Autore: Emanuela Irace – 19/03/2021
Guerres Invisibles è uno di quei libri che sfogliandolo sembra contenerne altri. Brevi capitoli autonomi ordinati per temi, analisi strutturate per comprendere una delle materie più complicate della contemporaneità, probabilmente la più complessa, e forse per questo, a parere di chi scrive, la più interessante.
Stiamo parlando di geopolitica e del libro di Thomas Gomart: “Guerres invisibles, nos prochains dèfis geopolitiques” (edizioni Tallandier, 2021, collana essais, 20.90 euro), un saggio che attraversa visibili e invisibili realtà fisiche e immateriali, politiche nazionali e organismi interstatuali. Tematiche su cui ragionare e fare i conti: dall’ambiente al commercio, dalla tecnologia alle disuguaglianze, dalla sorveglianza al controllo, senza tralasciare dissimulazione e digitale. Fa da cornice un quadro storico in cui si rincorrono visioni dai precedenti illustri, con citazioni di Machiavelli e Weber, Napoleone e Clausewitz, Bannon e Churchill, Assange e Saviano, solo per citarne alcuni, ciascuno con la propria immagine di mondo e interpretazione del futuro.
Un discorso di politica internazionale che accompagna una realtà mutevole e caotica. Sempre più immateriale e talmente centrata sulla tecnica da far perdere senso e visione di sé all’individuo che la abita. Un individuo ignaro dei meccanismi che lo regolano e, verrebbe da dire, che non si riconosce più autonomo e staccato dal tutto, tanto è diventato interno all’apparato in cui siamo immersi. Direttore dell’IFRI (Institut Francais des relations internationales), Thomas Gomart analizza lo spazio post pandemia sviluppando genesi e postura dei vari attori che competono sulla scacchiera mondo, all’ombra della potenza globale assunta dalla Cina. Sullo sfondo il tentativo di rimonta di Usa e Ue, insieme a quello di vecchi e nuovi emergenti. È il valzer delle potenze revisioniste e di quelle legate allo status quo. Tra Shift of power e Longue durée accompagna l’analisi rigorosa che non abiura all’immaginazione ma che anzi la richiede: forma di meditazione e pensiero che ascoltando scava, compara, toglie il superfluo, decodifica parole e contesto, tenendo sempre a mente che, come scriveva Hannah Arendt nel 1972: «L’inganno, la falsificazione deliberata e la menzogna pura e semplice impiegati come mezzi legittimi per raggiungere obiettivi politici fanno parte, da sempre, della Storia». Ecco una delle bussole che l’autore confessa di applicare quando ascolta o legge un discorso di politica internazionale. Hannah Arendt e l’economista Albert Hirschman hanno accompagnato meditazione e scrittura nella consapevolezza, scriveva Hirschman: «dell’incapacità delle scienze sociali di chiarire la questione delle conseguenze politiche della crescita economica».
Guerres Invisibles amplifica l’esercizio critico per smascherare l’indicibile, la quintessenza della guerra, quella non dichiarata. Il conflitto che ha per obiettivo la distruzione dei mezzi dell’avversario, l’attacco informatico che blocca le infrastrutture, senza le quali non è possibile agire. Anche l’uso della paura generalizzata può diventare più letale di un’arma, per vincere prima di combattere. Un salto di paradigma fa da sponda alle guerre ibride che utilizzano controllo tecnologico e manipolazione continua nei confronti di un avversario che resiste o soggiace a scontri non dichiarati e senza sangue. Scrive l’autore: «esplorando le leve sotterranee della mondializzazione appaiono grovigli difficili da districare tra logiche di pace e di guerra, affari interni ed esterni, attività civili e militari. È l’asimmetria delle interdipendenze tra chi subisce e chi strumentalizza senza violenza armata. Un paradosso, dal momento che le guerre invisibili sono simbolo della mancanza di volontà di ricorrere alla forza preferendo sanzioni economiche, operazioni di attacco informatico, esportazione della corruzione e soprattutto l’evergreen politico di chi ha i mezzi per manipolare l’informazione» i cui effetti – sottolinea Gomart – «non devono essere trascurati con il pretesto che non esercitano una violenza fisica diretta». E il corpo passa in secondo piano lasciando campo libero al controllo delle menti, dei desideri, della psiche e del senso che si attribuisce alle cose in una appannata rappresentazione indotta di un mondo che non c’è.
“Guerres invisibles, nos prochains dèfis geopolitiques” – edizioni Tallandier, 2021, collana essais
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