakistan subisce l’influenza dei rispettivi Stati, e deve cercare di bilanciare gli interessi, spesso in contrasto, delle potenze che agiscono sul suo tessuto politico e sociale. L’autore, capitolo per capitolo, illustra brillantemente la catena di relazioni che il paese deve mantenere al fine di evitare il collasso, trovandosi ad equilibrare le politiche ingerenti di Russia, Cina, Blocco Atlantico e Turchia principalmente. Un eccessivo schieramento a favore di uno comporterebbe ritorsioni e sanzioni da parte degli altri.
Il Kazakistan ospita, per esemplificare, importanti gruppi di etnia slava (eredità sovietica), ma contemporaneamente deve chiudere un occhio sulla questione Uigura al confine cinese, se non vuole perdere l’importante fetta di investimenti provenienti dal “Dragone”. Molto presenti, specialmente nel sud, sono inoltre le comunità turche nonché islamiche; queste ultime spesso confliggono con le pratiche liberali che largamente si sono diffuse a partire dagli anni ’90 grazie al soft power anglo-americano.
Viene dunque evidenziato il ruolo strategico che il Kazakistan ricopre sullo scacchiere geopolitico non solo regionale, bensì globale.
Essendo il punto di raccordo tra i principali attori del sistema internazionale, il paese ha spesso dovuto fare i conti con le contraddizioni che un simile “Risiko” comporta, subendo sia gli effetti della crisi economica post-2008, sia la longa manus dell’ISIS.
In tutto ciò Vielmini traccia i riscontri positivi di simili dinamiche: il Kazakistan riesce, nel corso di questi trent’anni d’indipendenza, a destreggiarsi tra le contrapposte pretese delle potenze straniere, potendo quindi evitare scenari di crisi, grazie all’alta qualità dei rapporti diplomatici che riesce ad instaurare. Vengono inaugurati grandi progetti infrastrutturali (soprattutto nel settore energetico e dei trasporti), tali da poter unire direttamente l’Europa alla Cina, passando per l’Anatolia, il Caspio e le repubbliche caucasiche.
Il Kazakistan è quindi in grado di attrarre colossali investimenti, facendo leva soprattutto sulla concorrenza straniera. In questo modo può giocare a rialzo vendendo permessi ora a una potenza, ora ad un’altra, a seconda di come si evolvono le dinamiche geopolitiche globali.
Alla luce di quanto analizzato dall’autore, però, emerge il lato oscuro della multivettorialità kazaka: le esigenze popolari sono l’elemento che per il periodo dal crollo sovietico ad oggi, è stato più di tutti messo da parte. La larghissima fetta proletaria ha subito vessazioni continue da parte sia delle élite tribali, sia degli investitori stranieri, responsabili di politiche di sfruttamento nei confronti delle varie comunità locali. Il neoliberismo, in questo senso, si dimostra estremamente deumanizzante, poiché accentua le differenze tra i vari gruppi etnici e causa tensioni che rappresentano il sintomo di una corruzione dilagante, volta ad arricchire pochissimi a scapito della maggioranza. Il Kazakistan, insomma, presenta un tessuto sociale poco coeso e tendente all’instabilità, nonché alla violenza.
Dopo aver tracciato le diverse sfumature dell’esperienza kazaka dagli anni ’90, Vielmini passa all’attualità, analizzando le principali dinamiche in corso nel paese.
A partire dal 2019 il Kazakistan ha visto un importante cambio nella leadership, ora in mano al Presidente Tokaev (successo a Nazarbaev), che in parte sembra continuare sulla direttrice economica neoliberale definita da Elbasy prima di lui. Se questo è vero, dice l’autore, bisogna anche tenere conto del tentativo del nuovo Presidente di scrollarsi parte dell’eredità ricevuta, proponendo riforme di carattere istituzionale e costituzionale, dando così una nuova svolta al Kazakistan.
L’autore spiega, inoltre, che il susseguirsi di giochi di potere dentro il “palazzo reale”, come anche le gigantesche faglie che corrono tra le comunità del Kazakistan, costituiscono la scintilla che ha fatto scoppiare le rivolte di gennaio 2022, costringendo Tokaev a ricorrere all’alleato russo, tramite il TSCO (organizzazione internazionale per la sicurezza dei paesi dell’Asia centrale), per sedare le violenze e sfruttare l’occasione per consolidare la propria presa sul sistema elitario e patrimoniale, ormai tipico della politica kazaka.
Infine, bisogna considerare le conseguenze del conflitto russo-ucraino, pesantissime per il Kazakistan, il quale non ha un’economia sufficientemente diversificata per far fronte agli effetti delle sanzioni occidentali. Il conflitto mostra nuovamente come la sua stabilità dipenda dalla capacità della classe politica di muoversi tra i tanti “stakeholders” internazionali, intenzionati a ritagliarsi le proprie fette di influenza nel paese. In questo caso, il vuoto lasciato dalla Russia potrebbe essere colmato da Stati Uniti e Cina.
Il conflitto, le contraddizioni interne e i cambiamenti in seno al regime offrono all’autore tre ipotesi su futuri scenari che vengono delineate nella conclusione. In ciascuna di queste viene evidenziato il carattere perenne della multivettorialità come epiteto per eccellenza della politica estera kazaka. Il paese deve essere consapevole delle direttrici che spingono i diversi Stati verso la regione e i rischi che esse comportano. Se Tokaev sa che la Russia coltiva da sempre una sorta di Dottrina Monroe nei confronti del Kazakistan, deve sapere anche che gli Stati Uniti si muovono nell’area nel costante tentativo di Balcanizzarla per delimitare l’influenza della Russia stessa sull’Asia centrale. A ciò si aggiunga la rapida crescita della tentacolare influenza cinese, e la capacità del “Dragone” di proiettarsi nell’area anche eventualmente per difendere i propri investimenti dal rischio di instabilità.
In conclusione, il libro riesce perfettamente nell’intento di radiografare il Kazakistan e la sua condizione attuale, partendo da un excursus storico, e finendo per tratteggiare diversi scenari futuri. Questi ultimi sono tanto nebbiosi quanto incerta resta la situazione in Ucraina, dal momento che l’esito del conflitto avrebbe il potenziale di riplasmare completamente i rapporti di forza e i giochi geopolitici contemporanei.
Il Kazakistan resta il ponte tra Oriente ed Occidente, ed è pertanto auspicabile che non ci si dimentichi della sua importanza negli equilibri globali.
Marco Centaro – Laurea Triennale in Scienze per l’Investigazione e la Sicurezza con tesi su Travel Security, conseguita presso Università degli Studi di Perugia. Attualmente studente magistrale in Investigazione, Crminalità e Sicurezza Internazionale, presso l’Università degli Studi Internazionali di Roma. Stagista presso Vision & Global Trends International Institute for Global Analyses, nell’ambito del progetto Società Italiana di Geopolitica.
Il libro
Fabrizio Vielmini – Kazakistan: fine di un’epoca. Trent’anni di neoliberismo e geopolitica nel cuore della Terra
Prefazione di Aldo Ferrari
Mimesi Edizioni, 2023 – ISBN: 9788857590431
408 pp. – € 30, 40