Autore: Elham Makdoum – 09/5/2023
Le criptovalute compaiono nel cast della guerra in Ucraina nelle vesti di protagoniste defilate. Del loro ruolo si è parlato e si parla tuttora poco, perlomeno qui in Italia, ma i numeri della cripto-dimensione del conflitto descrivono un fenomeno di cui sarebbe importante iniziare a sensibilizzare il pubblico.
Le criptovalute, le monete digitali che per alcuni non hanno futuro e che per altri sono il futuro, sono state le grandi ma defilate protagoniste della grande guerra di questa parte di secolo, combattuta in Ucraina per il destino del mondo, dove hanno supportato le operazioni militari di Kiev e di Mosca.
Entrambi i belligeranti, sin dal giorno uno del conflitto, hanno inaugurato delle campagne di raccolta fondi nel mercato criptovalutario e/o condotto operazioni di pagamento in criptovalute con l’obiettivo di attirare e/o di aumentare la liquidità nelle casse pubbliche. In Ucraina, oltre che il futuro degli equilibri geopolitici internazionali, è possibile intravedere anche il domani dell’ordine finanziario globale.
Criptovalute, le migliori amiche dell’Ucraina
Non è dato sapere se i contendenti fossero a conoscenza delle potenzialità militari delle criptovalute prima della guerra. L’Ucraina, ad esempio, ha legalizzato e normato il settore soltanto dopo aver ricevuto più di 63 milioni di dollari di donazioni in valute digitali nei primi trenta giorni di resistenza all’invasione russa.
I 63 milioni di cui sopra, nel corso del primo anno di guerra, hanno sfondato il tetto dei 200 milioni di dollari. Numeri possibili attraverso una pluralità di operazioni, raccolte e donazioni avvenute nel web3 e, soprattutto, grazie al ruolo-chiave di regia e coordinamento giocato dal Ministero della trasformazione digitale nella creazione e nella gestione di questo fundraising 3.0.
Il Ministero della trasformazione digitale, in concomitanza con la conduzione di un’innovativa meme war sui social network globali – come ricostruito da Emanuel Pietrobon in Zelenskij. L’uomo che ha cambiato (per sempre) il modo di fare la guerra (Castelvecchi, 2022) –, ha lanciato la campagna di fundraising 3.0 il 26 febbraio 2022, cioè due giorni dopo l’inizio dell’invasione, che da allora non si è più fermata. Elliptic, uno dei più importanti fornitori di analisi blockchain, l’ha definita la più grande iniziativa governativa in materia di criptoassetti della storia, seconda soltanto all’adozione del bitcoin come moneta ufficiale in El Salvador.
Guerre ibride, sanzioni e criptovalute
Le criptovalute hanno rivoluzionato il panorama dei pagamenti, delle donazioni e delle transazioni commerciali – e non soltanto in Ucraina. Davanti alla cripto-liquidità proveniente dall’Ucraina, che con le criptovalute ha ricostruito edifici e acquistato beni essenziali, persino i produttori di armi hanno iniziato ad accettare pagamenti in criptovalute. Risultato: grazie alle criptovalute ricevute, raccolte o guadagnate, l’Ucraina ha potuto acquistare, tra i tanti prodotti bellici, oltre duecento droni militari. Conferma di come il mercato detti la legge sugli operatori – e mai il contrario.
Le criptovalute, ad un certo punto, hanno iniziato a circolare più in Ucraina che nel Salvador. Perché tutti, dagli influencer ai battaglioni irregolari – tra i quali il noto Reggimento Azov – hanno dato i natali a delle campagne di fundraising 3.0. Evento destinato a fare scuola e che, probabilmente, già è stato studiato da chi di dovere.
La Russia, a causa della misera somma racimolata sui criptomercati nei primi dodici mesi di guerra – equivalente a circa 5,5 milioni di dollari –, è stata descritta come un classico caso di maestro superato dall’allievo. Ma potrebbe non essere così.
Consapevole dei limiti e degli ostacoli che avrebbe affrontato nelle terre emerse del criptoverso, possibile teatro di altre sanzioni, la Russia ha preferito raccogliere criptovalute nei suoi meandri, come i darknet market, e attraverso metodi illeciti, ad esempio gli scam e i cyber-crimini a fini estorsivi.
Cyber-crimini e cripto-crimini per finanziare la macchina bellica. Potrebbe essere questo il motivo per cui il 2022 è stato descritto da Chainalaysis come l’anno nero dei crimini informatici, che, curiosamente, è stato trainato dalle operazioni dei sindacati criminali russi del web – artefici di oltre il 70% di tutti gli attacchi con ransomware dell’anno appena trascorso.
Ma di quali cifre si parlerebbe? Soltanto la “banda Conti”, gruppo ritenuto vicino al potente FSB, avrebbe fatto guadagnare al Cremlino all’incirca 66 milioni di euro nei primi mesi del 2022, prima della dissoluzione a causa del pressing investigativo. Senza parlare di Hydra Market, un criptomercato per prodotti illeciti a nove zeri, e di Bitzlato, una piattaforma P2P che avrebbe portato nelle casse non registrate del Cremlino circa 4,6 miliardi di dollari tra il 2018 e il 2022.
Forse la Russia non si è dedicata al fundraising 3.0 perché la necessità le ha aguzzato l’ingegno, ricordandole che il crimine paga – specie nel criptoverso. Certo è che entrambi i belligeranti, in modi differenti, hanno (di)mostrato al mondo che il futuro è già qui e ha un nome: criptovalute.
Elham Makdoum è un’operatrice nei criptomercati ed è specializzata in geopolitica delle criptovalute e crypto-intelligence.