Autore: Emanuela Irace – 04/08/2020
Ci sono strade che una volta imboccate possono diventare utili scorciatoie per rientrare in politica o per ritagliarsi una fetta di potere. Quasi sempre sono posizioni di alto valore simbolico. Un modo defilato per spiccare il volo o far fruttare il network di conoscenze messo in piedi quando si era al vertice. E’ il caso di Youssef Chahed. Ex premier tunisino, in carica dal 2016 al 2020, oggi alla testa di un gruppo di imprenditori e uomini d’affari legati dalla comune passione per il calcio, e non solo. Obiettivo della cordata trovare fondi per riportare a galla la pluriblasonata CA, il Club Africain – insieme all’Espérance una delle due società di calcio della capitale. Un comodo trampolino di lancio per politici e imprenditori in cerca di fortuna. Difficile in questi mesi fare affari e restare al vertice in Tunisia con l’economia in affanno e il rischio che il neo designato premier, Hichem Mechichi, non ottenga l’appoggio in Parlamento con lo spettro di elezioni anticipate ad ottobre. Troppo per una democrazia fragile che sta mettendo i suoi poeti in prigione stringendo il cerchio contro ogni critica all’establishement. Un decennio fa era tutto in ebollizione. Ed era facile passare dal business del petrolio al calcio. Ne sa qualcosa Slim Riahi. Uomo d’affari e faccendiere nella Libia di Gheddafi, rientrato in Tunisia come tanti, allo scoppio della Rivoluzione del 2011 che portò alla cacciata di Ben Ali. In pochi mesi Slim Rihai diventa presidente del Club Africain. Fonda un partito politico e nel 2012 scivola facile in Parlamento. Una carriera lunga sette anni per l’ex deputato accusato di riciclaggio e corruzione che ha lasciato un buco nel bilancio societario del Club Africain che ancora oggi pesa sui mancati stipendi a dirigenti e calciatori. Debiti che continuano a influire sui colori rosso-bianco di una squadra in crisi di identità e in cerca d’autore. Specie dopo l’ultima decisione della FTF – Federazione tunisina football – che ha annullato la candidatura di Mohamed Ali Boughdir, reo di non aver prodotto, come richiesto, l’attestato di diploma. Slitta così la data per le elezioni, e riparte la caccia al presidente. Sono uomini d’affari e politici a ronzare attorno alla squadra, più per servirsene che per servirla. Un giro di lobbisti in cerca di affari e popolarità per un club sempre più indebitato ma a cui non mancano pretendenti.
Emanuela Irace, giornalista, inviata in Vicino e Medio Oriente, socio ISMEO