Autore: Maurizio Vezzosi – 26/08/2024
Nei giorni scorsi alcune migliaia di uomini delle forze ucraine sono penetrate nelle aree della regione di Kursk (Federazione russa) a ridosso del confine russo-ucraino. Secondo il comandante delle forze speciali russe “Akhmat” Apti Alaudinov i militari ucraini coinvolti inizialmente nelle manovre sarebbero stati circa 12mila, di cui un certo numero di mercenari stranieri. Con questo sforzo, costato già un non trascurabile numero di perdite, Kiev ha ottenuto il controllo di un fazzoletto di territorio russo ed alcuni villaggi, alcuni dei quali già tornati sotto il controllo di Mosca: per avere la misura della questione, si può considerare che il principale centro dell’area attualmente sotto controllo ucraino è Sudzha, centro in cui all’inizio del 2024 sono stati censiti meno di cinquemila abitanti: come misura preventiva le autorità russe hanno imposto misure di sicurezza in una zona ben più ampia di quella occupata dalle forze ucraine ed interessata dai combattimenti, evacuando complessivamente, secondo il governatore della regione Alexey Smirov, oltre 120mila civili.
Quello di Kursk rappresenta il maggiore attacco condotto dalle forze ucraine in territorio russo dopo due anni e mezzo di operazioni militari su larga scala: la principale ragione di queste manovre è quella relativa all’ultima stazione di misurazione e filtraggio in territorio russo – a Sudzha – del gasdotto “Fratellanza” (conosciuto anche come gasdotto della Siberia occidentale) che percorre il tracciato Urengoy – Pomary – Uzgorod distribuendo poi il gas in Europa centrale ed occidentale attraverso Slovacchia, Repubblica ceca ed Austria. Per quello che riguarda il transito di gas russo attraverso il territorio ucraino è opportuno ricordare come questo, pur riducendosi, non si sia mai interrotto nonostante la fase apertasi con l’attacco all’Ucraina del 24 febbraio 2024.
E’ evidente come le forze ucraine possano aver avviato una manovra del genere soltanto con il consenso di Washington, dal momento che i rifornimenti di Kiev e tutte le decisioni fondamentali dipendono in modo determinante da quest’ultima. Del resto non è un segreto il fatto che i principali beneficiari della campagna contro l’energia russa in Europa occidentale siano proprio gli Stati Uniti.E’ opportuno sottolineare anche come le forze ucraine non abbiano incontrato una resistenza rilevante nella direzione di Sudzha: del resto il cospicuo afflusso di rinforzi russi dopo l’occupazione del piccolo centro sembra aver neutralizzato il tentativo di penetrazione ucraina in direzione nord-ovest. Considerando le migliaia di chilometri di condotte che attraversano l’Ucraina il governo di Kiev non avrebbe avuto nessuna difficoltà tecnica a interrompere il transito di gas russo sul proprio territorio all’indomani del 24 febbraio 2022, ma facendolo avrebbe danneggiato soprattutto i propri interessi. L’Ucraina infatti continua a percepire cospicui onorari per i diritti di transito relativi all’attraversamento del gas sul proprio territorio. La scadenza dei contratti di transito, ormai prossima, offre certamente dei buoni spunti per comprendere le ragioni profonde delle manovre nella regione di Kursk e del perché Mosca non stesse presidiando massicciamente la zona in termini miliari. Se l’incursione nella regione di Kursk rappresenta un problema in più per le forze russe questa sottrae risorse allo schieramento ucraino su tutta la linea del fronte, schieramento già inferiore per mezzi, risorse e uomini a disposizione. A conferma di questo ci sono i piccoli ma costanti avanzamenti delle forze russe sul fronte del Donbass.
A meno di cento chilometri da Sudzha si trova peraltro la centrale nucleare di Kursk, altro obiettivo strategico in direzione del quale le forze ucraine avrebbero già condotto attacchi con dei droni. Quasi in contemporanea all’inizio delle manovre nella regione di Kursk si è verificato il più grave attacco compiuto dalle forze ucraine ai danni della centrale nucleare di Energodar (regione di Zaporozhe), sotto controllo russo da oltre due anni: l’attacco, condotto con dei droni, ha incendiato una delle torri di raffreddamento della centrale, rischiando seriamente di causare un incidente nucleare. Questo ultimo attacco verso la centrale di Energodar rappresenta il culmine di una larga serie di pericolosi atti compiuti da Kiev. Contribuendo a compromettere le future capacità di ripresa economica dell’Ucraina e a devastare la struttura demografica del paese, atti come quelli di Kursk, pur costando all’Ucraina mezzi, risorse e soprattutto vite umane, non aggiungono complessivamente alcun potere negoziale a quello detenuto da Kiev. La loro prosecuzione è piuttosto destinata ad indebolire ulteriormente la posizione ucraina negli inevitabili compromessi che presto o tardi saranno raggiunti. Il loro principale obiettivo è invece quello di persuadere le opinioni pubbliche ma soprattutto i governi e le rappresentanze politiche della necessità di continuare ad inviare armi e ad alimentare così la maggiore guerra che si sta combattendo in Europa dopo il 1945.
Commento di Maurizio Vezzosi del 26 agosto 2024.
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Maurizio Vezzosi, analista e reporter freelance. Collabora con RSI Televisione Svizzera, LA7, Rete4, L’Espresso, Limes, l’Atlante geopolitico di Treccani, il centro studi Quadrante Futuro, La Fionda ed altre testate. Ha raccontato il conflitto ucraino dai territori insorti contro il governo di Kiev documentando la situazione sulla linea del fronte. Nel 2016 ha documentato le ripercussioni della crisi siriana sui fragili equilibri del Libano. Si occupa della radicalizzazione islamica nello spazio postsovietico, in particolare nel Caucaso settentrionale, in Uzbekistan e in Kirghizistan. Nel quadro della transizione politica che interessa la Bielorussia, nel 2021 ha seguito da Minsk i lavori dell’Assemblea Nazionale. Tra la primavera e l’estate del 2021 ha documentato il contesto armeno post-bellico, seguendo da Erevan gli sviluppi pre e post elettorali. Nel 2022, dopo aver seguito dalla Bielorussia il referendum costituzionale, le trattative russo-ucraine, e sul campo l’assedio di Mariupol, ha proseguito documentare la nuova fase del conflitto ucraino. Nel 2023 ha continuato a documentare la situazione nelle aree di Lugansk, Donetsk, Zaporozhe e Kherson sotto controllo russo. Durante l’estate si è recato in Georgia approfondendo la situazione sociale e politica della repubblica caucasica. A settembre ha partecipato al’AJB DOC Film Festival (Al Jazeera Balkans) di Sarajevo e al festival Visioni dal Mondo di Milano con il documentario “Primavera a Mariupol” (Spring in Mariupol). È assegnista di ricerca presso l’Istituto di studi politici “S. Pio V”.