Autore: Fabrizio Vielmini – 03/07/2022
I fermenti che agitano l’ex-URSS riemergono in Asia centrale: violente proteste di massa sono scoppiate nella Repubblica autonoma del Karakalpakistan (RAK), in Uzbekistan. Causa della rabbia popolare gli emendamenti alla Costituzione nazionale decisi nella capitale, Tashkent, in base ai quali la RAK perderebbe “il diritto di separarsi dalla Repubblica dell’Uzbekistan sulla base di un referendum del popolo del Karakalpakstan”.
La RAK è un altro dei risultati dell’ingegneria delle nazionalità sovietica: ha un territorio enorme, quasi il 40% dell’Uzbekistan, contro solo il 3% della popolazione, pari a due milioni, di cui solo un terzo di etnia “eponima” karakalpaka, affine ai vicini kazaki in rivolta all’inizio dell’anno. La frontiera è stata chiusa. Negli ultimi anni la RAK ha visto una crescita esponenziale della produzione d’idrocarburi, che ha attirato ingenti investimenti industriali sudcoreani.
Venerdì Tashkent ha mobilitato la Guardia nazionale nella capitale locale, Nukus (sita ad oltre 1000 km di distanza), numerosi i video con protestanti feriti. Il presidente uzbeko Shavkat Mirziyoyev è volato ieri a Nukus per incontrare notabili e attivisti locali.
Fabrizio Vielmini – Specialist of Russia and Central Asia, Research Fellow at Vision & Global Trend – International Institute for Global Analyses