Autori: Giada Molino, Giacomo Erba – 01/02/2024
Resoconto a cura di Giada Molino e Giacomo Erba della presentazione di “Kazakistan: fine di un’epoca. Trent’anni di neoliberismo e geopolitica nel cuore della terra” di Fabrizio Vielmini
Lo scorso 25 gennaio 2024, presso il “Caffè Letterario Horafelix” di Roma, è stato presentato il libro “Kazakistan: fine di un’epoca. Trent’anni di neoliberismo e geopolitica nel cuore della terra” di Fabrizio Vielmini – già professore associato di Relazioni internazionali alla Webster University di Tashkent (Uzbekistan), ricercatore associato di Vision & Global Trends, membro del comitato editoriale di Geopolitica. Esperto in politica estera, storia e affari della Russia, del Caucaso e dell’Asia centrale. Fra il 2002 ed il 2021 ha risieduto nella Federazione Russa, dove ha lavorato per l’OSCE (Organisation for Security and Cooperation in Europe) e l’Unione Europea. Da oltre un quarto di secolo, si dedica allo studio delle dinamiche politico-economiche del Kazakistan, paese in cui ha vissuto a lungo.
Con l’autore hanno dialogato:
Giuseppe Sacco – Professore ordinario di Relazioni e sistemi economici internazionali presso la LUISS (ret.). Autore di numeri articoli e saggi dedicati alle relazioni internazionali, alla sociologia ed economia dello sviluppo e delle migrazioni internazionali.
Marco Centaro – Laurea Triennale in Scienze per l’Investigazione e la Sicurezza con tesi su Travel Security, conseguita presso Università degli Studi di Perugia. Attualmente studente magistrale in Investigazione, Criminalità e Sicurezza Internazionale, presso l’Università degli Studi Internazionali di Roma, collabora con Vision & Global Trends International Institute for Global Analyses, nell’ambito del progetto Società Italiana di Geopolitica.
Tiberio Graziani – Chairman di Vision & Global Trends. Direttore di Geopolitica. Dal 1998 al 2008 ha tenuto corsi scientifico-tecnologici all’Università de L’Aquila e all’Università degli Studi di Perugia, e lezioni presso l’Università di Teramo, l’Università l’Orientale di Napoli, l’Università Kore di Enna, l’Università di Genova e, per conto dell’Istituto del Commercio Estero (ICE), in varie nazioni, tra cui Argentina, Cina, India, Libia e Uzbekistan. Partecipa abitualmente a diversi convegni internazionali, tra cui l’Astana International Forum e l’Astana Club.
Prima della presentazione del libro, il professor Giuseppe Sacco ha introdotto la sessione evidenziando gli aspetti controversi di questo Paese. Ha iniziato focalizzandosi sulla sua geografia, dove le dune desertiche si mescolano con la neve, dando vita a un paesaggio scintillante.
Quest’area è caratterizzata anche da una complessa stratificazione culturale che unisce elementi delle civiltà delle steppe (Sciti, Turchi, Mongoli) con influenze islamiche e russe. Da sempre, è un crocevia di incontri e scontri tra civiltà diverse, un luogo in cui le influenze della civiltà iranica, buddista, cristiana, musulmana e confuciana si intrecciano da secoli. In particolare, la popolazione è tradizionalmente nomade, e quando i russi la conquistarono, si trovarono di fronte alla sfida di cristianizzare un popolo che, essendo composto principalmente da pastori, si spostava da una fonte d’acqua all’altra insieme a donne e bambini. Questa situazione rendeva difficile l’impresa di convertirli al cristianesimo, considerando anche la pratica poligama degli uomini nomadi.
Di conseguenza, sono stati delineate le peculiarità storiche del Paese del centro Asia da quando nel 1500 si forma l’identità kazaka fino all’inclusione nell’impero russo e poi nell’Unione sovietica. Divenuto stato indipendente alla caduta dell’URSS, costruisce un suo percorso che lo porta ad allontanarsi dall’esperienza sovietica in cerca di alternative che ancora risultano fragili.
In seguito, l’autore ha fornito una descrizione più approfondita del libro, evidenziando il legame tra economia e geopolitica basato sulla sua esperienza diretta di 25 anni sul campo.
Pertanto, si è rimarcato il ruolo del Kazakistan, nel periodo post-sovietico, che considerata la centralità geografica è riuscito ad assumere un ruolo di ponte tra Asia e Occidente, grazie anche ad un leader, come Nazarbaev, che instaurò un regime di “democrazia guidata” ove coniugò elementi del modello neoliberale con quelli tradizionali che caratterizzavano il paese.
Sin dalla metà degli anni Novanta, la scelta di questo modello si inquadrava in uno schema neocoloniale, in quanto la regione da area economica “diversificata” durante il periodo sovietico si proponeva invece come fornitore “sottosviluppato” di materie prime destinate all’Occidente, prevalentemente petrolio e altri prodotti come rame, zinco e uranio.
Le privatizzazioni, richieste dal sistema internazionale guidato dagli USA attraverso il FMI, impedirono la nascita di una classe media nazionale e contribuirono, invece, alla crescita di uno Stato neo-patrimoniale guidato da clan chiusi raccolti intorno al potere di Nazarbaev.
Pertanto, viene generata una ristretta élite che diventava ricca per la diffusa corruzione, mentre ampie fasce della popolazione traevano pochi benefici dal nuovo modello di sviluppo.
Le liberalizzazioni e le privatizzazioni promosse dalle istituzioni finanziarie internazionali sono state alla base della creazione del meccanismo patrimoniale e hanno alimentato l’impero economico controllato dalla presidenza. Attribuendo alla classe imprenditoriale occidentale anglo-americana la responsabilità di aver contribuito a perfezionare schemi di corruzione dove le tangenti erano parte strutturale di ogni contratto.
Per questo motivo, il modello di sviluppo del Kazakistan divenne lo stato post-sovietico di maggior successo nell’attrazione di investimenti esteri e una piattaforma logistica inserita nella strategia della Nuova Via della Seta concepita dal suo vicino, la Cina.
In questo contesto va collocato anche il rapporto con la Federazione Russa, la quale vede questa regione come parte del proprio dispositivo militare e di un perimetro in cui non sono ammesse interferenze esterne. Infatti, importanti basi militari e spaziali di rilevanza strategica per Mosca sono collocate nel territorio della Repubblica del Kazakistan.
Mosca vede, inoltre, la regione dell’Asia centrale quale piattaforma per la proiezione russa verso il mondo musulmano, l’Iran, la Cina ed il subcontinente indiano, consentendole di giocare un ruolo strategico globale.
Alla luce di questi scenari, si osserva che è un Paese in bilico tra il modello della Federazione Russa con il quale ha un forte legame strategico e che offre stabilità e sicurezza, quello cinese che si propone come generatore di opportunità economiche di primaria importanza, e infine quello occidentale che offre un neoliberismo che sta avendo effetti dirompenti.
Senza dimenticare anche l’interesse della Turchia verso questa regione dato dall’istituzione di un Fondo Monetario che ha l’obiettivo di sopperire alla crisi economica-finanziaria in Kazakistan causata dagli aumenti delle materie prime, degli alimenti e del costo della vita generata dalla guerra russo-ucraina.
Un esperimento politico che con l’uscita di scena del padre della patria Nazarbaev e il conflitto tra Russia e Ucraina, apre nuove sfide e rischia di minacciare equilibri ormai consolidati.
Quindi, l’autore disegna diversi scenari futuri nel centro Asia, dichiarando che il Kazakistan deve ripensare il modello neoliberista che crea problematiche e crisi tali da compromettere la stabilità e il rapporto con Mosca.
Quale sarà il percorso del dopo Nazarbaev dipende dalle abilità politiche del suo successore Tokayev nel mantenere una politica “multivettoriale” che finora ha caratterizzato il Kazakistan tra le insidie geopolitiche e dagli esiti il più delle volte drammatici.
Un Paese appassionante, ibrido che cerca un contatto con il centro della periferia mondiale, mantiene aperti vari canali con la Russia e con la Cina, queste sono le caratteristiche sottolineate da Marco Centaro per discutere sulla multivettorialità della politica estera di questo paese.
Una regione che cerca con la sua strategia di mantenere gli equilibri tra i suoi vicini trasformandosi in un ponte tra Asia e Occidente, puntando sulle proprie risorse energetiche.
Pertanto, questo simposio si è concluso con un aperto dibattito da parte dei presenti, che ha incuriosito nell’approfondire il Kazakistan e il suo avvenire nel panorama mondiale e che nonostante sembri un paese povero nasconde delle risorse preziose.
A cura di Giada Molino e Giacomo Erba, tirocinanti presso Vision & Global Trends nell’ambito del progetto Società Italiana di Geopolitica