Autore: Aniello Inverso – 11/11/2024
A Nord dell’India. Storia e attualità politica del Pakistan – Recensione di Aniello Inverso
La monografia A Nord dell’India. Storia e attualità politica del Pakistan (Aracne, Roma, 2024 – ISBN 979-12-218-1545-0), ultimo lavoro di Francesco Valacchi, cultore della materia presso l’Università di Pisa, offre un’analisi ampia e dettagliata dell’evoluzione storico-politica del Pakistan. Attraverso cinque sezioni, l’Autore accompagna il lettore in un percorso che va dal 1947 fino ai giorni nostri, esaminando eventi cruciali e figure chiave che hanno plasmato l’identità politica e sociale di tale nazione. Con un approccio che unisce storiografia e analisi politica, il testo svela la complessità di una storia segnata da instabilità interna, conflitti di potere e influenze esterne, offrendo così una lettura profonda della contemporaneità e complessità del Pakistan.
L’Autore apre il suo saggio presentando il quadro dei difficili anni successivi all’indipendenza del Pakistan, nato come una delle due nazioni eredi dell’Impero britannico nell’area indiana. Sin dalla sua istituzione il Paese si trovò in una posizione di precarietà, con infrastrutture limitate, una burocrazia rudimentale e un esercito ancora in fase di formazione. Queste debolezze strutturali resero il giovane Stato fortemente dipendente dagli aiuti esterni, prima dal Regno Unito e successivamente dagli Stati Uniti. Questa dipendenza, che si rifletteva in aiuti economici e favori politici, agevolò l’ascesa di una compiacente élite burocratica e militare, che consolidò gradualmente il proprio potere, dando forma a un modello di governo caratterizzato dall’alternanza di regimi autoritari e brevi esperimenti di democrazia civile.
Valacchi pone come punto cruciale della narrazione le profonde divisioni etniche e sociali che hanno influenzato ulteriormente l’evoluzione dello Stato. Ricordando come la Lega Musulmana, partito che guidò il Paese alla secessione dall’India, si trovò ben presto a fare i conti con la difficoltà di rappresentare una popolazione etnicamente eterogenea. Le principali etnie – punjabi, sindhi, pashtun, baluci e muhajirun – portavano con sé differenze culturali e linguistiche che hanno reso ardua la costruzione di una coesione e di un’identità nazionali. L’Autore ha sottolineato come le differenze etniche, inasprite da gerarchie sociali e da strutture feudali, abbiano prodotto un progressivo isolamento di alcune regioni, preparando il terreno per futuri conflitti interni. Il malcontento generato dalla frammentazione etnica emerge come un elemento ricorrente in cui l’unità nazionale appare spesso come un obiettivo sfuggente.
Nella sezione centrale della monografia, invece, Valacchi si concentra sulle tre dittature militari che hanno influito sull’avvenire della governance dello Stato pakistano. Evidenziando come tali regimi abbiano rappresentato un dualismo di stabilità autoritaria e repressione dello sviluppo democratico.
L’Autore segnala al lettore l’emblematica alleanza tra Ayub Khan e gli Stati Uniti, descritta come un “patto di stabilità” che avvantaggiava esclusivamente le classi più abbienti, mentre il resto della popolazione restava escluso dalla redistribuzione della ricchezza. Osservando come questa dinamica, nel tempo, sia diventata una costante della politica, ripetutasi ciclicamente a ogni cambio di regime. Nel saggio viene descritto così un sistema politico intrappolato in una sorta di ripetizione storica, in cui disuguaglianze e clientelismo si perpetuano, impedendo il consolidarsi di una democrazia stabile e inclusiva. L’apice di tale narrazione viene rappresentato dalla grave crisi del 1971 e dalla conseguente secessione del Pakistan orientale, che portò all’istituzionalizzazione del Bangladesh. La decisione del governo centrale di non riconoscere i risultati elettorali favorevoli al Pakistan orientale condusse a una repressione violenta, culminata nell’Operazione Searchlight. Un’azione che lasciò un’impronta indelebile nella memoria collettiva della Nazione.
Inoltre, Valacchi analizza anche i partiti civili del paese, concentrandosi sulle figure emblematiche di Benazir Bhutto e Nawaz Sharif, leader dei due principali partiti civili, rispettivamente il Pakistan People’s Party (PPP) e la Pakistan Muslim League – Nawaz (PML-N). Il PPP, fondato da Zulfikar Ali Bhutto e poi guidato da sua figlia Benazir, si è sempre presentato come un partito progressista, orientato alle riforme sociali e alla rappresentanza delle classi più deboli. Tuttavia, come ha messo in evidenza Valacchi, tale partito ha sofferto delle sue stesse dinamiche dinastiche, che hanno spesso ostacolato il rinnovamento e favorito pratiche di nepotismo e corruzione. La recente ascesa di Bilawal Bhutto Zardari, ultimo esponente della dinastia, rappresenta, secondo l’Autore, un tentativo di riportare il PPP alle sue radici riformiste, ma che incontra inevitabilmente il peso dell’eredità familiare e delle ombre delle accuse di corruzione che hanno segnato la storia del partito. La candidatura di Bilawal, infatti, è vista da alcuni come una possibilità di rinnovamento, mentre altri temono che le dinamiche dinastiche e le pratiche di nepotismo continuino a influenzare negativamente il partito, rendendo complesso il ritorno alla missione originaria di rappresentanza e riforma sociale. In contrasto con il PPP, la PML-N dei fratelli Sharif rappresenta una forza conservatrice, profondamente radicata nella classe media e nella comunità imprenditoriale del Punjab. L’Autore ha messo in luce come la PML-N punti a garantire stabilità e tradizione, basando il suo consenso sull’identità islamica e sulla conservazione dei valori culturali. Shehbaz Sharif, che ha ereditato la guida del partito da suo fratello Nawaz, ha saputo mantenere il sostegno popolare attraverso alleanze strategiche, incluso un rapporto pragmatico con i vertici militari, dimostrando una notevole capacità di adattamento alle dinamiche politiche. Valacchi, in seguito, si focalizza sull’ascesa del Pakistan Tehrik-e-Insaaf (PTI), partito fondato da Imran Khan nel 1996, che ha saputo costruirsi una base di consenso attraverso un messaggio di lotta alla corruzione e di rinnovamento del sistema politico. L’Autore ha evidenziato come Khan, partendo da un’immagine di outsider, sia riuscito a portare il PTI a una posizione di rilevanza, arrivando infine a vestire la carica di Primo Ministro nel 2018. Con un programma ispirato a ideali di giustizia sociale e moralità, il PTI ha attratto il sostegno di giovani e gruppi sociali emarginati, posizionandosi come un’alternativa ai partiti tradizionali. L’analisi delle sfide che il PTI ha dovuto affrontare una volta al potere ha messo in luce le difficoltà di tradurre le promesse in riforme concrete. L’Autore descrive come, sebbene il PTI sia riuscito a guadagnare un ampio supporto, presto si è dovuto rapportare con la reale complessità della politica interna ed estera del Pakistan. Le relazioni con gli Stati Uniti, da sempre difficili, e l’equilibrio tra le aspettative popolari e le necessità economiche del paese hanno rappresentato ostacoli che hanno messo in crisi la leadership di Imran Khan. Il PTI ha inoltre dovuto affrontare il delicato rapporto con l’esercito, che ha inizialmente appoggiato Khan, per poi ritirare il suo supporto quando il Primo Ministro ha tentato di mantenere la sua carica nonostante venne varata una mozione di sfiducia nei suoi confronti.
Inoltre, per comprendere appieno le dinamiche di potere interne del Pakistan, l’Autore invita il lettore anche ad esaminare il ruolo delle diverse scuole di pensiero musulmane e dei partiti islamici. Valacchi, infatti. osserva come la religione non si esprime solo attraverso la rappresentanza politica, ma anche nelle dinamiche sociali attraverso influenti correnti culturali e spirituali, quali i barelvi, i deobandi e i sufi. I barelvi, devoti alla figura del Profeta e alla venerazione dei santi, rappresentano una corrente tradizionalista e spirituale che trova ampio seguito nelle regioni del Punjab e del Sindh, rivolgendosi a una larga parte della popolazione. Al contrario, i deobandi incarnano una visione più “puritana” e fondamentalista, esercitando una notevole influenza nelle aree più conservatrici del paese. Anche il sufismo, con la sua dimensione mistica e devozionale, rappresenta una forma di religiosità alternativa e inclusiva, spesso supportato da partiti progressisti come il PPP. Questa diversità religiosa si riflette nelle posizioni politiche dei principali partiti islamici come il Jamaat-e-Islami (JI), il Jamiat Ulema-e-Islam (JUI) e il Majlis Wahdat-e-Muslimeen (MWM), ciascuno dei quali rappresenta una sfumatura distinta dell’islamismo politico. Il Jamaat-e-Islami (JI), fondato dal teorico islamista Maududi, sostiene una visione conservatrice dell’Islam con l’obiettivo di costruire una società basata sui valori religiosi. Sebbene il JI non abbia mai ottenuto una maggioranza parlamentare, ha esercitato costantemente una pressione ideologica, promuovendo leggi e regolamenti ispirati alla sharia. Nonostante il suo orientamento conservatore, il JI adotta un approccio graduale alla riforma sociale, prediligendo l’educazione religiosa e il rigore morale anziché metodi prettamente coercitivi o autoritari. In parallelo, il Jamiat Ulema-e-Islam (JUI), vicino alla scuola deobandi, promuove una versione più rigorosa dell’islamismo. Questo partito ha consolidato la sua forza nelle aree tribali e nelle regioni più conservatrici del Pakistan, mantenendo storicamente un’alleanza con l’esercito, una relazione che ha garantito al JUI una posizione rilevante nel panorama politico del paese. Infine, il Majlis Wahdat-e-Muslimeen (MWM) rappresenta la minoranza sciita e si batte per i diritti civili e religiosi degli sciiti, spesso discriminati nel contesto sunnita dominante. L’MWM si propone come una voce moderata e inclusiva, lontana dagli estremismi, e il suo successo elettorale, pur modesto, dimostra la presenza di uno spazio per una rappresentanza politica pacifica delle minoranze religiose.
Successivamente, Valacchi riflette sull’equilibrio dinamico che si è instaurato tra potere militare, istituzioni civili e rappresentanza religiosa, delineando una tripartizione in cui ciascuna forza compete e collabora per orientare il percorso politico del paese. Focalizzandosi sull’autorità militare, storicamente interventista, l’Autore evidenzia come oggi opera in modo più sottile, mantenendo una presenza discreta e pervasiva. Questo controllo indiretto si manifesta nella gestione delle elezioni, nel monitoraggio della stabilità interna e nella limitazione della violenza politica, come durante le proteste del 2023, in cui i sostenitori di Imran Khan attaccarono guarnigioni militari. Valacchi collega tali eventi alla diffusa paura della fitna, o guerra civile, radicata nella coscienza collettiva del Pakistan, ricordando però come la memoria della guerra civile del 1971 rappresenti ancora oggi una forte influenza deterrente.
La monografia termina con una riflessione sulle sfide e le opportunità per il Pakistan nella ricerca di un equilibrio tra le influenze militari, religiose, autoritarie e democratiche. Gli ultimi anni hanno visto emergere movimenti di giustizia sociale e di riforma, come il Movimento degli avvocati e il PTI, che testimoniano una crescente consapevolezza civile e una domanda di legalità e trasparenza. Tuttavia, l’Autore tende a sottolineare che ogni tentativo di cambiamento deve tenere conto delle forze già consolidate, e che il futuro del Pakistan dipende dalla capacità di trovare un compromesso tra stabilità e rinnovamento democratico.
In conclusione, il saggio A Nord dell’India. Storia Politica e Sociale del Pakistan offre un contributo prezioso per la comprensione della complessa realtà dello Stato, dove tradizione e innovazione si intrecciano costantemente. Con un’analisi rigorosa e approfondita Valacchi ha messo in luce i principali aspetti di un paese sempre in bilico tra ambizioni di modernità, radicate tensioni sociali ed etniche e profonde influenze religiose. In questo scenario, l’Autore non solo esplora la tensione tra democrazia e autoritarismo, ma anche il delicato equilibrio tra i poteri militari e religiosi, che incidono sul percorso politico del Pakistan. Attraverso una narrazione coinvolgente, Valacchi cerca di trasmettere al lettore la ricchezza della storia pakistana e le sfide che questa nazione ha affrontato, affronta e affronterà, evidenziando come proprio il suo futuro dipenderà dalla capacità di bilanciare forze spesso inconciliabili. L’opera mostra, quindi, che sebbene il cammino verso una democrazia autentica e stabile sia ancora lungo e complesso, le aspirazioni di cambiamento e riforma sono vive, alimentate da una società in continua evoluzione e da un crescente desiderio di partecipazione e legalità alla vita politica. Valacchi chiude così con una nota di speranza, riconoscendo nel Pakistan un potenziale per trasformarsi in una nazione che, pur senza rinunciare alla propria identità islamica, possa aprirsi a una governance più inclusiva, rappresentativa delle classi meno abbienti e delle diverse etnie, avviandosi, così, verso una “Seconda Repubblica”.
Francesco Valacchi si è laureato in Scienze strategiche a Torino e Studi internazionali a Pisa dove si è dottorato in Scienze politiche con specializzazione in Geopolitica. Presso l’Ateneo di Pisa è cultore della materia (Scienze politiche). Si occupa di geopolitica, geo-economia e International Political Economy in particolare dell’area asiatica. Si occupa anche di filosofie e culture del sud Asia. Ha pubblicato per varie riviste scientifiche, tra cui Geopolitica, questa è la sua terza monografia.
Aniello Inverso – Laurea triennale in Scienze politiche e delle relazioni internazionali presso l’Università degli Studi di Napoli ”Federico II” . Attualmente studente magistrale in Investigazione, Criminalità e Sicurezza Internazionale, presso l’Università degli Studi Internazionali di Roma. Stagista presso Vision & Global Trends International Institute for Global Analyses, nell’ambito del progetto Società Italiana di Geopolitica.