Autore: Livio Zanotti – 24/01/2019
I morti sono caduti nella notte, quando già sembrava che al caos politico e delle istituzioni fosse stato almeno risparmiato il sangue. L’appoggio se non la sollecitazione della Casa Bianca ha portato ieri il presidente dell’Assemblea Nazionale, Juan Guaidò, ad autoproclamarsi presidente provvisorio della Repubblica e da quel momento la crisi venezuelana ha preso a correre senza freni verso una tragedia di portata imprevedibile, ma fin d’ora sconvolgente. La grande maggioranza dei governi latinoamericani accompagna Trump nell’avventura affidandosi per intero alla prova di forza, costi quel che costi, pur di liquidare l’iniquo regime di Maduro.
Ciascuno, da Washington a Bogotà, Brasilia, Buenos Aires, Santiago, sperando di sfuggire ai propri problemi interni, tutti spinosissimi e pressanti, protetti dal clamore del trionfo ottenuto a Caracas. Rovesciando anche il principio anti-interventista dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) e con essa gli equilibri finora esistenti nel sub-continente, la cui politica torna adesso sotto l’ombra delle cannoniere evocate da Trump. Vaticano, Spagna, Italia e Francia vedono svanire sul nascere i loro residui tentativi diplomatici per una soluzione negoziata che al tempo stesso non emarginasse l’Europa. Subiscono insieme all’intero vecchio continente un ritorno della dottrina Monroe.
Tutto preordinato. La stessa data scelta dall’opposizione al regime chavista per questa sfida ne vuol indicare l’intenzione ultimativa: il 23 gennaio è il giorno del 1958 in cui fu abbattuta la dittatura del generale Marcos Perez Jimenez. La frattura che percorre le piazze stracolme spaccando il popolo venezuelano, è stata proiettata sulle massime istituzioni: presidenza del Parlamento contro presidenza della Repubblica. Ma nessuno vede Maduro abbandonare il tavolo prima di perdere l’ultima mano. E tra gli stessi oppositori molti dubitano che sia sufficiente l’amnistia promessa da Guaidó per convincere il grosso dei militari ad abbandonare Maduro.
La sfida istituzionale lanciata ieri dall’opposizione forse supera ma non cancella il dilemma che dilaniava i venezuelani. C’è una legalità formale della Presidenza Maduro, grazie a un’elezione non ineccepibile e tuttavia secondo vari osservatori internazionali con i requisiti minimi di tante altre (anche negli stessi negli Stati Uniti). E c’è a contrastarla la legittimità sostanziale dell’opposizione (che come abbiam visto controlla anche il Legislativo), sostenuta dal positivismo giuridico, ma a sua volta criticata quando diventa plebiscitaria e ignora le garanzie della democrazia liberale.
Quasi sotto gli occhi di Papa Francesco, giunto a Panama per incontrare la gioventù cattolica del continente, ulteriori, drammatiche incognite oscurano l’orizzonte di un paese già sprofondato nel buco nero della più virulenta inflazione del mondo. Il Bolivar Soberano, che soltanto 5 mesi addietro ha sostituito la precedente moneta azzerata dalle svalutazioni, continua a perdere valore d’acquisto. Il Centro Documentazione e Analisi della Federazione Venezuelana dei Maestri (Cendas-FVM) ha calcolato che il costo minimo di vita per un mese è al momento equivalente a circa euro 3.387 (tremilatrecentottantasette euro). In un paese in cui il salario minimo mensile delle persone che hanno un lavoro (ma la disoccupazione supera l’11% e il lavoro nero è una voragine inesplorata) equivale a circa euro 38 (trentotto euro).
Molti economisti, sia neoliberisti sia keynesiani, concordano su un unico punto: l’origine del dramma risale alla “maledizione dell’oro nero”. Da un centinaio d’anni a questa parte, tutti i governi senza eccezioni hanno ridistribuito con minore o maggiore giustizia e onestà la generosa rendita petrolifera, invece di avviare un ammodernamento diversificato delle capacità produttive venezuelane. La mancanza di adeguati investimenti tanto nella capacità di estrazione del petrolio quanto nelle infrastrutture di trasporto e commercializzazione, a cui si è sommata la caduta dei prezzi internazionali, hanno determinato la crisi attuale, certamente catastrofica. Vengono stimati quasi 4 milioni i venezuelani che negli ultimi anni hanno abbandonato temporaneamente o in via definitiva il paese per sfuggire all’inedia.