Autore: Filippo Fabbri – 20/07/2024
La crescente tensione commerciale tra la Repubblica Popolare Cinese e l’Unione Europea, riguardante l’innovazione e i materiali cruciali per la transizione energetica e la decarbonizzazione, è culminata con l’imposizione di dazi provvisori sui principali importatori cinesi di auto elettriche da parte della Commissione Europea. Questo provvedimento è giunto a conclusione di un ciclo di inchieste su politiche di incentivo che, secondo la Commissione, hanno portato all’attuale condizione industriale di sovraccapacità, in particolare nel settore delle batterie a ioni di litio, con conseguenti comportamenti anticoncorrenziali da parte dei leader cinesi dell’automotive elettrico nel mercato europeo.
Tale situazione ha evidenziato la priorità assoluta posta dall’attuale leadership del Partito Comunista Cinese (PCC) sull’istituzionalizzazione della protezione ambientale e la forte spinta all’innovazione nelle energie rinnovabili e nelle politiche industriali per la decarbonizzazione, a partire dal 19° Congresso del PCC del 2017.
Ulteriori indicatori sono facilmente ravvisabili nell’attenzione verso un controllo monopolista dei materiali strategici per la produzione industriale di alcune fra le più cruciali apparecchiature destinate a giocare un ruolo decisivo nello sforzo verso la diversificazione energetica rispetto alle fonti fossili. Sforzo che ha portato la RPC alla posizione di leader mondiale, responsabile di due terzi della produzione globale di turbine eoliche, pannelli solari e batterie.[1] Al fine di raggiungere un simile obiettivo, sono risultate decisive le misure governative per assicurare la fornitura di materie prime cruciali per tali processi industriali, tra le quali spiccano le terre rare. Le aziende cinesi godono di diritti estrattivi in varie aree, principalmente del continente africano, a seguito di massicci investimenti governativi a favore di implementazioni infrastrutturali sul territorio. Proprio il controllo delle terre rare è stato recentemente istituzionalizzato come prerogativa statale, rafforzando una posizione sostanzialmente monopolistica che vede la RPC in controllo del 70% della produzione globale[2]. Questa mossa mira a un più efficace sfruttamento del vantaggio strategico sul competitor statunitense, ulteriormente penalizzato mediante il limite posto alle esportazioni di materiali quali il gallio e il germanio, vitali per la catena di produzione dei semiconduttori, come reazione alle restrizioni imposte dall’amministrazione Biden per minare l’autarchia tecnologica cinese in vari settori strategici di innovazione.[3]
La volontà di Xi Jinping di trasformare la RPC nella potenza leader della protezione ambientale, in grado di guidare la transizione energetica globale come obiettivo collaterale della riduzione dalla dipendenza cinese da carbone e altre fonti energetiche fossili, è stata cristallizzata nella formula della Civiltà Ecologica (shēngtài wénmíng), inserita nella Costituzione della PCC nel 18° Congresso del 2012, il primo di Xi come Segretario Generale e Presidente della Commissione Militare Centrale. Questo è stato seguito dalla sottoscrizione degli accordi di Parigi nel 2015, riconfermati nel Libro Bianco sulle politiche e le azioni in materia climatica del 2021. Recentemente, la centralità della dimensione ambientale nelle politiche di innovazioni cinesi è stata riaffermata tramite la coincidenza fra le Nuove Forze di Produzione di Qualità e le Forze di Produzione Green, nuova leva identificata da Xi a settembre 2023 come imprescindibile per raggiungere il nuovo modello di sviluppo di alta qualità compreso nell’obiettivo della modernizzazione con caratteristiche cinesi del modello di crescita industriale della RPC. Risulta impossibile, dunque, comprendere la transizione cinese verso un nuovo sistema di crescita basato sulla produzione industriale high-tech – delineato nei piani Made in China 2025 e China Standards 2035 – dividendola dalla innovazione scientifica e tecnologica in energie rinnovabili, per uno sviluppo green e svincolato dal carbone, precedentemente dominante nel paniere energetico della RPC.
Comprendere i vari percorsi intrapresi dalla Cina in materia di sostenibilità negli ambiti del settore specifico dell’energia e dell’ambiente mediante pratiche di cooperazione è stato oggetto di un convegno tenutosi il 16 novembre 2023 a Roma, presso la sede di ADVANT NCTM. Le relazioni del convegno sono state raccolte e pubblicate nel volume “Cina. Percorsi di sostenibilità” curato da Marco Centaro e Tiberio Graziani (Collana Giano – Affari internazionali, Callive Edizioni, Roma, 2024 – ISBN 9791281485105). Il volume, che riporta i contributi dei vari partecipanti (Daniela Caruso, Thomas Fazi, Demostene Floros, Paolo Giordani e Federico Giuliani) è prefato dal prof. Fabio Massimo Parenti e corredato da una riflessione di Marco Centaro
Il contributo della prof.ssa Daniela Caruso analizza il ruolo del cluster industriale e tecnologico della Great Bay Area nello sforzo verso la transizione green. Tale area comprende le quattro città di Hong Kong, Guangzhou, Shenzhen e Macao, totalizzando una popolazione superiore a quella della Germania e un PIL equivalente a quello della Corea del Sud. Attraverso un piano articolato di integrazione finanziaria, implementazione infrastrutturale e promozione dell’imprenditorialità, tale area è, nei piani della attuale dirigenza del PCC, pietra d’angolo per la transizione verso il modello di high-quality development delineato nei piani sovracitati. L’obiettivo determinante riguarda il forte incentivo all’innovazione attraverso la creazione di sinergia industriale fra i competitor concentrati in un’area caratterizzata da integrazione di plurimi step della catena di produzione, applicazione di strategie per aumentare l’efficienza dell’allocazione dei trasporti e delle risorse e attrazione di risorse internazionali. Il risultante circolo virtuoso risulterà necessariamente nell’equilibrio fra circolazione di know-how e libera competizione, a fondamento di ogni modello vincente nell’ambito della innovazione.
Anche in questo caso l’obiettivo di transizione ad un modello di crescita basato sulla produzione high-tech, ancor più importante alla luce di una condizione di crescente crisi demografica preludio alla trappola del reddito medio, non va scisso dalla piorità assegnata alla protezione ambientale. La GBA, infatti, deve coincidere con un punto di riferimento per lo sviluppo verde e a basse emissioni, anche in virtù di un terziario più sviluppato rispetto alle altre aree strategiche nazionali, utilizzando tecnologie digitali e promuovendo uno sviluppo sostenibile. Nonostante la chiara natura promettente alla luce delle leve economiche trainanti, i dati fluttuanti riguardanti le emissioni mettono in luce l’ampio numero di sfide che ancora si frappongono tra la realtà della GBA e un layout di pieno sviluppo sostenibile.
Il dott. Thomas Fazi sottolinea come la Cina, pur adottando un approccio diverso da quello occidentale e più olistico, ha posto il cambiamento climatico al centro dei suoi ultimi piani quinquennali. La Cina ha fissato obiettivi per ridurre le emissioni di CO2, migliorare la qualità dell’aria e aumentare le superfici boschive, in linea con gli Accordi di Parigi e il Libro Bianco del 2021 sulle politiche climatiche. Tuttavia, la Cina mantiene la sua sovranità sui tempi e i modi della transizione energetica, condividendo questa posizione con altri stati del Sud Globale.
La Cina ha investito massicciamente nel nucleare, diventando il secondo paese al mondo per capacità installata. Nonostante il nucleare rappresenti solo il 5% del mix energetico cinese, la Cina è il maggiore investitore globale nell’espansione delle capacità nucleari e potrebbe superare gli Stati Uniti in capacità installata entro il 2030.
L’intervento del dott. Demostene Floros del Centro Europa Ricerche mostra come l’analisi dei panieri energetici globali, della UE e dell’Italia evidenzi la predominanza delle fonti fossili. L’UE è avanzata nella transizione verso le rinnovabili (15% contro 7% globale) ma è molto dipendente dalle importazioni (61%). In Italia, il gas naturale è dominante con una dipendenza estera del 79%.
Floros critica l’accusa alla Cina per le emissioni di CO2, evidenziando che non si considera la distribuzione del valore aggiunto della manifattura globale. La Cina, pur seconda per emissioni pro capite, contribuisce in modo complesso al quadro globale.
Dal 2012 al 2022, la Cina ha diversificato il suo mix energetico con forti aumenti in nucleare, idroelettrico e rinnovabili, sostenuta da investimenti statali e abbondanti materie prime. Ha aumentato anche l’uso del gas naturale come ponte verso le rinnovabili, nonostante un aumento assoluto del carbone.
Floros conclude che per una transizione energetica globale efficace, è necessario bilanciare il dialogo con la Cina, evitando di concederle un vantaggio strategico eccessivo.
Paolo Giordani, presidente dell’Istituto Diplomatico Internazionale, sottolinea l’importanza delle sfide transnazionali per contrastare il cambiamento climatico e le sue implicazioni economiche, sociali e umanitarie. Evidenzia il ruolo cruciale della diplomazia nel costruire un approccio condiviso, coordinato principalmente attraverso le Nazioni Unite e i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs). Questi obiettivi includono l’accesso a energie economiche, affidabili e sostenibili per tutti.
La diplomazia deve assicurare l’implementazione di questi principi in strutture economiche e infrastrutturali, come la Belt and Road Initiative (BRI) della Cina. La BRI, lanciata nel 2013, coinvolge progetti infrastrutturali e commerciali in Asia, Europa e Africa, promossi dal governo cinese per stimolare il commercio globale.
Giordani sostiene che, in linea con le politiche climatiche cinesi delineate nel Libro Bianco del 2021 e gli obiettivi degli Accordi di Parigi, sia fondamentale promuovere una “BRI verde”, con progetti sostenibili e responsabili a livello ambientale e sociale.
Federico Giuliani, giornalista e saggista esperto di questioni internazionali, descrive la cooperazione tra UE e Cina come essenziale per la neutralità climatica. La Cina, con forti investimenti in energie rinnovabili e controllo delle materie prime, è un partner chiave per l’UE. Entrambe le parti hanno creato meccanismi di dialogo per coordinare gli sforzi contro l’inquinamento nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
La Cina ha anche collaborazioni bilaterali con vari Stati Membri, tra cui la Germania e la Francia, per progetti ambientali e di conservazione. Importanti accordi riguardano l’energia nucleare ed eolica con la Francia e la produzione di batterie per auto elettriche con l’Ungheria.
In Italia, un programma di cooperazione avviato nel 2000 ha facilitato la collaborazione tra imprese per la transizione green, con esempi come il parco eolico Beleolico a Taranto, realizzato con turbine cinesi.
In conclusione, come rimarcato dallo stesso Xi Jinping nel discorso alla National Science and Technology Conference (NSTC) del Giugno 2024, la modernizzazione con caratteristiche cinesi, resa possibile dall’implementazione delle nuove forze produttive di qualità, dovrà coincidere necessariamente con un processo di stimolo all’innovazione scientifica e tecnologica in direzione della protezione ambientale nella totalità delle direttive messe a tema dagli esperti intervenuti. La spinta verso l’autarchia tecnologica attraverso un modello di sviluppo di alta qualità, in allontanamento da livelli di crescita a due cifre che hanno caratterizzato lo sviluppo cinese fino al decennio precedente, risulta l’obiettivo programmatico prediletto della attuale dirigenza politica, finalizzato a raggiungere una condizione di sicurezza nazionale (guójiā ānquán), struttura ripetuta per ben 35 volte nel discorso di apertura del 20° Congresso pronunciato da Xi. Se, dunque, l’innovazione tecnologica è identificata come “la prima linea e il principale campo di battaglia della competizione internazionale”[4], la RPC non può fare a meno che sfruttare i propri vantaggi aggregati nelle materie prime, nei prodotti industriali e vettori energetici determinanti per la transizione green e porsi come leader globale nella lotta al cambiamento climatico, diventanto interlocutore imprescindibile – in posizione di forza – di tutte quelle entità che, come l’Unione Europea, hanno fatto degli obiettivi programmatici di riduzione della dipendenza dai combustibili fossili uno dei tratti caratterizzanti delle proprie politiche a lungo termine.
Alla luce di ciò, la questione riguardante un dialogo con la RPC ai fini di portare a termini gli obiettivi green posti dalla Unione Europea risulta un errore logico e assiologico. La partecipazione cinese, infatti, risulta imprescindibile ai fini di tale processo con l’esempio lampante delle auto elettriche. Se l’Unione vuole raggiungere l’obiettivo di avere 30 milioni di auto elettriche circolanti sulle strade europee per il 2030, non può fare a meno dei volumi di produzione attualmente raggiungibili dai produttori cinesi. Nonostante ciò, a lungo termine sarà auspicabile mutuare una pagina del modello di stimolo all’innovazione cinese spingendo imprese come BYD – con misure vicine a quelle applicate in termini di politica daziale – a localizzare parte della produzione in territorio europeo, così da attivare il layout di investimenti esteri, collaborazione internazionale, stimolo interno e circolazione di know-how centrale per aumentare la competitività delle imprese autoctone.
Titolo: Cina. Percorsi di sostenibilità. Energia, ambiente e cooperazione.
Atti del convegno – 16 novemebre 2023 – ADVANT NCTM
Contributi di : Daniela Caruso, Thomas Fazi, Demostene Floros, Paolo Giordani, Federico Giuliani
a cura di Marco Centaro e Tiberio Graziani
Prefazione di Fabio Massimo Parenti
Postfazione di Marco Centaro
CALLIVE EDIZIONI collana GIANO – AFFARI INTERNAZIONALI – ISBN 9791281485105
[1] C. Sanderson, China now supplying two thirds of global green energy kit amid rising trade tensions. Recharge. Risorsa web disponibile all’URL: https://www.rechargenews.com/energy-transition/china-now-supplying-two-thirds-of-global-green-energy-kit-amid-rising-trade-tensions/2-1-1651186.
[2] S. Tabeta, China says rare earths belong to state in new regulation. Nikkei Asia. Risorsa web disponibile all’URL: https://asia.nikkei.com/Business/Markets/Commodities/China-says-rare-earths-belong-to-state-in-new-regulation.
[3] A. Holderness, N. Velazquez, H. H. Carrol, C. Cook. Understanding China’s Gallium Sanctions. Center for Strategic and International Studies. Risorsa web disponibile all’URL: https://www.csis.org/analysis/understanding-chinas-gallium-sanctions.
[4] N. Thomas, J. Qiang. Politics First: The Key to Understanding China’s Third Plenum. Asia Society Policy Institute. Risorsa web disponibile all’URL: https://asiasociety.org/policy-institute/politics-first-key-understanding-chinas-third-plenum.