Autore: Ksenia M. Tabarintseva-Romanova – 18/02/2020
Negli ultimi anni, la leadership dell’Unione Europea ha sviluppato attivamente nuovi meccanismi per promuovere gli interessi al di fuori. In particolare, stiamo parlando di diplomazia culturale, promozione dello stile di vita, cibo e vino. Tuttavia, nonostante le infinite assicurazioni di pace, 25 paesi dell’UE hanno firmato un patto di difesa, che molti chiamano il prototipo di un esercito unico europeo. La NATO ha affermato di non vedere questo come una minaccia alla cooperazione, ma la decisione presa potrebbe avere conseguenze di vasta portata.
I rappresentanti della Commissione europea hanno annunciato che” la diplomazia culturale dell’UE ha bisogno di un nuovo slancio: la diplomazia culturale ci dà l’opportunità di condividere la nostra cultura, i nostri valori europei, come: diritti umani, diversità ed uguaglianza “; e già nel giugno del 2016 è stata adottata la strategia dell’Unione europea e sono emerse prove evidenti che la cultura sta diventando uno dei principali vettori delle moderne relazioni internazionali. Da questo momento in poi, nel vocabolario di Europolitics, si fa un uso attivo dei paradigmi della diplomazia – pubblica, culturale, scientifica – con l’obiettivo di formare e rafforzare l’immagine della politica estera dell’UE nell’arena esterna. Tuttavia, nello spazio europeo, nuove vecchie forme di diplomazia pubblica “ben dimenticate” sono concettualmente sviluppate e diffuse in parallelo, ad esempio: gastro-diplomazia (è anche diplomazia culinaria, enogastro-diplomazia – se si tratta anche di vino).
Tuttavia, dietro il bellissimo schermo del “soft power” di piatti deliziosi e vini pregiati, l’UE non realizza affatto il “dolce potere”, usando la terminologia italiana per il soft power. Ma già nel novembre del 2017 25 Stati membri dell’UE hanno annunciato l’intenzione di unirsi all’istituzione di una cooperazione strutturata permanente (PeSCo) nel settore della difesa. Questo evento è stato macchiato da grandi epiteti da parte di alti rappresentanti: così l’Alto rappresentante per la politica estera F. Mogherini e il ministro della Difesa R. Pinotti hanno definito questo giorno “un giorno storico” per l’Europa; allo stesso tempo, il portavoce di Jean-Claude Juncker e il capo dello staff hanno twittato “La bella addormentata svegliato” (per quasi 60 anni, gli Stati membri dell’UE hanno cercato di integrarsi il più possibile nell’esercito). Questo fatto può essere considerato non solo come un forte gesto politico e simbolico, ma anche come una sorta di “via libera” per l’avvio di un processo istituzionale e giuridicamente vincolante per espandere la cooperazione e l’integrazione in questo settore. Tale decisione è stata potenzialmente prevista dal trattato di Lisbona dal 2009 e può essere interpretata come una risposta politica specifica alla domanda di maggiore sicurezza da parte dei cittadini europei, nonché sulla centrifugazione e sulle tendenze distruttive, che si sono manifestate nella massima misura al referendum sulla Brexit.
Ricordiamo che la decisione di creare PESCO non è stata semplice e inequivocabile: ci sono voluti lunghi negoziati tra i principali sostenitori del progetto: Francia, Germania, Belgio e Italia. La Francia ha quindi insistito sul fatto che PESCO è un’iniziativa molto ambiziosa e pertanto richiede “criteri e regole” più chiari per il funzionamento di questa struttura, che mira a garantire l’autonomia strategica nell’uso della forza armata e nello sviluppo e produzione delle attrezzature e delle armi militari necessarie, indipendentemente da fornitori non europei, principalmente dagli americani. Come ha osservato il presidente francese E. Macron in settembre del 2017: “forse all’inizio del prossimo decennio, è possibile creare un’unica forza offensiva, un unico bilancio militare e un’unica dottrina militare dell’UE”. D’altro canto, la Germania ha insistito sulla natura globale di PeSCo, nonché sulle possibilità politiche e strategiche per la partecipazione dei paesi dell’Europa centrale e orientale al processo di integrazione dell’area di difesa dell’UE. A sua volta, il ministro della Difesa italiano R. Pinotti ha presentato la visione italiana della struttura futura, osservando che “l’Italia non richiede né la creazione di un esercito unico europeo né l’abbandono dei sistemi di difesa dei singoli stati, ma suggerisce di unire le forze per contrastare le minacce interne ed esterne. della nostra società … “. così un documento presentato dagli italiani proponeva finanziamenti per missioni civili e militari europee a spese dell’UE, anziché dei singoli Stati membri dell’UE; incentivi finanziari per progetti di cooperazione militare (ricerca e produzione industriale); stimolazione del settore della difesa introducendo incentivi fiscali.
Sono passati due anni. La PESCO ha un bel sito, strategia comune, tanti documenti ufficiali ed una struttura logica e 13 nuovi progetti adottati nel dicembre del 2019. Invece la cultura e l’idea delle relazioni internazionali culturali vengono sepolte sotto le dichiarazioni ben vuote. Così la PeSCo è diventata un bell’albero fertile con i rami forti e potenti, ed invece la cultura è diventata un lavoretto di legno come un souvenir per l’Anno del patrimonio europeo.
Ksenia Tabarinzeva Romanova è professore presso la Ural Federal University, Ekaterinburg, Russia